martedì 10 giugno 2014

Aeronautica: LE IMPRESE E I SUCCESSI DEL GEN. VITTORIO GIOVINE

di Lino Spadaccini
Generale di squadra aerea Vittorio Giovine

Spinti dai miti del cinema hollywoodiano e dai tanti giornaletti di guerra, gli aeroplani in generale e i piloti temerari hanno da sempre affascinato la fantasia dei bambini e anche dei meno giovani. Chi non ha mai sognato di pilotare un aereo della RAF contro i kamikaze giapponesi, oppure di essere al posto dello spericolato Tom Cruise nel film “Top Gun”.

Anche Vasto ha avuto nel passato dei temerari “top gun” e tra questi il più grande è senz’altro Vittorio Giovine.

Nato a Vasto il 30 settembre 1891 da Raffaele e Concettina Anelli, Vittorio rimase orfano di padre all'età di 2 anni. Dopo i primi studi compiuti a Vasto (tra i suoi compagni di scuola si ricorda anche Raffaele Mattioli), si trasferì a Chieti dove conseguì, con ottimi risultati, il diploma presso l’Istituto Tecnico di Chieti, nella Sezione Fisico matematica. Desideroso di entrare nella R. Accademia Militare di Torino, risultò primo fra 250 concorrenti. Superati
brillantemente i cinque corsi di studi, nell'agosto del 1914 venne assegnato al 18° Artiglieria da Campagna, col grado di sottotenente d’artiglieria. Nel marzo del 1915 chiese ed ottenne l'ammissione ad un Corso di Osservazione Aerea, riuscendo ancora una volta primo nella graduatoria.

Rientrato nel Reggimento, partì all'inizio del primo conflitto mondiale tra i cannonieri, col grado di capitano, ma venne subito richiesto dagli aviatori che già ne apprezzavano le ottime doti.

Il 18 giugno del 1915, in una lunga lettera alla madre, così raccontava le prime esperienze sul campo: "Non posso dirti dove precisamente mi trovo, ma ti basti sapere che sto benissimo, contentissimo. Non vedevo l'ora di volare, ed ho volato e volo tutti i giorni al di sopra del terreno dove maggiormente ferve il combattimento. Che grandioso spettacolo: fanterie annidate, fuggenti, incalzanti; artiglierie potenti che squarciano le rocce sotto i maestosi acciai scoppianti. La mia quota normale di ricognizione è di 2000 metri, ciò non ostante vedo attorno al mio leggiadro velivolo scoppiare qua e là proiettili di cannoni controaerei.

Proprio oggi una bella fumata bianca e rossa ho visto scoppiare a 50 metri dal mio aeroplano. Oh! Come è meschino l'austriaco sotto i nostri occhi! Di tanto in tanto appare un velivolo nemico, noi lo rincorriamo, esso si dilegua. Sono stato assegnato ad una squadriglia di monoplani… i migliori aeroplani del mondo, sotto tutti i rapporti: velocità, stabilità, manovrabilità. Figurati che io mi metto in piedi sul seggiolino aggrappandomi con le mani ai montanti superiori dell'apparecchio. Ti assicuro che nell'aria mi sento un Dio, e capirai bene che 2000 metri sono un'altezza rispettabilissima". La lettera, pubblicata sulla "Rivista Italiana di Aeronautica", è molto dettagliata e appassionata, in alcuni passi da quasi l'impressione che sia stata alterata ed utilizzata come mezzo di propaganda dell'Aeronautica. Dopo aver spiegato il suo compito di "osservatore", manifestò tutta la sua gioia ai limiti dell'esaltazione: "Vedevo gli scoppi abbastanza vicini e ridevo di scherno e di stizza". Ed ancora: "La guerra dall'alto è straordinariamente bella ed emozionante: sei veduto da tutti, tutti ti tirano addosso; tu godi di questo allarme, e navighi felicemente in una atmosfera di calma […]. Come vedi ho ragione di divertirmi immensamente; un giorno volo, un altro magari raggiungo in automobile le batterie più avanzate per osservare sotto il fuoco nemico le segnalazioni di quelli che volano. La vita è variata e bellissima. Io godo il fiore della guerra moderna, vedo tutto, vado dove altri non possono andare, so per primo cose che altri attendono da me. Il rammarico di aver lasciato per quanto temporaneamente la Batteria è grande, figurati che ho dovuto lasciare anche il cavallo che ho affidato ad un altro mio attendente, ma tale rammarico è ben compensato dalla gioia che mi procura l'aviazione, che se in pace è bella, in guerra è splendida. È bensì vero che i pericoli sono un po' aumentati sia per il mezzo in se stesso, sia perché ci si fa bersaglio di molti nemici, ma l'atmosfera è così inebriante che non si pensa a ciò. I miei colleghi aviatori sono gentilissimi. Ti giuro che se per me continua così, ho risoluto il piccolo problema della guerra, quello cioè di procurarsi entusiasmo: andrei anche a Vienna in aeroplano incontro a qualsiasi nemico: si capisce bene che chi non ha paura del vuoto, come l'aviatore, non può preoccuparsi di alcun nemico". L'auspicio di volare sulla capitale austriaca, a causa di un banale incidente, non si avverò, ma su questo episodio torneremo più avanti.

