venerdì 6 aprile 2012

Oggi Venerdi' Santo: Processione del Cristo Morto



di Lino Spadaccini
Il Venerdì Santo è il giorno del dolore e del lutto universale, ma è anche giorno di digiuno ed astinenza dalla carne. Tra le 15 e le 17 del pomeriggio, nelle chiese vastesi si svolgerà il rito della Passione, sostanzialmente divisa in tre parti: la liturgia della parola, con la lettura della Passione secondo S. Giovanni, l’Adorazione della Croce e la santa comunione. Al termine i fedeli in silenzio scioglieranno l’assemblea.
Questa sera alle ore 19,15 si svolgerà la tradizionale processione del Cristo Morto lungo
le vie del centro storico. Dalla chiesa di Sant’Antonio di Padova si formerà la lunga processione con i simboli della passione: il gallo, i dadi, gli strumenti della flagellazione, la Veronica, la Croce e la Madonna Addolorata. Saranno presenti tutte le confraternite cittadine, altri gruppi religiosi e la Schola cantorum, diretti dal maestro Luigi Di Tullio, che intoneranno lo struggente Miserere del Perosi.
Domenico De Luca (1817-1881), poeta e drammaturgo vastese, ha scritto una poesia molto bella dal titolo “La mattina di Venerdì Santo del 1850”, conservata manoscritta nell’Archivio Storico “G.Rossetti”:
                       1°
Era un giorno di grave dolore
   Per la Chiesa e pei fidi credenti:
   Ricorreva quel di che’l Signore
   Sulla Croce ne venne a morir,
   E le colpe di tutte le genti,
   Egli solo pagava il fallir.
Mi recavo dolente ancor io
   Quella mano ai Santissimi siti:
   Lo squallor della casa di Dio
   Oltremodo ferale ne appar;
   Sacerdoti di lutto vestiti
   Disadorno e scomposto l’altar.
Pria di Cristo lo strazio, la pena
   Si cantò con mestissima voce:
   Poi si venne alla tenera scena
   Di svelare la faccia al Signor,
   Si depose alla fine la Croce
   Onde ognuno l’adori in suo cor.
                        2°
Un amabile donzella
   Assisteva a quei misteri:
   Innocente insieme e bella
   Come un Angiola del Ciel,
   Nascondeva gli occhi neri,
   Si copria d’un bruno vel.
Quando vidi i Sacerdoti
   Con piè scalzi e mesto aspetto,
   Inchinarsi assai devoti,
   e baciare a Cristo il piè;
   Fui compreso da diletto
   Per la nostra Santa fè.
Ma volgendo in quell’istante
   Ver Colei lo sguardo mio,
   Mirai bene il suo sembiante,
   E la vidi lagrimar:
   A quel pianto, piansi anch’io
   Fui costretto a sospirar.
Però dissi meco stesso,
   Perché piansi o Giovinetta?
   Nel tuo viso io veggo impresso
   Il candor della virtù.
   Sei tu bene un Angioletta,
   Fallo alcuno non ài tu.
Ella pianse… e quindi il ciglio
   S’asciugò nascosamente:
   Il suo volto pria vermiglio
   Si coperse di pallor;
   Non sembrava una vivente,
   Ma la statua di dolor.
Una fede sì sincera,
   Ridestammi in petto allora
   Dell’etade mia primiera
   Quella semplice pietà,
   Che cotanto n’innamora,
   Che l’eguale mai non à.
Da quel di mi sento in seno
   Più fermezza e più costanza.
   Il mio spirito è sereno
   Nuova forza sento in me;
   Chi ripone sua fidanza
   Nella fede, avrà mercè.
Benedetto sia quel pianto
   Ch’io ricordo e (…) e sera;
   Si soave fu l’incanto
   Che trasfuse nel mio cor;
   Ch’ogni dì nella preghiera
   Per Colei ne prego ancor.



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