ARTICOLO PUBBLICATO NEL 2019
di Lino Spadaccini
16 novembre 1899: una delle giornate più tristi vissute
dalla nostra città, a causa di una grave sciagura avvenuta al largo della
nostra costa dove perirono molti marinai vastesi.
Sono passati 120 anni da quell’episodio quasi
totalmente rimosso
dalla memoria cittadina, ricordato soltanto da una piccola lapide, collocata in un punto poco visibile, sulla facciata di una casa di Vasto Marina, nei pressi di Piazza Capitano Michele Olivieri: 1899 – 1999 / I PARENTI VIVENTI / DEL TRAGICO NAUFRAGIO / RICORDANO IL LORO SACRIFICIO / PONENDO QUESTA LAPIDE.
dalla memoria cittadina, ricordato soltanto da una piccola lapide, collocata in un punto poco visibile, sulla facciata di una casa di Vasto Marina, nei pressi di Piazza Capitano Michele Olivieri: 1899 – 1999 / I PARENTI VIVENTI / DEL TRAGICO NAUFRAGIO / RICORDANO IL LORO SACRIFICIO / PONENDO QUESTA LAPIDE.
All’alba di quel triste giorno, uno come tanti altri, dove
il mare calmo e le condizioni meteo stabili, invitavano i pescatori ad uscire
con le paranze, con l’auspicio di una buona e abbondante pesca. Mai nessuno
avrebbe potuto presagire che il tempo sarebbe rapidamente cambiato, cogliendo
di sorpresa gli esperti marinai, costretti a subire l’indomabile violenza del
mare.
Per comprendere meglio la tragicità di quei momenti, ci
viene in aiuto il giornale locale Istonio,
con il drammatico racconto della sciagura: “…a mezzogiorno, un forte vento spirante da nord-est (greco-levante)
faceva infuriare una terribile tempesta, che non ha forse l’eguale a memoria di
tutti i vecchi marinai nostri. Il cielo era diventato plumbeo, ed i marosi,
rompendo fragorosamente, si accavallavano in modo straordinario… La procella
diventava di minuto in minuto più spaventevole, e lungo la Via Adriatica la folla
esterrefatta seguiva con lo sguardo la scena straziante, che doveva piombare
nel lutto e nella miseria tante famiglie di marinai… Alle 13,45 il fortunale
raggiunse la massima violenza… i flutti travolsero ad un tratto due di esse,
sommergendole con l’equipaggio, mentre le altre miracolosamente riuscirono a
prendere il lido”.
La prima barca a naufragare, a circa tre chilometri dalla
spiaggia, fu la “San Michele”, dell’armatore Francesco Olivieri, comandata dal
marinaio Marinucci Michele. La seconda affondata, a circa cinquanta metri dalla
prima, si chiamava “Annunziata”, di proprietà di Marinucci Luigi e comandata da
Marinucci Giuseppe. Vicino Casarza, a 500 metri dalla costa, affondarono la
“Filomena” e la “Santa Liberata”, appartenenti a Veri Rocco di S. Vito Chietino.
Questi i nomi delle 21 vittime: Marinucci Michele (32 anni),
Chiarini Tommaso (30), Ritucci Angelo (25), Ritucci Michele (61), Ronzitti
Cesario (14) e Valentini Domenico (21), tutti della barca “San Michele”;
Marinucci Giuseppe (30), Bevilacqua Michele (37), Fornace Giuseppe (24), Molino
Teodoro (18), Ritucci Liborio (34) e Torquato Nicola (14) dell’equipaggio
dell’Annunziata;
Veri Camillo (25), Veri Rocco (16), Andreamatteo Pierino
(13) e Andreamatteo Ireneo (9), della “Filomena”; Veri Rocco (63), Veri Antonio
(23) e Veri Francescosaverio (18) della “Santa Liberata”.
La mattina di giovedì 23 novembre, per iniziativa del
canonico Giuseppe Miscione, il Capitolo della cattedrale di S. Giuseppe celebrò
i funerali in suffragio dei naufraghi.
Per raccogliere fondi in favore delle famiglie delle
vittime, la Giunta Comunale
nominò un Comitato di soccorso, mentre un’altra sottoscrizione venne attivata
dallo storico e giornalista Luigi Anelli, tramite la sua Tipografia Editrice.
Il Ministero dell’interno finanziò la somma di 550 lire, mentre il
Sotto-Prefetto cav. Pericoli si attivò per promuovere diverse sottoscrizioni
nei diversi pubblici uffici locali, raccogliendo 396 lire. Da una recita presso
il Teatro Rossetti vennero raccolti altre 100 lire da devolvere ai famigliari
delle vittime.
Sensibile alla immane tragedia, che colpì il popolo vastese,
anche il Re Umberto I effettuò la sua donazione, annunciata alla popolazione dal
sindaco con un pubblico manifesto: “Sua
Maestà il Re, informato degli infortuni marittimi avvenuti il 16 novembre, e
desideroso di porgere aiuto a tanta sventura, si è compiaciuto di elargire la
somma di L. 1000 per le famiglie delle vittime di Vasto, Ortona e S. Vito;
quale somma verrà ripartita, secondo l’entità dei bisogni, dall’Ill.mo Sig.