Erano anni sicuramente problematici per l'Aviazione, con i primi aerei da guerra difficili da manovrare e con il rischio di incidenti molto elevato. Alla sua terza missione, l'aviere vastese cadde ferendosi al volto. Ma dopo pochi giorni passati in ospedale, chiese insistentemente di riprendere il volo per compiere il proprio dovere.

Durante la battaglia di Gorizia, nell'agosto 1916, a causa di un improvviso guasto all'apparato radiotelegrafico fu costretto a liberarsi degli indumenti di volo per eseguire le necessarie riparazioni, allo scopo di non abbandonare la ricognizione. Il vento e la pioggia lo privarono dei sensi e il pilota obbedì all'ordine di rimanere ancora in volo fino a quando non avesse ripreso i sensi. Giovine rinvenne presto e la ricognizione fu portata a termine con ottimi risultati. All'aviere vastese venne concessa la medaglia di bronzo al V. M. con la seguente motivazione: "Nonostante grave incidente aviatorio occorsogli dopo le prime ricognizioni, compì numerosi voli, segnalando posizioni di batterie nemiche ed aggiustando su di esse efficacemente il tiro della nostra artiglieria. Comandante di squadriglia, volò più volte in condizioni difficili di atmosfera e nonostante il fuoco nemico che colpì l'apparecchio. Il 16 agosto in volo sopra Monte Santo, benché preso da malore, per sentimento del dovere continuava le ricognizioni per ben tre ore, radiotelegrafando precise informazioni sul movimento delle retrovie e sull'andamento del nostro tiro. Carso, maggio 1915 agosto 1916".

La guerra non dava tregua. Nel settembre del 1917, partito dal campo di Belluno con l'obiettivo di bombardare la stazione ferroviaria di Toblach (Dobbiaco), attraverso le impervie montagne del Cadore, gli andò in panne il motore, proprio mentre sorvolava le dolomiti. La situazione critica non permetteva indecisioni o tentennamenti: c'era il carico di bombe da sganciare per tentare un atterraggio di fortuna, ma la zona sottostante era italiana. Il Comandante Giovine ordinò al pilota di dirigersi sul Ghiacciaio dell'Antelao, la cui cima raggiungeva i 3000 metri. Sganciate le bombe in zona deserta, riuscirono ad evitare le collisioni con le cime rocciose e atterrare indenni in un campo del fondo valle. Per l'occasione il Comandante Giovine ottenne la medaglia d'argento al V. M. con la seguente motivazione: "Comandante di squadriglia, dava costante esempio di attività e di coraggio. Ottimo ufficiale osservatore, compiva importanti ricognizioni ed osservazioni di tiro. Rientrò più volte coll'apparecchio colpito da tiro antiaereo. In incidente di colo dimostrò calma esemplare. Cielo della Bainsizza, maggio 1916. Cielo di Cadore novembre 1917".

