Professore di disegno della Scuola Tecnica di Vasto, pubblicista, giornalista e storico, Alfonso Sautto abbiamo imparato a conoscerlo soprattutto attraverso le pagine del periodico locale, Il Vastese d’Oltre Oceano, diretto da Luigi Anelli, nella rubrica dal titolo “Per lo dolce suon della mia terra” (ripreso successivamente nel 1949 sull’Histonium di Espedito Ferrara), dove il giornalista ha preso idealmente per mano il lettore guidandolo attraverso le strade più suggestive della città raccontando i monumenti, le chiese, i quartieri, non tanto dal punto di vista storico, quanto dai ricordi tenuti in serbo nel cuore e nella memoria. “I ricordi dell’infanzia sono con me”, scrive Alfonso Sautto, “con i miei sogni, con i miei pensieri pieni di nostalgia profonda, coi palpiti del mio cuore, con le speranze della mia vita fuggente lungo una strada avvolta dall’ombra d’un crepuscolo! I ricordi dei miei primi anni della vita, piena di canti e di promesse, le reminescenze della fanciullezza nella quale ogni giorno sembrava eterno per giungere agli aulenti sogni della giovinezza”.
Uomo dalla penna prolifica, Alfonso Sautto ha pubblicato nell’arco della sua vita molti libri tra saggi, novelle e romanzi, tra i quali ricordiamo “I Marchesi d’Avalos nell’Orlando Furioso dell’Ariosto (1932), Il Risorgimento in Abruzzo (1934), L’anima d’Italia in Libia (1912), Un grande poeta del Risorgimento: Gabriele Rossetti (1933), La calligrafia negli Istituti Tecnici e nelle scuole Tecniche Commerciali (s.d.), Stenografia elementare (1927), Canti di vita e di fede (s.d.), In giro per Ferrara (1959), Il Duomo di Ferrara: dal 1135 al 1935 (1934), Una testa dura: commedia in un atto, dal vero. Anno 1915 (1954), Una novella aurora: raccolta di novelle (1952), L’Orfano (1965) e Un Grande amore (1967), entrambi romanzi per adolescenti..E nei racconti e nei romanzi la città natale rimane sempre nel cuore.
Nel romanzo “L’orfano”, il protagonista si chiama Angelo. Il padre muore combattendo in Africa mentre la madre muore improvvisamente per malattia. Senza una famiglia e senza una casa, la sua vita è un continuo vagare senza una meta precisa. Incontra vari personaggi e si affaccia alle prime esperienze lavorative, fino a quando decide di partire per la guerra “come mille altri giovani, pieni di slancio e di ardimento”. Durante un combattimento rimane ferito ad una gamba e, dichiarato inabile al servizio militare, viene congedato. Ma la vita di Angelo serba ancora dei momenti tragici come la perdita, a causa di un bombardamento, dei suoi amici più cari Ada e Luigi. Così decide di tornare a Vasto, il paese dove ha vissuto fino all’età di 12 anni. “Il treno correva veloce sui binari, attraversava paesi e colline conosciuti durante il suo lungo pellegrinare e nel pensiero tante reminescenze del passato fiorivano. Si riapriva in lui il gran libro delle memorie, scorrendo avidamente col pensiero le pagine un po’ sbiadite, ma non distrutte, e rivedeva gli anni sereni della fanciullezza… Entrato in città, il suo primo desiderio fu quello di rivedere la casa dove era nato e dove aveva chiuso gli occhi la diletta Mamma sua. A passi veloci raggiunse il sacrato della Chiesa, dove si fermò a guardare, commosso, la dimora nella quale aveva conosciuto i primi amori e sognati il paradiso degli affetti. Mandò un bacio colle dita alla casa nativa, dove la sua fanciullezza era cresciuta nell’affetto più saldo, come un raggio di sole e, la ridda dei ricordi, richiamò alla sua mente i giorni in cui era stato ospite dalla signora che abitava nella stessa casa, che gli aveva voluto bene fino al suo allontanamento dalla città”. E Angelo ritrova nella signora Enrica la sua nuova madre, ma anche lei, dopo una breve malattia, muore. Poi un nuovo lavoro e la sincera amicizia di Paolo e della sorella allontanano per sempre le amarezze e le difficoltà patite nella vita.
Lino Spadaccini
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