domenica 22 luglio 2018

Speciale Costa Vastese: (14) TRAVE E SCARAMUZZA con la mitica "BAGNANTE"



di Lino Spadaccini

Lo storico vastese Luigi Marchesani riferisce che "il bislungo masso immerso nelle acque, denominato Trave, è muro antichissimo, che per le incrostazioni sembra scoglio".  Più preciso nella descrizione è il capitano Michele Olivieri, che negli anni ’50, sull’Histonium di Espedito Ferrara,
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scriveva: "Nel fondo del mare a Scaramuzza, per levante dei due massi grandi di scogli, ad una distanza di circa venti metri e in una profondità di due metri, si osservano, con mare limpido, dei blocchi di fabbrica in mattoni e il più grande è di una lunghezza di circa venti metri per tre di lunghezza". Il cap. Olivieri, afferma che questi ruderi non sono altro che i resti di un antico molo: "Come ricordano i nostri vecchi pescatori di sciabica e pitarola, una linea di scogli si poteva osservare dal Trave fino a davanti alla Chiesa, linea che correva parallela alla costa, in mare a poca distanza dalla costa stessa, e al Trave si osservano tuttora dei massi di scogli in mare, a poca distanza dalla riva, di forma rettangolare, costruiti certamente dalla mano dell’uomo e per scopo di formare un porto".
A Trave si può accedere direttamente dalla spiaggia della Marina, facendo una bella passeggiata nell’acqua, oppure percorrendo il comodo tracciato ferroviario. Dalla statale 16, invece, si accede attraverso una comoda e imponente scalinata in acciaio, realizzata qualche anno fa per scavalcare la ferrovia. Oggi, che non passano più i treni, si può anche evitare di prendere la scala, scendendosul sentiero alla sua sinistra.Giunti all’ex tracciato ferroviario, ancora una comoda scalinata, scavata nel terreno, ci permette di accedere direttamente sulla scogliera.
A Trave non c’è una vera e propria spiaggia, ma piccole baie e insenature ricche di scogli. Da uno scoglio molto alto, facilmente raggiungibile, si può ammirare la trasparenza dell’acqua: quando il mare è una tavola sembra che le pietre escono fuori dal mare, tanto essa è limpida.
Sul lato nord spicca il primo trabocco della costa, di recente costruzione, mentre verso sud la costa prosegue con la scogliera di Scaramuzza, cosìchiamata perché un tal Pietro Scaramuzza, proprio in quella zona, aveva il diritto di carico e scarico delle merci.
Sullo scoglio più grande, a largo di Scaramuzza, si erge imponente ed elegante il Monumento alla Bagnante. Nata dall’idea del Comune e dell’Azienda di Soggiorno e Turismo guidata dall’avvocato Roberto Bontempo, l’opera, fusa nel bronzo, alta tre metri e sessanta, per mezza tonnellata di peso, è stata realizzata dallo scultore ortonese Aldo D’Adamo.
Tutta la costa vastese è davvero straordinaria con le tante baie e insenature, una diversa dall’altra, ognuna con il suo fascino e con le sue peculiarità che la rendono davvero unica.
Dobbiamo tenerci stretto questo grande patrimonio che abbiamo, saperlo valorizzare, ma anche salvaguardarlo dalla cementificazione e dalla mano, spesso distruttrice, dell’uomo.
A questo luogo il poeta Nicola Del Casale ha dedicato un sonettodal titolo La váuce de luTräve:

Quäsce ‘navàuce ch’aèsce da ll’âcche:
J’ë sé’ luTräve - dëjce - e nì’mmispâcche.
La fräneasciagne, préme, scrépe, abbotte
embé, j’ë’ m'aritëjreappàjne che smotte.

Lu muràjjàune, li scujje, li préte,
gna le sindëjve: - Piccàtü vi’ ‘rréte?
- dëjce a lu Trave.- Si vve’ la suluâgne
sëcchemurëjme senz'âcche ch'abbâgne.

Lu sbâtte e sciâcche de ognemmumuende
mé’ j'arifrasche a lusuàule che cchéuce;
si tt 'addaresse, cripämenghenniende !

E luTräve, ngazzüuse a ‘sti préce:
- Vü’, si cchiü’ ppréme la fräne, e la ggende,
v'arifriscäte a lupuàzze de Céuce! -

Chiudiamo con Il vecchio trabocco del trave, scritta dal poeta Renato Terpolilli, pubblicata nel volume Vele e fantasmi.

Tanti gli anni che non tornavo
In questo lembo dell'oriente,
tanti, dalla mia infanzia,
che non ricordo ormai.
Trovo ancora gli scuri
grovigli di roccia
distesi verso le acque
non più d'alga odorose.
Il trabocco: ancora lì
sugli esili, contorti
tronchi fissi sui bruni
Scogli fitti di mitili;
ma non vedo calare
la rete dai nodosi
tronchi, non odo stridere
il rugginoso argano,
né riecheggiare gli urli
del traboccante che gira
come un pazzesco strombo
il palo cigolante.
A tratti il mormorio dell'onde
lambire spumeggiando
le scarne palafitte
sotto lo spoglio assito
e il grido del gabbiano,
ancora più rauco,
perdersi lacerante
sul trabocco deserto.



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