Vittorio Giovine non lasciò mai il fronte caldo del conflitto, partecipando in prima linea alle battaglie sul Piave e sul Grappa. Dopo i combattimenti del Piave e del Montello del giugno 1918, S.E. il Gen. Giardino, comandante dell'Armata del Grappa rivolse al Comandante Giovine ed ai suoi ufficiali del 2° Gruppo Aeroplani un encomio, perché "nella crisi materiale e morale causata da diversi gravi incidenti avvenuti all'apparecchio Pomilio, ben compresi dell'importanza capitale del compito loro affidato e della necessità che non si diffondesse tra gli Aviatori la sfiducia in momenti così gravi per la Patria, hanno serenamente continuato nel loro compito intensificando anzi il lavoro". Una speciale menzione venne rivolta al Giovine per "l'alto e sereno spirito del dovere intelligentemente e profondamente sentito".

Durante la battaglia di Vittorio Veneto il Comandante Giovine meritò ancora un encomio perché "attraverso gravi difficoltà, a causa delle pessime condizioni atmosferiche che ostacolavano fortemente la navigazione, conduceva in gruppo compatto oltre 20 aeroplani a mitragliare e bombardare truppe nemiche nella valle del Piave, nella conca di Feltre e Belluno con effetti efficacissimi, soffermandosi a lungo sulla zona e facendo ritorno in gruppo al campo, esempio magnifico di perizia tecnica e di calmo sereno coraggio".

La medaglia di bronzo al V. M., la terza ottenuta da Vittorio Giovine, portava la seguente motivazione: "Osservatore dall'aeroplano, comandante un Gruppo di Squadriglie, seppe trasfondere nel personale dipendente tutto il fervido amor patrio, tutta la fede nella vittoria, tutto l'alto spirito del dovere che il suo giovane animo generoso nutriva. Nei giorni gravi di avvenimenti, radunò intorno a sé e trascinò in schiera compatta i suoi aviatori, in difficilissime condizioni atmosferiche, a bombardamenti e mitragliamenti sui campi di aviazione, su colonne in marcia, su centri di vita avversari. Cielo del Grappa, di Feltre, del Piave, luglio-ottobre 1918".

Nell'agosto del 1918 Gabriele D'Annunzio decise di celebrare il quarto anniversario della guerra scatenata dall'Austria, con un atto di straordinaria audacia, il volo su Vienna. Anche Vittorio Giovine doveva essere tra i componenti dello stormo. "Giunse egli a far parte della «Serenissima», la famosa Squadriglia dello storico volo su Vienna, comandata dal maggiore Gabriele D'Annunzio e dal Capitano Natale Nalli, ma, appena prima di decollare, per un banale guasto al motore, cadde riportando il braccio sinistro anchilosato". L'episodio è raccontato su L'Apicoltore d'Italia, volume 4, del 1937.

Alle ottime doti di ufficiale osservatore, Vittorio Giovine aggiunse quelle di pilota, con il brevetto conseguito nel 1925 a Centocelle. Dopo il diploma in Costruttore Aeronautico e la promozione a Tenente Colonnello, nel 1926 Vittorio Giovine occupò la carica di Direttore del Corso Superiore d'Aeronautica di Roma. Nell'ottobre dello stesso anno convolò a nozze con Maria Maddalena Galeotti. Testimoni dello sposo il Gr. Uff. Gelsomino Zaccagnini e il Dott. Francescopaolo Giovine.

Nell’estate del 1930 venne trasferito in un importante aeroporto del nord dove assunse il comando di uno Stormo da Bombardamento Notturno.

In occasione delle nozze di Umberto di Savoia e Maria Josè del Belgio, per aver comandato la divisione aerea nella rivista fatta nel cielo di Roma, venne insignito da S. M. il Re Alberto del Belgio della onorificenza di Commendeur de l’Ordre de la Couronne.

