LA MOSTRA A PALAZZO D'AVALOS FINO AL 15 FEBBRAIO
di GIUSEPPE CATANIA
Puntata 2/3
A guardare i
ritratti c'è da rilevare che Vittoria non era nemmeno bella, ma vi è chi, come
Paolo Giovio, loda le sue doti fisiche:
di GIUSEPPE CATANIA
Puntata 2/3
“Tre sono le cose
che la natura sembra aver foggiato per destar meraviglia, o veramente esse
compongono un'armonia delle più belle, cioè gli occhi, le mani, i seni…”
Ma è noto che il
Giovio, insieme a Bernardo Tasso, Annibal Caro, Baldassarre Castiglione e lo
stesso Pietro Aretino, facevano parte
del salotto intellettuale della Marchesa.
Michelangelo, di
Vittoria invece scrive: "un uomo in una donna, anzi un dio per la sua
bocca parla”; e ne rimane affascinato durante gli incontri e le dispute
intellettuali a Montecavallo, nel "giardino, ai piedi di un lauro,
appoggiato all'edera verde che guarnisce il muro. (3)
appoggiato all'edera verde che guarnisce il muro. (3)
NOTA 3 "Vittoria
gli andò incontro per prima e sostò a piedi per parlare con lui sulla porta
della Cappella. Non se l’era aspettato così robusto. A prima vista aveva
in sé qualcosa di grezzo, come una forza segreta nascosta nel collo ampio, nella
mascella dura, negli occhi cespugliosi pieni di lampi improvvisi. E lei aveva
troppa consuetudine con piumati gentiluomini del suo mondo per non restarne colpita.(Le
Immortali-Vittoria Colonna- Franca Gambino, Mondadori - 1969)
Il 25 febbraio 1547
Vittoria Colonna si spegne e Michelangelo va per l'estremo addio; le sfiora la
mano con le labbra, mentre arde dal desiderio di baciarle la fronte. Scriverà
poi "mi voleva un grandissimo bene e io non meno di lei. Morte mi tolse un
grande amico”.
Eppure Vittoria
Colonna ardeva dal desiderio di conoscere Michelangelo, il pittore del Papa,
quando, morto lo sposo, si trasferì a Roma prendendo alloggio dalle Suore deli-
Convento Domenicano di S. Silvestro in Capite. Certamente non se lo aspettava
così robusto, dalla mascella dura, sguardo profondo, sopracciglia cespugliose, mani
grandi, tozze, dita a spatola.
Fu subito nutrita
la corrispondenza epistolare fra i due. Lei gli rivolgeva "Cordialissimo
mio S.Michel Agnolo", oppure "Unico Maestro Michelangelo e mio singularissimo
amico". Quando Michelangelo le inviò il Crocifisso,Vittoria Colonna così
scrisse all'amico: “Ho avuto la vostra e visto il Crocifisso, del quale certamente
non si può veder più ben fatto, più viva e più finita immagine..” io l’ho ben
visto al lume et col vetro et col specchio, et non vidi mai la più finita cosa...(4).
NOTA 4 “...via via parole di ammirazione accesa, osservazioni da intenditrice, complimenti
da esperta degustatrice di capolavori dell’arte, abbandoni religiosi quasi
mistici suggeritile dalla perfezione delle opere di lui e dal fervore del suo
cuore di devota. Il tutto tornito in periodi ornati e sognanti per degnamente
lodare il grande artefice, non senza lustro di citazioni latine” (Le Immortali -
op.cit.)
Nemmeno l'assillo
verbale, oltre che scritto e dimostrato nelle opere che furono oggetto di dono,
mossero Vittoria. Le sue risposte all'amico hanno sempre qualcosa di pudico,
anche se lasciano intravvedere un accento di malinconica passionalità.
"Mag.co
messer Michel Agnolo, sapendo la nostra stabile amicizia et legata in Cristiano
modo sicurissima affectione, prego quel Signore, del quale con tanto ardente et
umile core mi parlaste al mio partir da Roma, che io vi trovi al mio ritorno
con l'imagin sua sì innovata e per vera fede viva nel anima vostra come l'avete
dipinta nella mia Samaritana…”
E' indubbio che i
doni a "soggetto sacro" di Michelangelo non facevano altro che
infiammare in lei l'ardore della spiritualità, allontanando così il tormento
della carne. Una natura, quella di Vittoria Colonna, misurata, che riesce a
tener a freno, e con rigore, le proprie passioni. "Sperai che '1 tempo i
caldi alti desiri...”, non si potrà trattenere dallo scrivere con struggente
passione per le tante gioie non godute, inespresse durante il tempo coniugale, troppo
presto spezzato come una favola terminata in tragedia, sì da farle esclamare,
lontano il marito: Ei di me lieto, ed io beata in lui”. Ma sono solamente versi
dettati dalla tristezza, dalla solitudine e dall’abbandono.
II marito
Francesco Ferdinando D'Avalos, secondo la descrizione che ne fa Paolo Giovio che lo conobbe, ha natura diversa da quella
sognante di Vittoria: "Destro, fermissimo senza verun pigro sugo
spagnolissimo, sempre a combattere lontano".
A cinque anni il
padre Fabrizio, aveva già promesso Vittoria sposa al futuro marchese di Pescara,
Ferrante D'Avalos, allevato a Ischia, nel castello della zia e tutrice duchessa
Costanza D'Avalos.
Vittoria, appena
diciassettenne, andò sposa il 29.12.1509, perchè il padre anelava a concludere
un'alleanza con il marchesato di Pescara e, quindi, con la migliore nobiltà
blasonata di quel tempo.
