Dal 1815 l’orologio del campanile di S. Giuseppe scandisce il tempo dei vastesi
Come in quasi tutte le città italiane, anche a Vasto era presente un orologio con due campane, collocato sulla torre del palazzo comunale (dall’agosto del 1811 la sede municipale venne traslocata da palazzo Cancelliere, già palazzo Invitti, che dava sull’attuale Piazza Caprioli, nei locali dell’ex convento dei Clerici Regolari della Madre di Dio, attuale Curia vescovile).
In uso solo dopo il quattordicesimo secolo, gli orologi meccanici e le campane montate sulle torri civiche o sui campanili delle chiese, divennero un punto di riferimento essenziale per l’organizzazione della vita quotidiana, in quanto il trascorrere delle ore era scandito dai rintocchi delle campane percepibili anche nelle campagne a ridosso dei centri abitati. Nella seduta del consiglio dei decurioni del 5 settembre 1814, Pietro Muzii riferì all’assemblea che “…considerando che l’attuale campanile dell’Orologio minaccia di crollare… e considerando ben’anche che l’attuale macchina dell’orologio è tutta guasta, ed invecchiata per la lunghezza del tempo…”, e i decurioni a pieni voti deliberarono“…di trasferirsi l’orologio sud.° nel campanile della Chiesa di S. Giuseppe…”, dove tutt’oggi si trova. Ma i tempi per il trasferimento dell’orologio furono più lunghi del previsto.
Nella seduta del 4 aprile dell’anno successivo, il Muzii riportò in Consiglio le continue proteste della popolazione per la mancanza di un orologio adeguato alla città, essendo quello presente non funzionante da diversi anni. “I Signori Decurioni, conoscendo necessario che una Città di circa 9000 anime, nella quale vi esiste un solo orologio pubblico, abbia un orologio capace a servire per tutta la Città; e considerando ancora che dovendosi fondere la campana delle ore per essere rotta, riesca vantaggioso al Comune unirvi la campana piccola, a pieni voti ànno deliberato di fondersi le indicate due campane, e ridursi il peso di esse almeno a cantaja cinque, cioè cantaja tre la grande, e cantaja due la piccola…”.
Nel luglio del 1815, trovandosi in città l’artefice Cesario Pellicciotta, chiamato dalla Congrega del SS.mo di S.Pietro per fondere la campana seconda della chiesa, il decurionato approfittò di questa presenza per far fondere la campana rotta esistente e un’altra campana rotta ceduta dal Capitolo di S. Giuseppe al Comune. Fusa la campana, non restava altro che riparare l’orologio e, nel novembre successivo, venne chiesto un preventivo al perito orologiaio Pasquale Mario di Agnone.
Lino Spadaccini
Come in quasi tutte le città italiane, anche a Vasto era presente un orologio con due campane, collocato sulla torre del palazzo comunale (dall’agosto del 1811 la sede municipale venne traslocata da palazzo Cancelliere, già palazzo Invitti, che dava sull’attuale Piazza Caprioli, nei locali dell’ex convento dei Clerici Regolari della Madre di Dio, attuale Curia vescovile).
In uso solo dopo il quattordicesimo secolo, gli orologi meccanici e le campane montate sulle torri civiche o sui campanili delle chiese, divennero un punto di riferimento essenziale per l’organizzazione della vita quotidiana, in quanto il trascorrere delle ore era scandito dai rintocchi delle campane percepibili anche nelle campagne a ridosso dei centri abitati. Nella seduta del consiglio dei decurioni del 5 settembre 1814, Pietro Muzii riferì all’assemblea che “…considerando che l’attuale campanile dell’Orologio minaccia di crollare… e considerando ben’anche che l’attuale macchina dell’orologio è tutta guasta, ed invecchiata per la lunghezza del tempo…”, e i decurioni a pieni voti deliberarono“…di trasferirsi l’orologio sud.° nel campanile della Chiesa di S. Giuseppe…”, dove tutt’oggi si trova. Ma i tempi per il trasferimento dell’orologio furono più lunghi del previsto.
Nella seduta del 4 aprile dell’anno successivo, il Muzii riportò in Consiglio le continue proteste della popolazione per la mancanza di un orologio adeguato alla città, essendo quello presente non funzionante da diversi anni. “I Signori Decurioni, conoscendo necessario che una Città di circa 9000 anime, nella quale vi esiste un solo orologio pubblico, abbia un orologio capace a servire per tutta la Città; e considerando ancora che dovendosi fondere la campana delle ore per essere rotta, riesca vantaggioso al Comune unirvi la campana piccola, a pieni voti ànno deliberato di fondersi le indicate due campane, e ridursi il peso di esse almeno a cantaja cinque, cioè cantaja tre la grande, e cantaja due la piccola…”.
Nel luglio del 1815, trovandosi in città l’artefice Cesario Pellicciotta, chiamato dalla Congrega del SS.mo di S.Pietro per fondere la campana seconda della chiesa, il decurionato approfittò di questa presenza per far fondere la campana rotta esistente e un’altra campana rotta ceduta dal Capitolo di S. Giuseppe al Comune. Fusa la campana, non restava altro che riparare l’orologio e, nel novembre successivo, venne chiesto un preventivo al perito orologiaio Pasquale Mario di Agnone.
Lino Spadaccini
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