di Lino Spadaccini
Tra le opere pubbliche più importanti dell’Ottocento, troviamo senza dubbio la realizzazione della rete fognante. Come riferisce il Marchesani nella Storia di Vasto, dai tempi dell’antica Histonium fino al 1800, la nostra città era sprovvista di una rete vera e propria per lo smaltimento delle acque luride. A questa mancanza, si riparava in due modi: “l’uno consisteva nelle latrine o bottini, che di tempo in tempo da’ votacessi si purgavano; l’altro negli smaltitoi aperti in varii siti delle muraglie urbane, de’ quali smaltitoi due solamente ànno forma di condotti, innanzi all’occidental muro della chiesa del Carmine e nel largo di S. Antonio”. Queste due soluzioni, naturalmente, non potevano bastare a garantire la pulizia “poiché gli abitanti di case terragne prive di agiamento o doveano vuotar i cessi per le mura della città, o insozzar le strade, e sempre aspettanto il favor della notte”. Alla fine del 1818, per iniziativa del sindaco Domenico Laccetti, si diede inizio alla realizzazione della rete fognante, formata da ampie gallerie percorribili da un uomo in piedi. La maggior parte di esse sboccavano alle Lame, e di qui giù verso il mare.
Il 13 novembre dello stesso anno, il Sindaco pubblicò il regolamento di pulizia urbana che annunciava alla popolazione la realizzazione della nuova opera e spingeva tutti i proprietari delle zone interessate, a provvedere, a loro spese, alla costruzione di una conduttura che si allacciasse alla rete principale.
Alquanto problematica risultò l’esecuzione dei lavori a causa dei terreni spesso instabili e franosi.
Nei primi mesi del 1819 l’architetto Taito effettuò un sopralluogo per verificare i primi quattro tratti della rete e, precisamente, da S. Maria fino al fosso del Carmine, da S. Giovanni a S. Antonio, dall’angolo della casa di de Nardis, fino al fosso di S. Antonio, ed infine dal puntore de quattro forni fino alla pietra del Bando. “Lo trovato tutto rovinato, e franoso”, scrisse l’architetto nella relazione, “per cui in tempo d’inverno le acque piovane vanno a formare dei lami, e in tempo di esta’ resta disgustoso, e puzzolente. Quindi, è necessario di rifarsi le nuove selciate col sfascio istesso, e di formarsi condottoni con le chiavicchie per richiamare le Mondezze disgustose per renderlo godibile”.
Nel novembre dell’anno successivo, per la realizzazione di alcuni tratti di fognatura venne incaricato l’architetto Francesco di Rienzo di Agnone: “…il primo che principia dal quadrivi di S. Domenico: sedici palmi fuori Portanova, proseguendo poi il condottone accanto il muro del Giardino di S. Spirito per il solo scavo della terra, ed il secondo che principia dal Portone del Giardino della Madre di Dio, otto palmi dentro La Chiavica sotto la Casa di Antonio di Rosso e accompagnarlo a detta chiavica…”.
Cinque anni più tardi, nel settembre del 1825, l’architetto vastese Nicola Maria Pietrocola effettuò una perizia per la costruzione di altri due tratti di fognatura: “uno all’angolo Nord-Ovest della casa del Sig. Giambattista Crisci giù per la piccola strada che fiancheggia la casa istessa fino ad imboccare nell’antica fogna ch’è fuori la porta di S. Maria; e l’altro dall’angolo Nord-Est della casa di D. Federico Benedetti lungo la strada maestra che mena nella porta istessa fino ad unirsi e formar confluenza col primo tratto indicato”.
Lino Spadaccini
Il 13 novembre dello stesso anno, il Sindaco pubblicò il regolamento di pulizia urbana che annunciava alla popolazione la realizzazione della nuova opera e spingeva tutti i proprietari delle zone interessate, a provvedere, a loro spese, alla costruzione di una conduttura che si allacciasse alla rete principale.
Alquanto problematica risultò l’esecuzione dei lavori a causa dei terreni spesso instabili e franosi.
Nei primi mesi del 1819 l’architetto Taito effettuò un sopralluogo per verificare i primi quattro tratti della rete e, precisamente, da S. Maria fino al fosso del Carmine, da S. Giovanni a S. Antonio, dall’angolo della casa di de Nardis, fino al fosso di S. Antonio, ed infine dal puntore de quattro forni fino alla pietra del Bando. “Lo trovato tutto rovinato, e franoso”, scrisse l’architetto nella relazione, “per cui in tempo d’inverno le acque piovane vanno a formare dei lami, e in tempo di esta’ resta disgustoso, e puzzolente. Quindi, è necessario di rifarsi le nuove selciate col sfascio istesso, e di formarsi condottoni con le chiavicchie per richiamare le Mondezze disgustose per renderlo godibile”.
Nel novembre dell’anno successivo, per la realizzazione di alcuni tratti di fognatura venne incaricato l’architetto Francesco di Rienzo di Agnone: “…il primo che principia dal quadrivi di S. Domenico: sedici palmi fuori Portanova, proseguendo poi il condottone accanto il muro del Giardino di S. Spirito per il solo scavo della terra, ed il secondo che principia dal Portone del Giardino della Madre di Dio, otto palmi dentro La Chiavica sotto la Casa di Antonio di Rosso e accompagnarlo a detta chiavica…”.
Cinque anni più tardi, nel settembre del 1825, l’architetto vastese Nicola Maria Pietrocola effettuò una perizia per la costruzione di altri due tratti di fognatura: “uno all’angolo Nord-Ovest della casa del Sig. Giambattista Crisci giù per la piccola strada che fiancheggia la casa istessa fino ad imboccare nell’antica fogna ch’è fuori la porta di S. Maria; e l’altro dall’angolo Nord-Est della casa di D. Federico Benedetti lungo la strada maestra che mena nella porta istessa fino ad unirsi e formar confluenza col primo tratto indicato”.
Lino Spadaccini
NELLA FOTO, LO "SMALTITOIO" FUORI PORTA CATENA, che serviva per svuotare i pitali. (foto dal sito "Vastocard" di Ida Forni).
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