giovedì 10 novembre 2016

LA TINTORIA ROMANA DI C.DA TORRICELLA

UNA FULLONICA (FOTO DI REPERTORIO)
UNA RICOSTRUZIONE STORICA DELLA "FULLONICA", DOVE DI TINGEVANO E SI AMMORDIVANO I TESSUTI DI LANA, FACENDO ANCHE USO DELLE ... URINE RACCOLTE IN CITTA' ! 

di GIUSEPPE CATANIA
La città del Vasto, l'antica Guasto d'Aymone, in origine era nota come Histonium. Tale nome si fa derivare dall'antica parola latina"histona" che vuole dire tela, tessuto di tela, panno. Varrone (Lib.l cap.2) ricorda: " Ut si habeas plures in fundos textores atque institutos histonas" alludendo ai
numerosi opifici che esistevano in tutta la regione Frentana, quando cioè la nostra città divenne colonia dei Siracusani, dei Sanniti, dei Romani.
La lavorazione della lana 
Evidentemente il vocabolo deriva dal greco " istonios " che, infatti, significa "piccolo lanificio "(da stone da io suffisso diminuitivo). Se poi si vuol dare credito ad un'altra ipotesi, secondo cui in antichi testi si legge la parola "Istanio", si può agevolmente ritenere che in questa località si facesse uso di "telai verticali”, tesi avvalorata dal termine greco "ista", da cui " iston ". che deriva da "istamai", che vuol dire "stare dritto ", riferito a quel tipo di telaio adoperato per tessere. Quindi, il primitivo " istanios ", tramutato in "istonios", a seguito dell'avvicendamento dei popoli latini, divenne "Histonium". Nelle trascrizioni la parola "histonium" subì numerose variazioni e deformazioni, come histonias, hisconium, bisconiurn, fino a stonio nel 1045. Confermato così che a Histonium esisteva una fiorente industria per la produzione e la lavorazione della lana, fonte di importanti traffici ed elevate entrate economiche, è il caso di rilevare che anche la ricchezza del bestiame favoriva l'uso delle lane che venivano tessute per le vesti ed i tappeti. Lo storico e geografo Strabone (lib.Vl, pag.196), parlando del territorio del Sannio precisa: “tutto questo paese è molto abbondante di ogni cosa e per cavalli, e per pecore buonissimo; la lana vi è più molle che quella di Taranto, ma non cosi fina, le valli che sono per le pianure fanno la contrada dilettevole ". In una lettera scritta nel 1145 (cfr. Pollidori " De Art. Frent.), si fa menzione che il clerico Arnulfo, comunica all'Abate di San Giovanni in Venere di fargli tessere una tela lunga cento braccia, “juxta mensuram pubblicam et approbatam in Istonio ". Cioè dalle dimensioni che erano in vigore nella località. 
Una delle nicchie della lavanderia in loc. Torricella
(archivio G. Catania)

Una tintoria con le alghe 
L’installazione di un lanificio Istonio era favorita da altri elementi naturali, oltre l'abbondanza di pecore e la dovizia dei pascoli: la prossimità del mare. Infatti, questo particolare consentiva, non solo gli scambi commerciali e per il trasporto delle materie lavorate, ma anche altri vantaggi. . Infatti, dalle vicine isole Tremiti traevano le alghe purissime per dare un bel colore alle lane, come si faceva a Creta (Plinio: XXXII, cap. XXII: Laudatissima (alga) quae in Creta insula juxta terram in petri nascitur tingendis etiam lanis ita colorem alligans, ut elui partem, non possit). loris differentian quum sit usus magna: quoniam inficiendis claro colore lanis candidem lignidumque utilissimum est contraque fuscio aut obscuris, nigrum). Per ottenere panni pregiati di lana, si importava la porpora dall'isola di Coo. L'acqua del mare, poi, era assai indicata per guarire la malattia della scabbia, che colpiva le pecore, e per ammorbidire le lane (Plinio XXXI cap.XXXIII: Pecorum quoque scabiaem sanat (aquae marinae) lanasque emolliunt). 

La "Fullonica" di Istonio
A Istonio era dunque diffusa l'arte (inventata da un certo Nevio Megarese) di follare i tessuti, nella tecnica consistente nell'avvicinare e frizionare tra loro in acqua e sapone, ripetutamente, le fibre dei tessuti di lana per renderle morbide e resistenti. Un tale sistema ai lavorazione venne appreso dai Greci. Certamente a Istonio esisteva in quell'epoca un'officina di tal genere che si chiamava " Fullonica " (Fullonium), da cui "follare ". Una fabbrica di tal genere è stata scoperta durante gli scavi di Pompei. Dove era, dunque la" Fullonica "a Istonio? Nelle considerazioni storiche ed archeologiche di Luigi Manzi (Origine ed i primi secoli di Istonio oggi Vasto d'Aymone - Città in Abruzzo Citeriore - Napoli 1880). si ha la convinzione che sorgesse in località " Castello di Torricella ". 

Il lavatoio di contrada Torricella
Qui, infatti, sono le tracce di un pavimento di " piccole mattonelle connesse a spina di pesce, poi una vasca di durissima fabbrica a mattoni e intonacata dalla ferrigna calcina degli antichi, priva di smaltitoio, lunga sei palmi e larga quattro". In effetti, a oriente di questa località si scopre una parte di costruzione che lascia vedere alcune nicchie semicilindriche incavate in successione. Qui esistono tre canali aperti, che servivano, appunto alla " Fullonica ". Infatti, "la vasca era il lavatoio, nel quale si mettevano i panni col solo lavarli e sciacquarli e i semicilindri incavati corrispondevano alle nicchie tra le quali erano i fulloni ". 
Particolare dello smaltitoio

Come rendere morbida la lana 
Si trattava di un sistema alquanto ingegnoso: due cilindri di legno montati su molle aventi velocità diverse di rotazione, attraverso le quali si fanno passare e ripassare i tessuti bagnati con acqua e sapone da follare. L'acqua veniva introdotta dai canali e cosi il sudiciume veniva a galla ed era espulso. Nei folloni veniva introdotta acqua mischiata ad orina {Plinio XXIII cp. 18) precedentemente raccolta in vasi, appositamente disposti lungo le strade. 
La Fullonica di Istonio aveva il vantaggio di scaricare direttamente le acque di risulta nel mare. La ulteriore conferma di una tale ubicazione si ha nel fatto che nel 1644 la contrada Castello di Torricella, era anche chiamata Lavanoio. cioè lavatoio. Nelle sue " Memorie delle antichità di Vasto, il Viti, accennando alla muraglia del "Trave", dice essere " quella pur nel lido dove si dice lavanoio ". E non è a caso che Trave e Torricella siano alquanto vicine, almeno sulla costa. 
GIUSEPPE CATANIA

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