
Il 18 giugno 1836 nacque a Vasto il pittore e drammaturgo Valerico Laccetti.
Sin da giovane Valerico mostrò una certa predisposizione per la pittura e, nonostante non avesse un maestro che lo seguisse, dipingeva dei piccoli quadri che la gente apprezzava molto.
A 17 anni si trasferì a Napoli per continuare gli studi e nel 1857 entrò all’Accademia di Belle Arti. Con la maturazione scolastica cominciarono anche i primi successi personali: nell’Esposizione Napoletana ottenne un premio per la prospettiva, mentre nella “Promotrice”, espose un quadretto con figure di bestiame che fu acquistato da Re Vittorio Emanuele.
Incoraggiato da questi primi successi Valerico Laccetti si dedicò esclusivamente allo studio degli animali sotto la preziosa guida di Filippo Palizzi, ottenendo sempre maggiori consensi per la sua naturalezza nel disegnare soprattutto pecore ed asini.
I bassi compensi che ottenne a Napoli, lo costrinsero a trasferirsi a Roma dove aprì uno studio e si fece apprezzare per la realizzazione di due quadri Catechismo in campagna e Soldati vecchi e soldati nuovi.
Nel 1872 si trasferì a Parigi, dove rimase per circa sette mesi trattando ancora soggetti di animali. Tornato in Italia conseguì altri premi all’Esposizione di Vienna con i due quadri Il ritorno dal lavoro e Un parasole in pericolo, mentre al “Salon” di Parigi con Pendant l’orage, Après l’orage, La campagna romana e Un nuovo Orfeo.
Tanti quadretti belli, apprezzati e premiati che non soddisfacevano a pieno il pittore, che voleva lasciare un’impronta più grande nella pittura italiana. Con queste intenzioni, cominciò a concepire un’opera pittorica grande, con un tema storico: la civiltà cristiana che pianta il suo vessillo sulle rovine del mondo pagano.
Quattro anni di lavoro Valerico impiegò per portare a termine il suo capolavoro, il Christus imperat, che gli valse unanimi consensi da parte di tutti i critici d’arte contemporanea.
L’opera, acquistata dalla Provincia di Chieti, si può ancora oggi ammirare in tutta la sua bellezza nella sala del Consiglio Provinciale.
Nel 1891 il Laccetti realizzò l’ideale prosecuzione del suo capolavoro, il Christus vincit, tela di modeste proporzioni, sicuramente inferiore al precedente, ma che dimostra un tentativo di fondere la pittura attraverso la poesia, ricreando un quadro psicologico e allo stesso tempo poetico.
Gli ultimi anni della sua vita, Valerico Laccetti li spese per il teatro. Il suo esordio, con la commedia Fede coniugale, portato in scena per la prima volta al Teatro Nazionale di Roma l’11 novembre 1897, non fu dei più felici: stroncato dalle severe critiche l’opera venne immediatamente ritirata. Questo insuccesso non scoraggiò Valerico Laccetti, il quale, alcuni anni più tardi, diede alle stampe due drammi storici in cinque atti l’Arrigo VIII Re e Papa e Francesco d’Assisi.
Morì l’8 marzo 1909.
Cinque anni dopo, sulla facciata della casa natale del pittore venne murata una lapide con la seguente iscrizione:
VALERICO LACCETTI
CHE VIVE NEL CHRISTUS IMPERAT
EBBE VISIONI DI STORIA E DI ARTE
LUMINOSE
LA CITTA’
MEMORE DEI SUOI FIGLI MIGLIORI
RICORDA
CHE EGLI NACQUE IN QUESTA CASA
E MORI’ IN ROMA
LAUDATO E PIANTO
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MCMXIV
Sin da giovane Valerico mostrò una certa predisposizione per la pittura e, nonostante non avesse un maestro che lo seguisse, dipingeva dei piccoli quadri che la gente apprezzava molto.
A 17 anni si trasferì a Napoli per continuare gli studi e nel 1857 entrò all’Accademia di Belle Arti. Con la maturazione scolastica cominciarono anche i primi successi personali: nell’Esposizione Napoletana ottenne un premio per la prospettiva, mentre nella “Promotrice”, espose un quadretto con figure di bestiame che fu acquistato da Re Vittorio Emanuele.
Incoraggiato da questi primi successi Valerico Laccetti si dedicò esclusivamente allo studio degli animali sotto la preziosa guida di Filippo Palizzi, ottenendo sempre maggiori consensi per la sua naturalezza nel disegnare soprattutto pecore ed asini.
I bassi compensi che ottenne a Napoli, lo costrinsero a trasferirsi a Roma dove aprì uno studio e si fece apprezzare per la realizzazione di due quadri Catechismo in campagna e Soldati vecchi e soldati nuovi.
Nel 1872 si trasferì a Parigi, dove rimase per circa sette mesi trattando ancora soggetti di animali. Tornato in Italia conseguì altri premi all’Esposizione di Vienna con i due quadri Il ritorno dal lavoro e Un parasole in pericolo, mentre al “Salon” di Parigi con Pendant l’orage, Après l’orage, La campagna romana e Un nuovo Orfeo.
Tanti quadretti belli, apprezzati e premiati che non soddisfacevano a pieno il pittore, che voleva lasciare un’impronta più grande nella pittura italiana. Con queste intenzioni, cominciò a concepire un’opera pittorica grande, con un tema storico: la civiltà cristiana che pianta il suo vessillo sulle rovine del mondo pagano.
Quattro anni di lavoro Valerico impiegò per portare a termine il suo capolavoro, il Christus imperat, che gli valse unanimi consensi da parte di tutti i critici d’arte contemporanea.
L’opera, acquistata dalla Provincia di Chieti, si può ancora oggi ammirare in tutta la sua bellezza nella sala del Consiglio Provinciale.
Nel 1891 il Laccetti realizzò l’ideale prosecuzione del suo capolavoro, il Christus vincit, tela di modeste proporzioni, sicuramente inferiore al precedente, ma che dimostra un tentativo di fondere la pittura attraverso la poesia, ricreando un quadro psicologico e allo stesso tempo poetico.
Gli ultimi anni della sua vita, Valerico Laccetti li spese per il teatro. Il suo esordio, con la commedia Fede coniugale, portato in scena per la prima volta al Teatro Nazionale di Roma l’11 novembre 1897, non fu dei più felici: stroncato dalle severe critiche l’opera venne immediatamente ritirata. Questo insuccesso non scoraggiò Valerico Laccetti, il quale, alcuni anni più tardi, diede alle stampe due drammi storici in cinque atti l’Arrigo VIII Re e Papa e Francesco d’Assisi.
Morì l’8 marzo 1909.
Cinque anni dopo, sulla facciata della casa natale del pittore venne murata una lapide con la seguente iscrizione:
VALERICO LACCETTI
CHE VIVE NEL CHRISTUS IMPERAT
EBBE VISIONI DI STORIA E DI ARTE
LUMINOSE
LA CITTA’
MEMORE DEI SUOI FIGLI MIGLIORI
RICORDA
CHE EGLI NACQUE IN QUESTA CASA
E MORI’ IN ROMA
LAUDATO E PIANTO
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