Vittoria, pur
troppo, dovrà lamentarsi presto e con evidente rimpianto, anche presso il Re
Carlo V, che Ferrante, il suo "bel sol" preferisca a lei i campi di
battaglia e le glorie militari, anzichè "quietarsi" con lei (5)
NOTA 5 -"Vittoria a
quel tempo non s'era data alle lettere , non ci restano dunque testimonianze
sue dell'evento. Si può forse ragionevolmente supporre che non ancora ventenne,
fosse abbagliata della croce di diamanti e dai dodici braccialetti d’oro
offertile da Ferrante, dal fastosissimo "letto alla francese" dono del
padre Fabrizio, dalle sfilate di broccati, porpore, rasi, zibellini e ermellini che vedeva confluire
in gran copia nei suoi bauli di sposa" (Le Immortali - op.cit.)
"Il Marchese di Pescara, marito di Vittoria Colonna, con i suoi
archibugieri fu uno degli artefici principali della disastrosa e decisiva sconfitta
del sovrano francese Francesco I. "Francesco I fu fatto prigioniero e con
lui caddero nelle mani imperiali il re di Navarra, Enrico d'Albert, il
maresciallo di Montmoncery,mentre parecchi alti ufficiali, come Bonnivet, il
celeberrimo Monsieur de la Palice, Aubigny, La Tremoill, rimasti morti sul campo". ( I grandi della storia - Carlo
V - Cesare Giardini, Mondadori - 1970)
La storia non ci
ha fatto conoscere perché Vittoria Colonna non ebbe la gioia di essere mamma e,
forse, per trovare conforto e scopo nella vita, oltre a dimenticare il crudele destino
che l'aveva privata dello sposo e della maternità, allevò e designò quale suo
erede il cuginetto Alfonso D’Avalos del Vasto.
Lo madre mancata,
però, non sfuggi alle dicerie ed alle malelingue, ma seppe tener sempre testa
alle frecciate rispondendo: "Non sono sterile veramente, essendo nato dal
mio intelletto costui", alludendo
al suo figliolo adottivo (6).
NOTA 6 - "Vittoria sfogò il suo dolore poetando ed applicandosi alle lettere, ora a Napoli ora nell' isola di Ischia, ora in un monastero, da cui alla fine uscì per trasferirsi a Roma, ove, nel febbraio 1547, cessò di vivere. Essa fu il modello delle matrone e lo specchio delle virtù femminili". (Giuseppe Maffei - Storia della letteratura italiana -vol.2.Tip/Simoniana-Napoli 1849).
"Ferrante aveva un anno solo più di lei. Pare fosse un bel giovane,di
temperamento focoso. Era gran spadaccino, brillante uomo di mondo, amatissimo tanto
dai suoi soldati in guerra , che dalle belle dame nelle tregue di pace o
durante i tornei" (Le Immortali-op.cit.)
Luglio 1990, preludio al V centenario della
nascita di Vittoria Colonna (che si celebra nel 1992), segna il tempo di un
convegno internazionale dì studi, premio e mostra e sfilate di costumi ad
Ischia, patria elettiva della poetessa.
Tema del convegno
l'amicizia tra Vittoria Colonna e Michelangelo Buonarroti. Subito gli
interrogativi. Fu vero amore?
Uno lo ha posto
il prof. Romeo De Maio,Ordinario di storia del Rinascimento nell'Università di
Napoli e profondo studioso di Michelangelo.
Di che amore, dunque,
si potrà parlare? Michelangelo ebbe con Vittoria un rapporto platonico?
Fu un’amicizia
letteraria, fra artisti, dunque, una comunione spirituale?
L'amore
sviscerato, quasi delirante di Michelangelo, venne corrisposto da Vittoria?
Entrambi scrissero versi e per Michelangelo, all’inizio, è chiaro che fu un
autentico amore sensuale, anche se al contrario, la poesia di Vittoria Colonna
anela a superare la tempesta che pure sconvolge la sua vita tormentata (7),
NOTA 7 –“Ci sono cronisti prudenti, come quello che accenna a una tal ‘cintura di perle' e d'altre preziose gemme" trasmigrata dagli scrigni di Vittoria a quelli delle
bellissima vice-regina di Napoli, di cui Ferrante era strenuo ammiratore. E
a l t r i molto più espliciti che non fanno mistero di una "dama da lui
ingravidata" (Le immortali op . cit.)
Oh che tranquillo
mar, oh che chiare onde
Solcava già la
mia spalmata barca,
Di ricca e nobil
merce adorna e carca,
Con l'aer puro e
con l'aure seconde!
Il ciel ch'ora i
bei vaghi lumi asconde,
Porgea serena
luce e d'ombra scarca;
Ahi quanto ha da
temer chi lieto varca!
Chè non sempre al
principio il fin risponde.
Ecco l'empia e
volubile fortuna,
Scoperse poi
l'irata iniqua fronte,
Dal cui furor sì
gran procella insorge.
Vènti, pioggia,
saette insieme aduna,
E fiere intorno a
divorarmi pronte;
Ma l'alma ancor
la fida stella scòrge.
Evidentemente Vittoria non si aspettava,
quando conobbe Michelangelo, di incontrare un uomo così "robusto"
tanto che rimase turbata dalla segreta forza nascosta nel genio immortale dell'artista,
dal collo vigoroso, che ella riusciva a percepire nel profondo.
Giuseppe Catania
Continua Domani
Terza ed ultima
puntata
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