Qualche giorno fa abbiamo parlato del mitico don Romeo Rucci parroco di S.Pietro. Oggi Cicco Spadaccini ci ha inviato uno scritto - preparato in una delle ultime ricorrenze della frana di Vasto del’56 - in cui da “sfollato” racconta la sua personale esperienza di quei tristi giorni. Nella foto i primi crolli di febbraio, in fondo l'imponente Palazzo delle Poste crollato ad agosto '56.
Frana di Vasto del 1956: “Io quei giorni li ho vissuti da sfollato”
di Francescopaolo Spadaccini
L'autunno del '55 a Vasto ci furono abbondanti ed insistenti piogge che determinarono le prime evidenti lesioni al complesso del quartiere della chiesa di S.Pietro e alle case vicine. Ricordo quelle piogge da bambino; abitavo proprio sotto S.Pietro e davo sul muraglione delle Lame. La via Adriatica era in quei giorni un vero e proprio letto di fiume; potete facilmente immaginarlo se pensate che vi si incanalava l'acqua piovana che scendeva indisturbata da corso Italia, ingrossandosi man mano che scendeva e acquistando velocità. A porta Palazzo irrompeva furiosa e si infrangeva sul muraglione tracimando oltre per poi schiantarsi sotto le mura erodendone le basi. Dalle "chiaviche", per effetto della pressione nelle condotte sottostanti, fuoriuscivano getti d'acqua scura che sembravano funghi giganteschi.Le notti di quell'autunno non si dormiva tutti nel nostro quartiere e gli adulti a turno tendevano l'orecchio agli scricchiolii delle mura di casa. Alcune famiglie furono fatte sgombrare e anche la canonica del famoso don Romeo Rucci.L'inverno fu peggiore perchè arrivarono nevicate incredibili; le nostre vie erano ridotte a camminamenti come nelle trincee, la neve caduta e quella spalata facevano delle murate più alte di noi bambini. Il traffico su corso Garibaldi dovette essere interdetto per alcuni giorni ed era pieno di macchine e pullman bloccati.Questi fenomeni atmosferici peggiorarono la situazione geologica della zona e così altre famiglie, un centinaio tra cui la mia, dovettero sfollare e ospitate chi in case di campagna chi in case sfitte alla marina chi nelle scuole temporaneamente chiuse.Anche S.Pietro dovette sfollare e tutto il suo patrimonio e arredo, statue quadri argenteria d'altare arredi sacerdotali lampade candelabri panche ecc., fu trasferito nelle altre chiese e addirittura in case private che per alcune settimane ospitarono statue nei propri soggiorni.In quei giorni moltissimi vastesi collaborarono al trasloco delle cose di chiesa; era una processione silenziosa nei due sensi: coloro che entravano a mani vuote e quelli che uscivano recando qualcosa tra le braccia. Don Romeo, don Michele ed altri preti gestivano il traffico dando disposizioni su dove portare le robe.Più struggente fu il trasferimento a braccia, camminando tra calcinacci e mattoni ammonticchiati, del Crocefisso del '700. Le persone che lo portavano avevano volti cupi e silenziosi, stavano attenti a non sballottare il carico come se trasportassero un moribondo, come in effetti era.Come passava, le donne si coprivano il capo con i fazzolettoni e gli uomini si toglievano il cappello, proprio come fosse stata una dolente processione.I crolli cominciarono proprio nel febbraio del '56, credo il 22, e interessarono tutte le case, dal palazzo delle Poste fino a quasi il largo di S.Antonio. Erano le case esteticamente tra le meno belle della città, ma sicuramente con la vista migliore in assoluto.Qualche giorno dopo l'inizio dei crolli, don Romeo organizzò una processione imponente che coinvolse tutta la città; per prima la statua di S.Michele, seguita dalle reliquie del Legno della Croce, della Santa Spina e di Santa "Libbrète".Piccole frane continuarono i mesi successivi, fino all'epilogo della fine di agosto quando un crollo spaventoso interessò il palazzo delle Poste (Ponza), il palazzo dei baroni Cardone e tante delle casupole vicine; sparì il vico Storto Supportico e finì di sbriciolarsi "lu casarìne", una zona alla destra di S.Pietro fitto di casupole abitate da pescatori dai cognomi come Ronzitti Naglieri Fiore Tana Pollutri. Scomparve in via del Lago la scuola delle "Figlie della Croce", fondata nel 1879. Il rumore del crollo fu terribile e tutti i vastesi dalla spiaggia si girarono a guardare quello spettacolo spaventoso. Chi c'era in spiaggia in quelle ore racconta che si ammutolirono tutti e poi quasi un unico "madonna mà".S.Pietro rimase miracolosamente in piedi ma lesionata, se pure non gravemente. Molti speravano di salvarla consolidandola, ma attorno c'era un tale disastro che nulla di buono lasciava sperare. Infatti un paio di anni dopo cominciarono ad apparire lesioni gravi e così fu deciso di demolirla cercando all'inizio di salvare le prime navate dall'ingresso e addirittura il campanile che formava il lato destro del fronte della chiesa. Ma con il proseguire dei lavori ci si rendeva conto di quanto poco si poteva salvare di quella chiesa. Ora si vede quello che ne è rimasto.Potete immaginare i pianti, i rosari, le invocazioni, i voti della popolazione femminile durante quei mesi di demolizione. Era come se fossero tutte in lutto.Per questo adesso, quando davanti a quel portale ci vedo accatastate delle sedie di bar o auto parcheggiate a ridosso del muro antico, mi sovvengono quelle immagini degli anni '56 '59 e vi assicuro che mi vengono solo pensieri cattivi. Che Dio mi perdoni.
