Il 22 aprile del 1649 moriva Nicola Alfonso Viti autore del primo testo di storia vastese a noi conosciuto.
Di antica famiglia vastese, Nicola Alfonso nacque il 22 ottobre 1600, dal notaio Ferrante e Giovanna Sottile. Dopo aver studiato filosofia e teologia a Roma, tornò a Vasto nel 1622 dove fu aggregato come suddiacono nella chiesa di S. Pietro; fu sacerdote nel 1625 e primicerio nel febbraio del 1631. Il 10 gennaio del 1644, dopo la morte di don Giulio Cesare De Gregorio fu eletto preposto. Dal 1643 al 1648 fu confessore delle monache di S. Chiara.
Ottimo poeta e letterato, insieme agli altri eruditi del tempo, formò quello che gli studiosi chiamano il Circolo Istoniese, ovvero una cerchia di letterati, non organizzati in Accademia, ma che si confrontavano e mettevano in campo la loro cultura: parliamo di Francesco Agricoletti (nato a Venafro, ma ha vissuto per buona parte della vita nella nostra città), autore de Il sospetto punito, Il sogno paraninfo e Il Rodriguez, l’arciprete Lucio Crisci autore del melodramma L’angelo custode e del dramma La valle di Getsemani, il giureconsulto Alessandro Magnacervo, autore di un libretto di poesie dal titolo I capricci giovanili, ed ancora Marco Aurelio Panza, Carlo Bassano, autore de I sudori dell’ozio, e naturalmente Nicola Alfonso Viti.
L’opera più importante che ci ha lasciato è le Memoria dell’Antichità del Vasto, il più antico testo di storia vastese a cui tutti gli storici successivi hanno attinto. Il testo manoscritto è conservato presso l’Archivio Storico Casa Rossetti e Luigi Marchesani, nel 1868, ne curò la pubblicazione per i tipi Vella di Chieti. Come riferisce lo stesso Marchesani (Esposizione degli oggetti raccolti nel Gabinetto Archeologico, pag.20), probabilmente il testo arrivato a noi non è quello originale, in quanto la copia conservata dal Conte Tiberii “dalla diversità di taluni periodi di esse e degli stessi periodi riportati testualmente dal de Benedictis; ma più di tutto dagli errori di ortografia e sintassi incompatibili e con la qualità di maestro di Grammatica e con l’eleganti corrette opere stampate dal Viti”. E come scrive ancora il Marchesani in una nota manoscritta di introduzione al testo del Viti, “ripugnano al concetto di un Sacerdote istruito gli errori di ortografia e di sintassi ovvii in essa copia”, e ancora, “il carattere del supporto autografo tanto nel titolo, quanto nel resto è diverso dalla scrittura del Viti nel Libro 1° de’ Matrimonii celebrati in S. Pietro dal 1632 al 1648”, ed anche nei volumi successivi.
Oltre agli Scherzi delle Muse, rime dedicate a D. Diego d’Avalos, pubblicato nel 1644 a Napoli per Secondino Roncaglielo, e il Cristo Penante, pubblicato nel 1655 in Venezia per Francesco Misurini, il Viti ci ha lasciato alcuni drammi sacri conservati manoscritti presso l’Archivio Storico: La caduta di Simon Mago, La Croce di S.Pietro Apostolo, Il peccator dolente, Dialoghi degli Arcangeli nell’Assunta, La Maddalena penitente e Il Presepio, rappresentato per la prima volta a S. Pietro il 17 gennaio 1623 giorno della festa di Sant’Antonio Abate.
Lino Spadaccini
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