venerdì 15 ottobre 2010

D'Avalos: sette arazzi del Vasto sono esposti al Museo di Capodimonte

Nel Museo Nazionale di Capodimonte a Napoli, sono esposti al pubblico i sette “Arazzi del Vasto”, un tempo custoditi all’interno di palazzo d’Avalos a Vasto.
Donati alla Pinacoteca del Museo Nazionale di Napoli, con legato testamentario del 18 agosto 1862 da Alfonso d’Avalos, marchese del Vasto e principe di Pescara, gli arazzi vennero accettati con regio decreto di Vittorio Emanuele II il 10 ottobre dello stesso anno. Dopo un lungo restauro e, soprattutto, dopo una lunga causa intentata da alcuni eredi per rientrare in possesso degli arazzi, vennero finalmente esposti al pubblico con una solenne cerimonia alla presenza del Re Vittorio Emanuele III.
I sette arazzi realizzati in lana, seta e oro, pregevole manifattura fiamminga del Cinquecento, vennero eseguiti su cartoni,  oggi conservati al Louvre di Parigi, realizzati da Bernard van Orley, celebre pittore e cartonista di arazzi e vetrate. La tessitura avvenne probabilmente tra il 1528 ed il 1531 a Bruxelles come è testimoniato dalla sigla dell’arazziere visibile sia nel secondo che nel sesto arazzo, riconducibile all’atelier di William Dermoyen.
Gli arazzi raffigurano episodi della famosa Battaglia di Pavia del 1525, con le truppe imperiali di Carlo V, comandate da Ferrante d’Avalos, vittoriose sull’esercito francese di Francesco I.
Questi sette bellissimi arazzi, che adornano ora il grandioso salone del Museo Nazionale”, scriveva il giornalista Francesco dell’Erba in occasione dell’inaugurazione, “sono un vero miracolo d’arte, di gusto, di sapere e di pazienza. L’occhio non si stanca di guardarli. L’ammirazione che suscita è infinita”.
Le parole del giornalista rispecchiano esattamente la realtà: arazzi maestosi delle dimensioni di circa metri 8,50 x 4,50 per un vero trionfo di colori e di immagini, con scene di combattimento e di esultanza, con personaggi, paesaggi e nature morte ben definiti. L’occhio si perde a seguire tutte le immagini sapientemente costruite, riportate su più livelli, anche con scene accadute in tempi diversi,  ma collegati tra loro attraverso una sequenza sia temporale che topografica all’interno dell’arazzo stesso. “Grandiosa è l’azione rappresentata nel primo arazzo”, spiega ancora Francesco dell’Erba, “col suo sterminato numero di figure, col fuoco e il fumo di archibugi, con l’impeto dell’assalto, con la selva delle alabarde formante un primo sfondo sotto le colline lontane”. “L’Avanzata dell’esercito imperiale e attacco alla Gendarmeria francese guidata da Francesco I” è il titolo del primo arazzo, mentre gli altri sono “Sconfitta della cavalleria francese; le fanterie imperiali si impadroniscono delle artiglierie nemiche”, “Cattura del re di Francia Francesco I”, “Invasione del campo francese e fuga delle dame e dei civili al seguito di Francesco I”, “Fuga dei civili dal campo francese; gli Svizzeri si rifiutano di avanzare nonostante gli interventi dei loro capi”, “Fuga dell’esercito francese e ritirata del duca d’Alençon oltre il Ticino” e “Sortita degli assediati e rotta degli svizzeri che annegano in gran numero nel Ticino”.
Nel 1957 gli arazzi furono definitivamente trasferiti nel Museo Nazionale di Capodimonte e in tempi recenti hanno subito un nuovo restauro, soprattutto conservativo.

Lino Spadaccini

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