Qualche anno fa, durante la quinta edizione del Vasto Film Festival, presso il Teatro Rossetti veniva proiettata la versione restaurata dalla Cineteca Comunale di Bologna del film Maciste all’inferno, con accompagnamento musicale dal vivo. È stata quella un’occasione straordinaria per vedere sullo schermo uno dei capolavori del cinema muto e soprattutto la straordinaria bellezza dell’attrice vastese Elena Sangro.
Insieme all’attore genovese Bartolomeo Pagano nei panni dell’uomo forzuto, Elena Sangro ha girato tre film della serie: Maciste imperatore (1924), Maciste nella gabbia dei leoni e Maciste all’inferno (1926). La regia è quella del solito Guido Brignone, ma il risultato dell’ultimo film questa volta è davvero sorprendente: il protagonista del film non è il gigante buono, l’eroe di sempre, ma la ricostruzione straordinaria dell’ambiente infernale secondo la tradizione classica dantesca che possiamo ritrovare nelle tavole illustrate da Gustav Doré, ricca di effetti speciali curati da un maestro dell’epoca Segundo de Chomòn, con diavoli infuriati, una coralità di saltellanti sudditi dell’impero e splendide donne che si mostrano in tutta la loro bellezza. Tra loro spiccano la nostra straordinaria Elena Sangro, nei panni di Proserpina, la moglie di Pluto, re dell’Inferno, e Lucia Zanussi, la conturbante Luciferina, figliastra di Pluto. Per alcune scene considerate troppo audaci, la censura bloccò la pellicola per oltre un anno, dando il proprio assenso solo dopo un taglio di circa 30 metri di girato.
Elena Sangro è molto affascinante, vestita come una danzatrice orientale con una gonna-pareo e unghia lunghe come artigli. Una donna seducente che appena vede la preda se ne innamora, lancia sguardi seducenti e accattivanti che non lasciano indifferenti il gigante buono, l’uomo forzuto, che questa volta, per la prima volta, viene vinto e dominata da una donna diavolo. Una immagine molto emblematica è quella dove lei lo accarezza e dall’alto la guarda vittoriosa.
Il film è stato girato con grandi mezzi dalla Fert-Pittaluga, negli stabilimenti della Cines. La sceneggiatura è di Fantasio (pseudonimo di Riccardo Arruffo), la fotografia di Massimo Terzano, Ubaldo Arata e Segundo de Chomòn.
La trama del film scorre piacevole e avvincente. Pluto, re dell'inferno, manda sulla terra Barbariccia, sotto le vesti del dottor Nox, per procurare anime e prendere Maciste, che abita in un paese di campagna. Barbariccia arriva alla casa di Maciste accompagnato da altri cinque diavoli, ma egli lo caccia; anche Graziella, vicina di casa di Maciste, resiste alle lusinghe del diavolo. Barbariccia fa incontrare Graziella con un giovane ricco signore, Giorgio, che dopo aver ricambiato il suo amore l'abbandona sola con un figlio. Maciste costringe Giorgio a tornare dalla giovane, salvando il bambino che Barbariccia aveva rapito e abbandonato nel bosco. Maciste si scontra con Barbariccia e cade in una trappola; viene così spedito all'inferno. Qui viene conteso dalla moglie di Pluto, Proserpina, e dalla sua figliastra, Luciferina. Ma con un provocante bacio Proserpina trasformata l’eroe buono in un demone esclamandogli “Mio, mio per sempre!”. Barbariccia, geloso delle attenzioni di Proserpina per Maciste, organizza una rivolta contro Pluto; Maciste interviene a difendere Pluto e umilia Barbariccia. Il re dell'inferno, riconoscente, decide così di graziare Maciste, rendendogli possibile di tornare sulla terra. Proserpina, però, lo incatena ad una roccia. La notte di Natale saranno le preghiere del figlioletto di Graziella, sposatasi con Giorgio, a liberare per sempre Maciste.
E chiudo con un ricordo del maestro Federico Fellini con una dichiarazione contenuta nel libro “Intervista sul cinema” di Giovanni Grazzini (Laterza, 1983): “I primi film, dunque, li ho visti al cinema Fulgor. Qual è stato il primo tra i primi? Sono sicuro di ricordare con esattezza perché quell’immagine mi è rimasta così profondamente impressa che ho tentato di rifarla in tutti i miei film. Il film si chiamava Maciste all'inferno. L’ho visto in braccio a mio padre in piedi tra una gran calca di gente con il cappotto inzuppato d’acqua perché fuori pioveva. Ricordo un donnone con la pancia nuda, l’ombelico, gli occhiacci bistrati lampeggianti. Con un gesto imperioso del braccio faceva nascere attorno a Maciste, anche lui seminudo e con tortore in mano, un cerchio di lingue di fuoco”.
