San Biagio fu medico e vescovo di Sebaste, in Armenia, e
martire nel IV secolo presumibilmente sotto l'imperatore Licinio (307-323). Rimane
una figura piuttosto misteriosa in quanto la sua vita si trova per così dire in bilico tra la storia
e la leggenda: la documentazione storica è lacunosa, mentre le testimonianze
sono numerose.
A causa della sua fede venne imprigionato dai romani.
Durante il processo, si rifiutò di rinnegare la fede cristiana e per questo fu
straziato i con pettini di ferro, che si usano per cardare la lana. Morì
decapitato nel 316.
I fedeli si rivolgono a San Biagio in particolare per le
malattie legate alla gola. Si racconta, infatti, che durante una persecuzione
contro i cristiani, Biagio venne processato e condannato a morte. Mentre veniva
condotto al martirio, una donna gli portò il figlioletto che stava soffocando
per una lisca di pesce che gli si era conficcata in gola. Il Santo Taumaturgo
salvò il bambino con la preghiera. Per questo motivo, ancora oggi in molte
chiese, durante la S.Messa i sacerdoti benedicono le gole dei fedeli con
l'imposizione di due candele incrociate.
San Biagio era molto venerato anche a Vasto, nella chiesa
del Convento di S. Spirito, dove sin dal 1573 era presente una cappella e dov’era
custodito un osso del Santo. Dalla soppressione del Convento, con real decreto
del 13 febbraio 1807, promulgata da Giuseppe Napoleone, la reliquia venne
trasferita nella Cattedrale di San Giuseppe.
Come ricordava Espedito Ferrara ne "Il nostro Calendario", a Vasto si
usava dire che
Tré ssènde fa pahìure:
Sande Varevìute (Sant’Antonio
abate)
Sande Freccìute (San Sebastiano)
Sande Cannarìute (San Biagio)
Questo perché il primo è padrone del fuoco, il secondo della polmonite ed
il terzo delle malattie della gola.
Secondo un’antica usanza, il giorno della festività di San
Biagio, i giovani regalavano alle loro fidanzate una ciambella chiamata "lu taralle".Tradizione,
questa, che ancora oggi continua in molti paese abruzzesi.
Lino Spadaccini
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