OMELIA TE DEUM 2024
di don Domemico Spagnoli
Tutto questo, insieme alla particolare cura che
cerchiamo di mettere nei vari momenti celebrativi, rende ancora speciale il
nostro appuntamento.
Pensare che generazioni e generazioni di vastesi
si siano ritrovati qui, nell’ultimo giorno dell’anno, cantando e pregando per
affidare le loro vite al Dio di ogni misericordia, arricchisce di una
particolare suggestione questo momento.
Mi permetto allora di consegnarvi alcuni spunti
di riflessione alla luce del tempo che stiamo vivendo, attingendo anche dall’opportunità
offerta dal Giubileo ordinario inaugurato da Papa Francesco sul tema
“Pellegrini di Speranza”.
Un giubileo è un momento di ripartenza in cui si può
approfittare della Grazia di Dio che ci rigenera, ci risana e ci sprona a
cambiare vita senza bloccarci negli errori del passato, preparando i passi
verso il futuro. Pur tuttavia se il Papa ha voluto dedicare il cammino alla
virtù teologale della speranza è perché la ritiene particolarmente urgente.
Si pensi alle tante notizie che oggi potrebbero spegnere la
speranza:
1. Nel mondo, oltre quelli più noti in Ucraina e sulla
striscia di Gaza, vi sono 56 conflitti attivi, il numero più
alto mai registrato dalla fine della Seconda guerra mondiale. (È il dato che
emerge dall’edizione 2024 del Global
peace index, pubblicato a giugno
dall’Institute for Economics & Peace).
2. Nel solo 2024 l’Iran
ha arrestato almeno 644 donne per uso improprio del velo (secondo
l’associazione Hrana) e fra queste attualmente anche la giornalista italiana
Cecilia Sala per le sue inchieste. Nel mondo la violenza interessa 1 donna su 3
e in Italia, i dati Istat mostrano che il 31,5% delle donne ha subìto nel corso
della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Le forme
più gravi di violenza sono esercitate da partner o ex partner, parenti o amici.
(Dati del Ministero della Salute, 25/11/2024).
3. Cresce nella nostra Nazione il consumo di alcool tra i giovani - soprattutto fuori pasto e in modo
smodato - in un arco temporale di solito ristretto a 2-3 ore provocando sempre
più spesso danni a persone a volte letali. La commistione con le droghe induce
poi oggi ad una maggiore e diffusa violenza fra le strade e nelle mura
domestiche.
4. L’Italia è sempre più
sotto scacco della crisi climatica. Nel 2024, e per il terzo anno
consecutivo, sono stati oltre 300 gli eventi meteo estremi che hanno colpito la
nostra Penisola, arrivando quest’anno a quota 351. Un numero in costante
crescita negli ultimi dieci anni: il 2024 ha visto un aumento degli eventi
meteo estremi di quasi 6 volte, +485% rispetto al 2015.
Sono solo alcuni dei fattori che ci inducono a rattristarci e
a far affondare la speranza.
Dimentichiamo però che la speranza è per il cristiano una virtù teologale, ossia un dono di
Dio, che ha la sua sorgente in un Altro, non è fondata sull’uomo. Simbolicamente
infatti viene rappresentata come un’àncora:
un peso che mantiene ferma e sicura la nave quando giunge sulla terraferma e
che, nel Nuovo testamento, è rimando alla fiducia nelle promesse di Dio: grazie
al mistero pasquale, si identifica con Gesù che, con la sua croce e
risurrezione, ha condotto i credenti nella terraferma della comunione con Dio,
dove egli è entrato per primo. Se dipendesse dall’uomo non avremmo insomma motivi
per sperare, ma volendo fondare la nostra vita in Dio e affrontare il futuro
con Lui, possiamo sperare. Qui la grande e fondamentale differenza tra lo
sperare meramente umano e la virtù della speranza.
La stessa bolla di indizione del Giubileo al numero 1
afferma: “Tutti
sperano. Nel cuore di ogni persona è
racchiusa la speranza come desiderio e
attesa del bene, pur non sapendo che cosa il domani porterà con sé.
L’imprevedibilità del futuro, tuttavia, fa
sorgere sentimenti a volte contrapposti: dalla fiducia al timore, dalla
serenità allo sconforto, dalla certezza al dubbio. Incontriamo spesso persone
sfiduciate, che guardano all’avvenire con scetticismo e pessimismo, come se
nulla potesse offrire loro felicità. Possa il Giubileo essere per tutti
occasione di rianimare la speranza. La
Parola di Dio ci aiuta a trovarne le ragioni.”.
La Parole di Dio, infatti, ci aiuta a fare memoria dell’azione di Dio nella
nostra storia e così fare un esame di ri-conoscenza.
