da SILVIA TERPOLILLI riceviamo e pubblichiamo
Menti itineranti, cittadini del mondo. Uniti dal VAbBO’
Nella favola “Bertoldo alla corte di Alboino” di G. Cesare Croce, Alboino, re dei Longobardi divenuto Signore d’Italia, interroga un villano di acuto ingegno e gli chiede: “Chi sei tu e di che paese sei?”. Bertoldo risponde: “Io sono un uomo, e il mio paese è in questo mondo”.
Qui il passato, la letteratura ci insegnano quali sono le nostre appartenenze e collocazioni: noi apparteniamo al mondo, il cui nome potrebbe essere Vasto, oppure Bologna, Roma, Firenze, Inghilterra, America, ecc. E se poi siamo provvisti di quella che io definisco “mente itinerante”, non solo siamo cittadini di ogni dove, ma possiamo persino cambiare lo spazio attorno a noi e farlo nostro. Le menti itineranti sono in moto perpetuo, mai del tutto stanziali, sono assettate di conoscenza, cambiamenti e miglioramenti; per esse non esistono punti di arrivo definitivi, perché del resto, la passione le porta a non arrestarsi, ad amare incessantemente quello per cui si impegnano.
Conosco persone nella mia Vasto, città d’origine e costantemente di arrivo, che pur non avendo mai cambiato sede, hanno contribuito in passato ed alcune di esse contribuiscono nel presente, a migliorare il mondo. Permettetemi l’abuso di questa parola se è vero che bisogna dimenticare il proprio piccolo per sentirsi una cosa sola con il Tutto. Penso a tutte le persone illuminate che hanno lasciato e lasciano traccia di sé con il lavoro in senso lato, con il giornalismo, la musica, l’arte, la poesia, l’imprenditoria, la ricerca, la politica, l’associazionismo, lo sport, con i nuovi mezzi tecnologici, con la finanza… (e potrei continuare all’infinito). Ce ne sono altre che vivono lontano da Vasto e lo fanno con onore: gli ambasciatori dei nostri valori, gli emigranti di precedente generazione che hanno contribuito alla rinascita dell’economia e dell’identità italiana, i giovani che si spostano volontariamente vivendo ancora con il senso del sacrificio, perché non dimentichiamo che “Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui, e com’è duro calle lo scendere e salir per l’altrui scale” -Dante insegna.
Ieri, alla Festa del Ritorno, è stato premiato questo “mondo”, i numerosi talenti che la nostra città ci regala. Erano tutti lì sul palco, tanti! Forse perché la nostra architettura bella e plastica, il nostro mare, il nostro orgoglio ci fa essere coraggiosi, ambiziosi ed indipendenti. Viene da dire: che la città resti bella e che la popolazione possa scalare sempre nuove vette! Anche noi del VAbBO’ abbiamo gettato le basi di nuove partenze e, si spera, di nuove collaborazioni con la comunità vastese. Come rappresentante del VAbBO’ ringrazio con entusiasmo gli organizzatori dell’evento, il Presidente dell’Associazione Pro Emigranti d’Abruzzo Gianni Petroro ed il direttore di Vasto Domani Giorgio Di Domenico, per averci chiesto di portare un contributo come vastesi residenti a Bologna. Un onore essere presenti!
Grazie anche al nostro determinatissimo Presidente Giampaolo Di Marco, a Pablo d’Adamo, promessa del palcoscenico, ad Emilia Roberti e a Giuseppe Pennacchietti, membri attivi e fattivi del VAbBO’ che non hanno potuto essere presenti sul palco per motivi lavorativi. Il loro contributo si è manifestato attraverso l’operatività, il video, le concertazioni ed i suggerimenti. Grazie a tutti quelli che hanno creato ed ideato il VAbBO’ insieme all’ attuale presidente (Alessandro Cianci, Nicola Racano, Antonio Imparato), a quelli che credono nel nostro progetto e al dono della passione che muove i passi del “mondo” senza limiti geografici. Un famoso letterato italiano mi verrà in aiuto a ribadirlo.
Giosuè Carducci, fiorentino di nascita, scriveva così della città presso cui lavorava come docente universitario: “ Io –toscano e fiorentino di razza- amo Bologna…E più l’amo perché è bella...: ardita, fantastica, formosa, plastica, nella sua architettura, trecentistica e quattrocentistica, di terra cotta, con la leggiadria delle logge, dei veroni, dei bifori, delle cornici. Che incanto doveva essere tutta rossa e dipinta nel Cinquecento!”.
Silvia Terpolilli
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