Lino Spadaccini
Insieme all’attore genovese Bartolomeo Pagano nei panni dell’uomo forzuto, Elena Sangro ha girato tre film della serie: Maciste imperatore (1924), Maciste nella gabbia dei leoni e Maciste all’inferno (1926). La regia è quella del solito Guido Brignone, ma il risultato dell’ultimo film questa volta è davvero sorprendente: il protagonista del film non è il gigante buono, l’eroe di sempre, ma la ricostruzione straordinaria dell’ambiente infernale secondo la tradizione classica dantesca che possiamo ritrovare nelle tavole illustrate da Gustav Doré, ricca di effetti speciali curati da un maestro dell’epoca Segundo de Chomòn, con diavoli infuriati, una coralità di saltellanti sudditi dell’impero e splendide donne che si mostrano in tutta la loro bellezza. Tra loro spiccano la nostra straordinaria Elena Sangro, nei panni di Proserpina, la moglie di Pluto, re dell’Inferno, e Lucia Zanussi, la conturbante Luciferina, figliastra di Pluto. Per alcune scene considerate troppo audaci, la censura bloccò la pellicola per oltre un anno, dando il proprio assenso solo dopo un taglio di circa 30 metri di girato.
Elena Sangro è molto affascinante, vestita come una danzatrice orientale con una gonna-pareo e unghia lunghe come artigli. Una donna seducente che appena vede la preda se ne innamora, lancia sguardi seducenti e accattivanti che non lasciano indifferenti il gigante buono, l’uomo forzuto, che questa volta, per la prima volta, viene vinto e dominata da una donna diavolo. Una immagine molto emblematica è quella dove lei lo accarezza e dall’alto la guarda vittoriosa.
Il film è stato girato con grandi mezzi dalla Fert-Pittaluga, negli stabilimenti della Cines. La sceneggiatura è di Fantasio (pseudonimo di Riccardo Arruffo), la fotografia di Massimo Terzano, Ubaldo Arata e Segundo de Chomòn.
La trama del film scorre piacevole e avvincente. Pluto, re dell'inferno, manda sulla terra Barbariccia, sotto le vesti del dottor Nox, per procurare anime e prendere Maciste, che abita in un paese di campagna. Barbariccia arriva alla casa di Maciste accompagnato da altri cinque diavoli, ma egli lo caccia; anche Graziella, vicina di casa di Maciste, resiste alle lusinghe del diavolo. Barbariccia fa incontrare Graziella con un giovane ricco signore, Giorgio, che dopo aver ricambiato il suo amore l'abbandona sola con un figlio. Maciste costringe Giorgio a tornare dalla giovane, salvando il bambino che Barbariccia aveva rapito e abbandonato nel bosco. Maciste si scontra con Barbariccia e cade in una trappola; viene così spedito all'inferno. Qui viene conteso dalla moglie di Pluto, Proserpina, e dalla sua figliastra, Luciferina. Ma con un provocante bacio Proserpina trasformata l’eroe buono in un demone esclamandogli “Mio, mio per sempre!”. Barbariccia, geloso delle attenzioni di Proserpina per Maciste, organizza una rivolta contro Pluto; Maciste interviene a difendere Pluto e umilia Barbariccia. Il re dell'inferno, riconoscente, decide così di graziare Maciste, rendendogli possibile di tornare sulla terra. Proserpina, però, lo incatena ad una roccia. La notte di Natale saranno le preghiere del figlioletto di Graziella, sposatasi con Giorgio, a liberare per sempre Maciste.
E chiudo con un ricordo del maestro Federico Fellini con una dichiarazione contenuta nel libro “Intervista sul cinema” di Giovanni Grazzini (Laterza, 1983): “I primi film, dunque, li ho visti al cinema Fulgor. Qual è stato il primo tra i primi? Sono sicuro di ricordare con esattezza perché quell’immagine mi è rimasta così profondamente impressa che ho tentato di rifarla in tutti i miei film. Il film si chiamava Maciste all'inferno. L’ho visto in braccio a mio padre in piedi tra una gran calca di gente con il cappotto inzuppato d’acqua perché fuori pioveva. Ricordo un donnone con la pancia nuda, l’ombelico, gli occhiacci bistrati lampeggianti. Con un gesto imperioso del braccio faceva nascere attorno a Maciste, anche lui seminudo e con tortore in mano, un cerchio di lingue di fuoco”.
Lino Spadaccini
1 commento:
Di films su Maciste ne ho visti alcuni, ma non ricordo film muti su questo personaggio, gli unici muti che ricordo sono quelli di Chaplin e Ridolini...
Sembra emozionante come scena...
Anche se a me da bimba di scene all'inferno, colpirono molto quelle di Totò: "Totò all'inferno" che ricordando più o meno la trama, almeno nell'inizio, sembrerebbe quasi nuovamente attuale...
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