Nella lingua italiana la riconoscenza ci ricorda che per vivere la gratitudine
bisogna ri-conoscere il bene ossia conoscere di nuovo, meglio, più approfonditamente,
senza darlo per scontato. La riconoscenza ci rende felici mentre l’irriconoscenza
è infelicità: bisogna porre attenzione – come scrive Alessandro D’Avenia sul
Corriere della Sera di ieri - a non rendere il nostro cuore di pietra: “La paura che pietrifica il cuore ha due
forme: paura di vivere e paura di morire. Il cuore pietrificato infatti si
abbandona all’impotenza (non valgo niente, non sono padrone della mia vita, non
posso cambiare questa situazione, non ne vale la pena…) o fuga dalla realtà
(era meglio ai miei tempi, è colpa degli altri, questa vita fa schifo mi
ritiro…). Il cristiano vive di ri-conoscenza e si conosce sempre in modo nuovo
e riparte ogni giorno con questa speranza in modo speciale nel tempo del
Giubileo perché: «La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato
riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato»
(Rm 5, 5)
Proprio a partire dalla educazione del cuore che
sa attingere dall’ascolto della Parola di Dio, che sa ri-conoscere il bene
ricevuto vogliamo cantare le litanie per chiedere perdono per i nostri peccati
contro la speranza ma, nello stesso tempo, far sentire la nostra voce nell’Inno
del Te Deum per esprimere la nostra fiducia in quel Tu che ci viene a cercare
per vincere la nostra solitudine e riempire il nostro “vuoto creaturale” con il
suo folle amore.
Vogliamo riprendere il nostro cammino verso il
2025 riconoscendo il bene presente in quelle persone di buona volontà che sono
lievito e sale nella nostra società, nei giovani – anche delle nostre comunità
parrocchiali – che investono tempo per gli altri, degli adulti che lavorano con
passione e cercano di seguire i loro figli, di quei professionisti che fanno il
loro dovere con attenzione anche ai più emarginati, degli anziani e degli
ammalati che continuano ad amare e a pregare per il mondo intero. Ma quante
sono queste persone? Sono sempre poche!
Quantunque fossero poche, sono sempre un segno di
speranza potente perché indicano una via diversa, restituiscono ossigeno e
amore alla società, offrono modelli diversi ai giovani e coraggio nelle
tempeste della vita: come ha fatto un
Carlo Acutis, un solo ragazzo, che oggi attira folle di giovani in Assisi
sulla sua tomba. Un giovane che ha vissuto la carità donando se stesso e che, innamorato
dell’Eucaristia, ha saputo affrontare la malattia con la gioia di chi sa di
appartenere a Dio.
La bolla “Spes non confundit” al numero 7 dice: «È
necessario…porre attenzione al tanto bene che è presente nel mondo per non
cadere nella tentazione di ritenerci sopraffatti dal male e dalla violenza. Ma
i segni dei tempi, che racchiudono l’anelito del cuore umano, bisognoso della
presenza salvifica di Dio, chiedono di essere trasformati in segni di speranza».
Ancora oggi vi sono segni di speranza nella
nostra Città se si pensa alle tante associazioni benefiche che offrono sollievo
ai piccoli e ai grandi segnati da sofferenza o da disabilità; come non
ricordare i genitori poi che sanno educare i loro figli collaborando con le
agenzie educative e cercando di guardare in faccia i problematiche, le sfide o
le difficoltà di ogni genere che si presentano in famiglia. Penso anche a
quelle persone che offrono gratuitamente il loro tempo nelle nostre Parrocchie,
senza tirarsi indietro e - quando necessario - anche investendo risorse
economiche per sostenere chi è più in difficoltà. Quante persone oneste
continuano a darci testimonianza di altruismo!
È vero, molto ancora bisogna fare sulla revisione
dei nostri stili di vita affinché adulti e piccoli sappiamo evitare ad ogni
costo gli sprechi, condividere quello che abbiamo in più perché quello che
facciamo per gli altri torni a nostro vantaggio.
In fondo, la vita del credente dovrebbe applicare
le parole del fotografo Robert Doisneau diventato
famoso per come ha saputo cogliere alcuni momenti di felicità nel quotidiano (è
suo il famoso “Bacio”): “Quello
che io cercavo di mostrare era un mondo dove mi sarei sentito bene, dove
le persone sarebbero state gentili, dove avrei trovato la tenerezza che speravo
di ricevere”.
Ognuno di noi dovrebbe
ripartire da qui: mostrare con la propria vita, a partire da se stesso,
coltivando la speranza cristiana questo mondo in cui si possa vivere bene, in
pace, ri-conoscenti, vincendo l’invidia e l’avidità con la gioia delle semplici
cose fondate sulle relazioni autentiche. Fotografiamo anche noi le cose belle
che ci sono, fissiamole nel nostro cuore per farne memoria e per citare ancora
il famoso fotografo per rendere più felici gli altri: “Si dovrebbe fotografare
solo quando ci si sente traboccare di generosità per gli altri”. Abbiamo il
dovere della generosità perché abbiamo ricevuto tanto, abbiamo ricevuto la
bella notizia del Vangelo che ci autorizza a sperare e a lavorare con fiducia
per il futuro dei nostri figli. Ci affidiamo a Dio con una preghiera:
L’uomo
è irragionevole, illogico, egocentrico
Non
importa, amalo
Se fai
il bene, ti attribuiranno secondi fini egoistici
Non
importa, fa’ il bene
Se
realizzi i tuoi obiettivi, troverai falsi amici e veri nemici
Non
importa, realizzali
Il
bene che fai verrà domani dimenticato
Non
importa, fa’ il bene
L’onestà
e la sincerità ti rendono vulnerabile
Non
importa, sii franco e oneste
Quello
che per anni hai costruito può essere distrutto in un attimo
Non
importa, costruisci
Se aiuti
la gente, se ne risentirà
Non
importa, aiutala
Da’ al
mondo il meglio di te, e ti prenderanno a calci
Non
importa, da’ il meglio di te
(S.
Teresa di Calcutta)
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