giovedì 21 gennaio 2016

EMPITI RISORGIMENTALI NELL'ARTE DI FILIPPO PALIZZI


di GIUSEPPE CATANIA

Filippo Palizzi pittore vastese animalista di grande sensibilità, amante della natura che prediligeva con profonda e innata spiritualità, quasi che la sua anima si immergesse nel fascino e nel segreto del creato. Ma un aspetto ancora inedito di Filippo Palizzi deve essere ancora del tutto posto in risalto, perché l'artista condivise gli empiti risorgimentali, non solo attraverso alcuni suoi dipinti dedicati agli avvenimenti politici che ebbero culmine nei moti del 1848 che travolsero gli italiani in
quel particolare clima.
Nell'ambito della Mostra su Filippo Palizzi nel centenario della sua morte allestita nella Pinacoteca dei Musei Civici di Palazzo d'Avalos di Vasto nel 1999, giova sottolineare anche un aspetto singolare dell'arte di Filippo Palizzi.

Indubbiamente non possiamo affermare che il pittore vastese abbia avuto parte attiva in quel movimento politico che contribuì a rendere incandescente il clima italiano, con particolare riferimento al Regno delle Due Sicilie. Ma occorre sottolineare come nell'animo del pittore vastese albergasse uno spirito vivace, impulsivo, se vogliamo, ispirato alla "Carboneria", da porre in relazione ai rapporti alquanto tesi con l'altro pittore vastese, Gabriele Smargiassi.
Filippo Palizzi ed il fratello Giuseppe non vedevano di buon occhio questo loro concittadino che, nato a Vasto nel 1798 era stato destinato alla carriera ecclesiastica, ma che poi, ancora giovane, si era recato a Napoli per apprendere l'arte della pittura. Vinto il concorso per l'insegnamento di paesaggio, subentrò al Pitloo, dopo la morte.

"Entrambi i fratelli - scrive Angelo Ricciardi (Filippo Palizzi e il suo tempo - Catalogo della Mostra - Palazzo D'Avalos - Vasto 10 Agosto - 30 settembre 1988 - Arte Grafiche "Il Torchio" - Firenze) non furono mai teneri nei confronti dello Smargiassi, non solo per le differenti posizioni in campo artistico, ma anche per l'odio che divideva le loro famiglie a Vasto, già prima del trasferimento a Napoli: i Palizzi erano di idee Carbonare, simpatizzanti ed amici del poeta Gabriele Rossetti e della sua famiglia, mentre gli Smargiassi erano considerati reazionari. Infatti uno di loro, probabilmente imparentato con il pittore, tal Nicola, era stato condannato a morte per aver partecipato, nel 1799, agli eccidi dei giacobini vastesi; da ciò era stato il risentimento dei Palizzi verso gli Smargiassi".

Gli eventi risorgimentali furono accolti da Filippo Palizzi con evidente slancio e non solo dal punto di vista emozionale. Egli, peraltro, contribuì a tracciare, in alcuni dipinti di profondo significato patriottico, taluni aspetti della rivoluzione partenopea.
Famose due piccole tele "La sera del dì 11 febbraio 1848 - Napoli" (n.r.d. Il popolo in Via Toledo inneggia alla Costituzione concessa dal re Ferdinando II); "Il 15 maggio a Napoli" (n.d.r. Il popolo in lotta cerca di difendere la Costituzione revocata con il tradimento del Borbone e del Parlamento Napoletano). Vi è anche un ritratto di "Giuseppe Garibaldi", ed un quadro "Gruppo di Garibaldini prima della battaglia del Volturno", nonché un dipinto intitolato "Il Principe Amedeo all'assalto della Cavalchina" ed un altro "Il Principe Amedeo ferito condotto all'ambulanza" e "La carica dei Cavalleggeri d'Alessandria".

Principe Amedeo



Dipinti che, come sovviene Angelo Ricciardi costituiscono tutta la produzione "storica" dell'artista, esente da ogni retorica, priva di generosità celebrativa, intesa soltanto quale contributo di un appassionato patriota alla conoscenza di fatti umani che sarebbero entrati nella storia del nostro tempo. Con tutta evidenza Filippo Palizzi venne coinvolto dalla foga degli eventi di quel momento ed il suo animo ne fu infiammato, tanto che nella lettera indirizzata al fratello Giuseppe descrive tutto il personale fervore per il verificarsi degli avvenimenti, inneggiando all'Italia, a Pio IX, al Regno delle Due Sicilie, alla Costituzione ed al Re Ferdinando II.

"Eccoci liberi - scrive Filippo Palizzi -. Gli italiani sono tutti uniti, formano una famiglia, si chiamano fratelli, caldi di amore patrio si preparano a sostenere i loro diritti e la gloria della quale sono stati sempre i figli prediletti".
Palizzi descrive, con dovizia di particolari, i moti liberali ed il "rigore della polizia", la rivolta di Calabria, le prime mischie, i feriti e gli arresti, "come il figlio di Torella, il duchino di Prato, Poerio, Del Re, Tronchera, Parisi, ecc.. Questi sono quasi i promotori: ciò non valse, l'opinione generale non si arrestò, viepiù fermentava". Ancora vivide le immagini descritte da Filippo Palizzi sulla rivolta di Palermo e quando tutto lasciava presagire per il bene del popolo, "Ma ecco, Sant'Elmo tira tre colpi di cannone ed innalza la bandiera rossa, segnale di guerra, bandiera di sangue".
La scoperta della congiura controrivoluzionaria di Del Carretto che d'accordo con il Code intendeva "massacrare soldati e popolo, il Re e la famiglia e salire lui sul trono".

Filippo Palizzi, come lo fu nell'arte che prediligeva il particolare, diviene cronista attento e scrupoloso degli avvenimenti di cui fu testimone.
"Se Iddio volle essere spettatore delle nostra felicità - scrive Filippo Palizzi - volle essere testimone del fatto tra il Re, il suo popolo. Alle otto del mattino il Decreto della Costituzione era affisso per i cantoni delle strade". Un "cronista" del tutto fedele alla realtà, un'artista che seppe illustrare alcuni momenti esaltanti della rivolta partenopea, trascinato da quel clima risorgimentale che inneggiava all'unità d'Italia, di cui Filippo Palizzi fu assertore, dimostrandolo con spirito libero, quello stesso che albergava nel profondo del suo animo, che gli era stato inculcato dall'educazione familiare, che seppe mantenere desto, quale fiamma che alimentò il suo ideale fino alla morte.
La sua fu intensa vita vissuta con senso di spiritualità vera, sorretta da valori immortali di umanità.

GIUSEPPE CATANIA

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