domenica 30 gennaio 2011

Giuseppe Spataro, uno dei padri della Repubblica

COSI' LO RICORDAVANO GLI AMICI
Nella ricorrenza della morte di Giuseppe Spataro, vogliamo ricordare la figura di questo straordinario politico attraverso le testimonianze di persone che gli sono state affianco o di chi ne ha seguito, ed anche condiviso, tutto il percorso politico, in particolare quello legato alla crescita e allo sviluppo della nostra città.
L’indomani della morte, sulle pagine de Il Popolo, l’on. Giulio Andreotti ricordava la figura di Spataro e l’importanza che ha avuto la sua casa in Via Cola di Rienzo a Roma: “Uno ad uno i nostri vecchi, quelli che ci introdussero alla vita politica, se ne vanno. Peppino era rimasto tra i superstiti ed aveva un ruolo tutto particolare in quanto nella sua casa di Via Cola di Rienzo non solo era rimasta accesa – lungo il ventennio fascista – la fiammella del Partito Popolare, ma si era mantenuto il contatto tra tutte le forze di opposizione e si gettarono le basi del Comitato di Liberazione Nazionale”.
Guido Gonella sempre sulle pagine de Il Popolo così ricordava l’amico Spataro: “Giuseppe Spataro è sempre stato giovane. Giovane di spirito, di fervore, di azione. Anche quando gli anni avanzavano, conservò il suo sorriso accogliente, la sua cordialità spontanea, fraterna”.
Il Card. Vincenzo Fagiolo, in occasione del centenario della nascita dell’On. Spataro, sulle colonne dell’Osservatore Romano affermava: “È l’alta dignità di uomo, di democratico e di cattolico che vogliamo ricordare, parlando di chi fu per tutti noi fulgido esempio di rettitudine, di nobile sentire civile e morale e di profonda fede cristiana. Delle molte prove che potremmo portare a dimostrazione della sua statura di autentico democratico e cristiano, ci basti, per ora, quanto si ricava dagli archivi del Ministero dell’Interno dove nel casellario politico centrale era schedato il nostro concittadino. Fu un perseguitato politico, sorvegliato, in tutti i suoi movimenti, con la motivazione di cattolico, membro attivo dell’Azione Cattolica, e di appartenente al Partito Popolare”.
Rappresentante autorevole dell’Abruzzo”, ricordava Angelo Cianci l’indomani della morte di Spataro, “nel dopoguerra, contribuì con la sua autorità e prestigio a ricostruire questa regione e la gemella Molise dalle ferite inferte dalla guerra… Dopo la guerra, questa cittadina mostrava visibili segni di una zona in cui gli eserciti avevano lasciato tracce dolorose sotto il profilo morale e materiale. Bisognava ridare fiducia al popolo, dargli lavoro, serenità, pace. Il porto rifugio, il tribunale, le prime piccole industrie sorte nel dopoguerra, come presupposto alla ripresa della vita collettiva, sono opere di Spataro. Poi vennero le scuole, nel corso degli anni, al completo di ogni ordine e grado; le grandi industrie, i consorzi di bonifica, l’area di industrializzazione”.
Il decano dei giornalisti vastesi Giuseppe Catania ha parlato di Spataro come una fiaccola della “idealità”, restando un militante sempre pronto, “un combattente per il quale la virtù è premio a se stesso, amante dell’idea al servizio della comunità. Un uomo sorretto da iniziative sempre volte all’azione senza sterile conservatorismo, con tenacia e coerenza, guidato dalla sua stessa passione, per il bene comune”. Ed anche “una fiaccola per Vasto che, a distanza di anni, è ancora luminosa ed addita agli uomini il cammino da seguire; ma anche una insegna che dovrebbe essere presa a modello di quanti sono pensierosi dei destini della nostra gente, per affrontare le vicissitudini della vita, additando alle giovani generazioni la via del benessere e del progresso civile e morale, nelle memore testimonianze di un uomo. Giuseppe Spataro, al cui nome sono legate le più fulgide tappe della storia della Democrazia Cristiana e degli annali dell’Abruzzo e di Vasto in particolare, dove lo statista volle essere seppellito per restare ancora e sempre nel grembo di questa generosa terra da cui mai seppe distaccarsi”.
E chiudo con le parole di Espedito Ferrara, che sulle pagine dell’Histonium, nel 1948 al termine di una infuocata e appassionante campagna elettorale scriveva. “Egli è venuto come vastese per Vasto, egli è stato accolto come vastese dai vastesi. Il cuore della nostra città si è accentrato alto sul suo nome come su di un candelabro per splendervi ed irradiarsi luminoso”.

Lino Spadaccini

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