domenica 14 novembre 2010

Quando a Vasto le persone si chiamavano per soprannome

Il "manuale" di Pierino Ubalducci pubblicato nel 1995 per scoprire il vostro soprannome
 Il 2 novembre, nel giorno dedicato ai defunti, mentre facevo il giro nel cimitero per la visita ai cari e ai personaggi illustri di Vasto, mi è capitato per caso di vedere la tomba di Pierino Ubalducci, deceduto il 13 novembre 2002.
Personalmente non ho mai conosciuto questo personaggio, ma la memoria è andata subito ad una interessante pubblicazione, da lui data alle stampe nel 1995 per la Cannarsa Editore di Vasto, dal titolo “Li soprannume di lu Uaste”. Molti di voi conosceranno questo prezioso libro che raccoglie i soprannomi dei vastesi degli ultimi cinquecento anni. Pubblicato per un anno intero sulle pagine del periodico vastese Vasto Notizie diretto da Nicola D’Adamo, il libro è frutto di un lavoro certosino, iniziato quasi per scherzo, attingendo materiale dagli archivi parrocchiali di S. Maria Maggiore e S. Pietro, nei registri degli stati civili e dalla voce diretta del popolo, soprattutto artigiani, contadini, pescatori e commercianti.
Angilicce, L’artisciane, Buaffutille, Celledacche, Cicchipallatte, Magnafafe, La Mannelle, Mbacciavvende, Lu Monece, Pizzilonghe, Magneddurme, Pambilucce sono solo alcuni dei tantissimi soprannomi elencati in rigoroso ordine alfabetico, ma tanti sono anche gli aneddoti riportati su alcuni personaggi, che rendono il libro non un semplice elenco di nomi, ma il ricordo personaggi storici e piccoli spaccati di vita passata vastese.
“Un ortolano, di cui non si conosce bene il nome battesimale”, scriveva Pierino Ubalducci, “recandosi alla cantina di Cicchipallatte, raccontava agli amici avventori di aver visto sopra un albero d’olivo (‘nu pete di leive) un uccello dalle grosse dimensioni, appunto ‘nu ciullacchie, e “pi li fa vulè, jà ‘mminate tante tirripune… Da allora fu chiamato scherzosamente dagli amici Cillacchie”.
“In contrada Pagliarelli”, racconta ancora Ubalducci a proposito del soprannome La Halleine, “risiedeva una famiglia di contadini che aveva un modo tutto particolare di fare i pagliai alla fine della trebbiatura del grano. Tale lavoro consisteva nell’allargare la paglia con la forca da destra a sinistra e viceversa in continuazione, in parole povere… li scingilieve gnè la halleine. I contadini vicini, al vedere ciò, hanno subito appioppato al capofamiglia il nomignolo di La Halleine”.
Prima di chiudere, ancora un ultimo ricordo a proposito del soprannome Rapacchiatte: “In contrada Trave vi era un ortolano, chiamato ‘Ndonie, che coltivava il suo orto con tanta passione. Accadde una volta che, vuoi per l’annata buona, vuoi per la buona semenza e vuoi per la buona concimazione, gli crebbero delle rape così rigogliose che erano una meraviglia a vedersi. E per questo motivo ne menava vanto con gli amici, dicendo: Auanne tinghe cirte rape, tutte a cacchiatte a cacchiatte… A forza di ripeterlo, gli amici, non par vero, gli affibbiarono il nomignolo di Rapacchiatte”.

Lino Spadaccini

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