Agli inizi del 1933 un incidente di volo poteva costargli la vita. A bordo di un velivolo da turismo subì un improvviso arresto del motore, causato probabilmente da una ostruzione alla tubazione di benzina. Era da poco decollato e si trovava a circa trenta metri d'altezza, ma grazie alla notevole esperienza ed anche ad una buona dose di fortuna, riuscì a portare a casa la pelle. Ecco come venne descritto l’episodio sulle pagine de Il Vastese d'Oltre Oceano: "Un secondo per decidersi, pochi secondi per eseguire. Sbandò decisamente l’apparecchio a destra e con manovra calma e, a detta dello stesso Ufficiale, con un pizzico di fortuna riuscì a inchiodare il velivolo in giusta posizione ma alquanto violentemente da quella parte dove il campo presentava ancora un piccolo spiazzo utilizzabile, arrestandosi così con una innocua capottata a venti metri dal precipizio". Tanta paura e qualche piccola contusione, ma appena uscito dai rottami era già su un altro aereo preoccupato di non presentarsi in ritardo ad un importante appuntamento.

Questo non è il solo incidente: già quattro anni prima il nostro Giovine, decollato dall’areodromo F.Baracca di Roma, diretto a Napoli, dovette compiere un atterraggio di fortuna nei dintorni di Terracina, a causa della rottura di un tubo dell’acqua, che causò il surriscaldamento del motore.

Ingegnere, comandante di gruppo nello Stato Maggiore Aeronautico e comandante della scuola di aviazione civile di Roma, nel 1935 venne promosso Generale di Brigata, mentre nel 1942 Generale di Squadra Aerea. Subito dopo venne nominato comandante dell’Accademia Aeronautica di Caserta, carica che ricoprì per tre anni, dall'ottobre 1936 al settembre 1939, mentre dal 1942 al 1943 ricoprì il ruolo di Capo del Personale del Ministero dell’Aereonautica.

Nel 1947 Vittorio Giovine venne messo in pensione, ma grazie alla sua notevole esperienza fatta sul campo, proseguì un’intensa attività di conferenziere e saggista in materia di aviazione. Venne anche chiamato per altri importanti incarichi, come insegnante in corsi per ufficiali generali e presidente del Registro Aeronautico.

Tra i suoi scritti si ricordano Sulla costruzione di una carta aeronautica (1926), Il problema dell'atterramento nella nebbia (1930), Guerra aerea o guerra terrestre? (1932), Il tiro dall'alto (1940), Il fattore aereo nella guerra attuale (1942).

Ritiratosi a vita privata a Roma, Vittorio Giovine mantenne un forte legame con la sua città natale attraverso numerosi articoli e lettere scritte per il periodico Histonium diretto da Espedito Ferrara prima, e per il mensile Vasto Domani diretto da Angelo Cianci poi.

Il Generale di Squadra Aerea Vittorio Giovine si spense, nella sua abitazione romana di Via Aristide Sartorio, il 22 agosto del 1982.Il poeta e pittore vastese Carlo Palmili, nella metà degli anni '20, in seguito ad un incidente di volo, dedicava "A Vittorio Giovine" questa bella poesia:

Qual miracolo resse quel volo,
o Vittorio, d'ignoto destino?
Tu violasti la pace del cielo
col rombo potente,
per sfidare i misteri de l'aria!
E vedesti i fratelli lontani,
che vegliano ne l'ansia sospesi…
E vedesti il nemico rincorrerti
senza posa, cercarti e fuggire…
E tornasti, o fratello dell'alma,
nella notte di stelle e di fuoco,
quando intorno a te si serravan,
per colpire il tuo petto di ferro!...
Chi può offrirti premio maggiore,
or ch' ài vinto la prova più dura?
O Vittorio! Ogni sogno ti rende
men dolce,
la grande realtà che vivesti!...
Il silenzio di gloria ci vince:
e offrïamo corone al tuo cuore,
che lanciò,
ai fratelli protesi in ginocchio,
il saluto fiammante d'Italia!































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