"Chi nin vo' bbèn'a lu Uaste si n'ha da jè' a lì tèrre di la Majèlle!".
Da Cicco riceviamo e pubblichiamo
Nicola, senti questa e se ti va pubblica. Ieri è arrivata la copia del n.45 di Vasto Domani. E' per me un momento piacevole e distensivo leggerlo, tanto che aspetto la sera per sfolgiarlo a letto prima di spegnere la luce. Mia moglie la scorre prima e ogni poco, da una stanza all'altra, mi fa qualche domanda. Se conosco quello e quell'altro, se sapevo della morte di tizio e così via. Talvolta mi chiede anche il significato di termini dialettali e così stavolta mi domanda "Conosci questo detto "Chi nin vo' bbèn'a lu Uaste si n'ha da jè' a lì tèrre di la Majèlle!". Mai sentito, le rispondo, ma dal suono penso che voglia dire "Chi nin vo' bbèn'a lu Uaste si ni pò jè a'ffangu** a la muntagne!". La sera invece leggo questa spiegazione del nostro Pino Jubatti (testuale): "Sembra un feroce anatema contro i rozzi montanari, secondo antico atteggiamento di parte; in realtà - ormai del tutto superate talune orbate prevenzioni territoriali - propone solo l'iconico contrasto, peraltro compiutamente irenico, come elemento da pronto immaginario penitenziale vicino al trapasso; ovvero, secondo comparazioni oleografiche, completamente mortificatedai rivisitati scenari d'ambientalistica ecologia d'oggi; ciononostante, la sua forza di penetrazione ancestrale, rimane immutata ed algida insinuazione". Più chiaro di così! Ciao Nick.
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