Prefetto della Provincia. Segnaliamo alla pubblica riconoscenza la generosità
dell’Augusto Sovrano, sempre sollecito nel lenire i dolori del Suo popolo”.
La tragedia segnò profondamente tante famiglie vastesi,
famiglie semplici, povere che, oltre alla perdita dei propri cari, persero
inesorabilmente anche la loro unica entrata economica, trovandosi di fronte
alla miseria.
Solo per fare un esempio della situazione in cui versavano
alcune famiglie, riportiamo il testo della lettera scritta dalla moglie del
marinaio Michele Bevilacqua, indirizzata alla commissione nominata dal comune:
“…Nel naufragio del giorno sedici dello
spirante mese di novembre ebbe la disgrazia di perdere il marito, Michele
Bevilacqua fu Pasquale, rimanendo così, essa sola con quattro figli tutti
piccoli e senza beni di fortuna. L’ultimo di detti figli, non ha che quattro
mesi ed essa trovasi, per maggior cordoglio, priva di latte e per conseguenza
nella dura necessità di non poter provvedere, per mancanza di mezzi,
all’allattamento del piccino. Umilmente quindi, si rivolge alle SS.LL. implorando
per un sussidio mensile onde provvedere, se non in tutto, in parte
all’allevamento di detto suo figliuolo il quale, in caso contrario, verrebbe
necessariamente a perire in mancanza del necessario sostentamento…”.
A ciascuna famiglia vennero elargite delle somme in
proporzione ai danni sofferti, tenuto conto della propria situazione famigliare
e delle condizioni economiche.
Lino Spadaccini
Non ero a conoscenza della storia, nel gruppo dei 21 marinai ho visto che cera anche un Chiarini Tommaso, mio padre nato 12 anni dopo qui' a San Vito Chietino nell'anno 1911 non mi ha raccontato questa storia,io penso che ci sia un ramo di parentela.Ringrazio chi ha ricordato questa storia. Chiarini Vito San Vito Chietino.
RispondiEliminaSempre meritoria l'attività di questo blog, che tanta attenzione riserva, oltre che alle vicende di attualità che riguardano il quotidiano della città, alla raccolta di racconti, articoli, fatti di cronaca, ricostruzioni di vicende del passato.
RispondiEliminaIn questo modo contribuisce a tenere viva e, in alcuni casi ad aggiungere tasselli, ad un passato che rafforza il senso di unione e di comunità, regalando anche alle generazioni moderne la contezza di un passato, del quale troppo spesso oggigiorno si finge di poter fare a meno.
Continui così, Nicola: ha tanti estimatori.
Chiedo al ricercatore, Spadaccini: Non ci furono degli scampati in quei naufragi? Proprio nessuno
RispondiEliminaChiedo, giacché ricordo che da bambino mi fu sempre raccontato, seppur vagamente, che un parente (tale Zi' Nazzareno Sciarra, venuto a Vasto con mia madre e le sue paranze da San Benedetto del Tronto) negli anni venti del '900, da giovane era scampato, nuotando con grande ed estrema fatica, da un simile naufragio, mentre ancora un suo parente, appena un ragazzoi, vi aveva perso irrimediabilmente la vita... Tant'è che ne era rimasto visibilmente invalidato, e in tarda età nel camminare si trascinava penosamente sulle gambe...
Purtroppo non ho altra memoria al riguardo. Forse il naufragio da cui era stato interessato era avvenuto nel tempo vissuto nella nativa cittadina delle Marche. Questo fa pensare che in quei tempi, uomini e ragazzi di età poco superiore ai dieci, nella attività marinara praticata, erano sempre a rischio. E con loro, ovviamente l'esistenza dei famigliari, mogli, figli, fratelli e sorelle, i quali nel vedere il mare in burrasca dalla costa, non potevano fare altro che raccomandarsi a Provvidenza divina, non avendo altro e altri su cui fare affidamento o chiedere soccorso. Esperienze di vita vissuta, di morte non meno, di varia pena comunque, oggi per noi difficilmente immaginabili.
Caro Nicola, non a caso la lapide è posta in Via Ortona.
RispondiEliminaAccanto ad essa c'era il pozzo d'acqua dolce dove le paranze attingevano la riserva d'acqua necessaria durante la pesca, che allora (nella seconda metà del 1800) poteva durare, in special modo d'estate, anche alcuni giorni se il tempo lo permetteva e alla marina non vi erano altre possibilità di fornirsi d'acqua da bere ...
Li paracucce (piccole e veloci barche a vela) provvedevano, partendo all'alba, a portare il pane ai marinai, ma il il vero scopo era di tornare alla marina portando il pesce appena pescato per la vendita. Le vestigia dell'antico pozzo sono ancora visibili. Io sono a Roma ma a Vasto potrebbe essere facile fotografare il vecchio pozzo ormai, credo, murato.