Sulla lapide collocata sulla parete del Palazzo Comunale, per iniziativa del Club Amici di Vasto nel 1982, in occasione del centenario della morte di Giuseppe Garibaldi, sono ricordati i nomi di undici volontari vastesi, che hanno combattuto “per la patria e per la libertà”. Tra questi il più noto è senz’altro Giuseppe Ricci, di cui abbiamo già scritto in un precedente post, ma oggi vogliamo ricordare la figura di suo fratello maggiore, Luigi, personaggio meno conosciuto, ma sicuramente degno di nota e meritevole di ulteriori approfondimenti.
Nato a Vasto il 17 febbraio 1841, Luigi studiò a Pisa e Padova e frequentò la Reale Accademia militare. Seguì nel 1860 Garibaldi a Capua, quando aveva soli diciotto anni, e due anni più tardi ad Aspromonte. Nel luglio del 1866 partecipò come comandante del 1° Squadrone Guide volontari italiani alla battaglia di Bezzecca, nel Tirolo meridionale, dove vennero respinte le truppe austriache comandate dal generale Von Kuhn.
In seguito alla morte del fratello Giuseppe, caduto gloriosamente a Mentana il 3 novembre del 1867, Giuseppe Garibaldi, nel gennaio 1968, dalla sua residenza di Caprera, inviò due lettere al conte Luigi Ricci. “Mio caro Ricci”, si legge nella prima datata 14 gennaio, “Voi contate un eroe nella vostra famiglia nel valoroso fratello Giuseppe. Speriamo tutti di seguire presto l’esempio di quei forti, pugnando per la liberazione della patria. Vostro: G.Garibaldi”.
Nella seconda lettera, datata 21 gennaio, il generale scrisse: “Mio caro Ricci, Accanto a noi gloriosi delle Cairoli, la storia italiana collocherà quello della egregia vostra genitrice. Dite ad essa che io sono superbo d’essere suo col cuore e colle aspirazioni. Per la vita. Vostro: G.Garibaldi”.
Nel 1870, con il grado di capitano del 238° Battaglione (238° Bataillon de Guerre, 45° Bastion), prese parte alla difesa di Parigi, durante la guerra franco-prussiana, coprendosi di gloria nella battaglia di Le Bourget vicino Champigny, meritandosi anche una menzione sul giornale l’Ordre du Jour. Questo il racconto del Ricci, in una lettera scritta alla madre il 6 marzo del 1871 da Londra: “…è molto difficile il dirvi solo la centesima parte di ciò che accadde… come vedete ebbi un po’ di fortuna facendo il mio dovere: ma cosa volete, era impossibile vincere: i francesi scappavano sempre come lepri: il mio solo merito era di lasciare ultimo il campo di battaglia. Sono contentissimo d’aver lasciato Parigi, dove m0avevano offerto il comando dell’Artiglieria Rivoluzionaria di Belleville… Non mi mischio in guerre civili, li lasciai fucilare fra loro, poveri imbecilli. Infelice Francia!”. In una lettera di alcuni giorno dopo Luigi Ricci tornò sui tragici momenti passati a Parigi: “Al solo ricordare ciò che ho visto sotto Parigi, i capelli mi si rizzano dallo spavento ed il sangue si gela nelle vene dall’orrore. Mucchi di cadaveri in tutte le attitudini, le grida dei feriti che laceravano l’animo, il fango, il freddo, la neve, la fame… Eppure in quei momenti non si pensava che agli altri. Ricordo con le lacrime agli occhi il caro amico Fianchetti, di Roma, mio compagno nel 1866, a Parigi, Comandante uno Squadrone Guide. Una scheggia di obice gli fa saltare di netto la coscia destra ad una sessantina di passi davanti a me, corro da lui, non volle lasciare il comando… morì la sera… Altri dolori meno noti, non meno eroici furono sopportati… Noi avevamo in tutto 3400 cannoni e 600 mitragliatrici e mortai. I nemici avevano circa 1800 pezzi della migliore artiglieria… Pochi francesi furono eroici: molti vili. Il nemico si battè sempre bene e fu sempre a noi superiore: l’ammetto senza vergogna”.
Esule a Londra, Luigi Ricci in un certo senso ha seguito le orme di un altro illustre vastese: Gabriele Rossetti. Ma di questo ne parleremo in un prossimo post.
Voglio chiudere con altre due lettere ricevute dal Ricci a Londra dal generale Garibaldi, contenute nell’Epistolario di Giuseppe Garibaldi, pubblicato nel 1885, a dimostrazione dell’alta considerazione verso il patriota vastese. “Mio caro Ricci”, scrisse il generale il 31 gennaio 1870, “Io non andrò in Inghilterra per ora. Vi prego smentirne la nuova in qualche giornale di Londra. A voi ed ai vostri amici comuni, salute. Per la vita Vostro:”. Nella seconda, scritta il 7 agosto sempre dall’isola di Caprera si legge: “Mio caro Ricci, rassicurate gli amici d’Inghilterra: non prenderò le armi per un Bonaparte. Quanto ad aiutare la Francia , liberata dal suo tiranno, lo farei volentieri; e potete parlarne a R.(Vittorio Enrico Rechefort). Salute. Vostro:”.
Lino Spadaccini
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