Francescopaolo (Cicco) Spadaccini
Frana di Vasto del 1956: “Io quei giorni li ho vissuti da sfollato”
di Francescopaolo Spadaccini
L'autunno del '55 a Vasto ci furono abbondanti ed insistenti piogge che determinarono le prime evidenti lesioni al complesso del quartiere della chiesa di S.Pietro e alle case vicine. Ricordo quelle piogge da bambino; abitavo proprio sotto S.Pietro e davo sul muraglione delle Lame. La via Adriatica era in quei giorni un vero e proprio letto di fiume; potete facilmente immaginarlo se pensate che vi si incanalava l'acqua piovana che scendeva indisturbata da corso Italia, ingrossandosi man mano che scendeva e acquistando velocità. A porta Palazzo irrompeva furiosa e si infrangeva sul muraglione tracimando oltre per poi schiantarsi sotto le mura erodendone le basi. Dalle "chiaviche", per effetto della pressione nelle condotte sottostanti, fuoriuscivano getti d'acqua scura che sembravano funghi giganteschi.Le notti di quell'autunno non si dormiva tutti nel nostro quartiere e gli adulti a turno tendevano l'orecchio agli scricchiolii delle mura di casa. Alcune famiglie furono fatte sgombrare e anche la canonica del famoso don Romeo Rucci.L'inverno fu peggiore perchè arrivarono nevicate incredibili; le nostre vie erano ridotte a camminamenti come nelle trincee, la neve caduta e quella spalata facevano delle murate più alte di noi bambini. Il traffico su corso Garibaldi dovette essere interdetto per alcuni giorni ed era pieno di macchine e pullman bloccati.Questi fenomeni atmosferici peggiorarono la situazione geologica della zona e così altre famiglie, un centinaio tra cui la mia, dovettero sfollare e ospitate chi in case di campagna chi in case sfitte alla marina chi nelle scuole temporaneamente chiuse.Anche S.Pietro dovette sfollare e tutto il suo patrimonio e arredo, statue quadri argenteria d'altare arredi sacerdotali lampade candelabri panche ecc., fu trasferito nelle altre chiese e addirittura in case private che per alcune settimane ospitarono statue nei propri soggiorni.In quei giorni moltissimi vastesi collaborarono al trasloco delle cose di chiesa; era una processione silenziosa nei due sensi: coloro che entravano a mani vuote e quelli che uscivano recando qualcosa tra le braccia. Don Romeo, don Michele ed altri preti gestivano il traffico dando disposizioni su dove portare le robe.Più struggente fu il trasferimento a braccia, camminando tra calcinacci e mattoni ammonticchiati, del Crocefisso del '700. Le persone che lo portavano avevano volti cupi e silenziosi, stavano attenti a non sballottare il carico come se trasportassero un moribondo, come in effetti era.Come passava, le donne si coprivano il capo con i fazzolettoni e gli uomini si toglievano il cappello, proprio come fosse stata una dolente processione.I crolli cominciarono proprio nel febbraio del '56, credo il 22, e interessarono tutte le case, dal palazzo delle Poste fino a quasi il largo di S.Antonio. Erano le case esteticamente tra le meno belle della città, ma sicuramente con la vista migliore in assoluto.Qualche giorno dopo l'inizio dei crolli, don Romeo organizzò una processione imponente che coinvolse tutta la città; per prima la statua di S.Michele, seguita dalle reliquie del Legno della Croce, della Santa Spina e di Santa "Libbrète".Piccole frane continuarono i mesi successivi, fino all'epilogo della fine di agosto quando un crollo spaventoso interessò il palazzo delle Poste (Ponza), il palazzo dei baroni Cardone e tante delle casupole vicine; sparì il vico Storto Supportico e finì di sbriciolarsi "lu casarìne", una zona alla destra di S.Pietro fitto di casupole abitate da pescatori dai cognomi come Ronzitti Naglieri Fiore Tana Pollutri. Scomparve in via del Lago la scuola delle "Figlie della Croce", fondata nel 1879. Il rumore del crollo fu terribile e tutti i vastesi dalla spiaggia si girarono a guardare quello spettacolo spaventoso. Chi c'era in spiaggia in quelle ore racconta che si ammutolirono tutti e poi quasi un unico "madonna mà".S.Pietro rimase miracolosamente in piedi ma lesionata, se pure non gravemente. Molti speravano di salvarla consolidandola, ma attorno c'era un tale disastro che nulla di buono lasciava sperare. Infatti un paio di anni dopo cominciarono ad apparire lesioni gravi e così fu deciso di demolirla cercando all'inizio di salvare le prime navate dall'ingresso e addirittura il campanile che formava il lato destro del fronte della chiesa. Ma con il proseguire dei lavori ci si rendeva conto di quanto poco si poteva salvare di quella chiesa. Ora si vede quello che ne è rimasto.Potete immaginare i pianti, i rosari, le invocazioni, i voti della popolazione femminile durante quei mesi di demolizione. Era come se fossero tutte in lutto.Per questo adesso, quando davanti a quel portale ci vedo accatastate delle sedie di bar o auto parcheggiate a ridosso del muro antico, mi sovvengono quelle immagini degli anni '56 '59 e vi assicuro che mi vengono solo pensieri cattivi. Che Dio mi perdoni.
Francescopaolo (Cicco) Spadaccini
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