mercoledì 2 febbraio 2011

Personaggi: Carlo LACCETTI, chirurgo di chiara fama a Napoli

Una delle famiglie più prestigiose di Vasto è senz’altro quella di Luigi Laccetti: il capostipite, valente letterato, poeta ed educatore, fondò nella nostra città una scuola di belle lettere e filosofia ed istruì la mente e il cuore di più generazioni, suo figlio Francesco, chirurgo e anatomista di chiara fama e i suoi figli Guido, compositore, e Carlo, medico e chirurgo, completano questa straordinaria famiglia vastese.
Oggi approfondiamo la figura del Prof. Carlo Laccetti, una delle più nobili figure della Chirurgia napoletana, scomparso il 5 aprile del 1954.
Cresciuto sotto l’ala protettrice del padre, di cui ammirava le sue alte dote professionali, egli stesso ne seguì i passi conseguendo la laurea nel 1901 con pieni voti. Nei primi anni di tirocinio, ebbe come guida il padre ed un altro luminare quale Luciano Armanni.
Le qualità del giovane medico vennero subito a galla e in pochi anni raggiunse il vertice più alto della carriera, occupando il posto di primario. Scampato per miracolo a sicura morte, dopo aver contratto una spaventosa infezione, nel 1910 Carlo Laccetti superò l’esame per la libera Docenza in Diagnostica Chirurgica e nel 1914 quella in Clinica, ottenuta per titoli.
Estesta nell’anima”, scrisse di lui nel 1932 G. M. Cieri per l’Albo Illustrato dei Medici Napoletani, “sente la chirurgia come una arte e ad essa porta, con una nota di signorile eleganza, il contributo di una nobile passione: beneficare; e ne vive, nella delicata sensibilità del suo spirito, l’intimo travaglio riflesso dalle pene altrui. Da lui, signore in ogni manifestazione come nell’esercizio dell’arte sua, fatto di entusiasmo e di proibità, i giovani traggono non solo precetti di scienza ma anche ammaestramento di vita”.
Durante la guerra del 15-18, Carlo Laccetti prestò la sua opera, nelle zone avanzate, dando tutto se stesso, tutta la sua esperienza per strappare alla morte quei poveri soldati colpiti in battaglia dal fuoco nemico. L’esperienza sul campo ispirò due belle poesie Maggio di Riscossa! e Vittoria al Piave!, pubblicate nel 1919 per le Edizioni Guzzetti di Vasto. Poesie intense dal forte sapore patriottico. Ecco un breve cenno: “…Vacilla, indietreggia / il vinto nemico… / O figli d’Italia, / premete, incalzate / spingete, cacciate / il torvo invasore, / che insidia l’onore / di tante sorelle! / Vacilla, indietreggia / sconvolto abbattuto / lo stormo sparuto / de’ morti di fame… / Da ‘l cielo Baracca / sorveglia la rotta / e muore contento. / L’annunzio ferale, o prode Baracca, / ti rende immortale. / L’Italia lo apprende / insieme ad un grido / atteso sperato, / da tempo invocato: / Vittoria! Vittoria!”.
Molte le pubblicazioni scientifiche di Carlo Laccetti, alcune delle quali presenti anche presso la nostra Biblioteca Mattioli: A proposito dell’Anestesia locale stovainica in Chirurgia (1906), Due casi di flemmone trattati con l’iperemia venosa artificiale (1906), Il Metodo di Bier in terapia chirurgica (1909), Nota clinica su due casi di ernia inguinale dell’ovario (1909), Sintomi e diagnosi della coxite tuberculare (1910), Di una cisti endo-osteale dentifera della mandibola (1910), Contributo di chirurgia renale (1912), L’anatomia umana nelle scuole di pittura e scultura (1912), Mal perforante plantare bilaterale e distensione dei nervi tibiali posteriori (1913), Sull’anestesia generale mediante l’H-M-C  (1920), Discorso in memoria del prof. Guido Arena (1929).
Carlo Laccetti “…ebbe tre culti: la famiglia, l’insegnamento”, si legge sulle pagine del giornale Roma, dopo la morte, “cui si dedicò anche prima di conquistare la libera docenza in diagnostica e clinica chirurgica, ed il malato, mostrando in ogni campo le sue sublimi doti di cuore, di genialità e di eleganza, che lo fecero divenire l’idolo di quanti lo conobbero, anche perché la sua conversazione, profonda e brillante insieme, condita di sale attico, affascinava quanti ebbero la ventura di ascoltarlo… Il sofferente, che si affidava con intera fiducia a Carlo Laccetti, ne subiva il fascino, e difficilmente si preoccupava delle sue sorti, sicuro che il suo vittorioso bisturi avrebbe trionfato anche nei casi più difficili o pericolosi, nelle operazioni più ardite”.

Lino Spadaccini



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