mercoledì 25 luglio 2012

Vita balneare agli inizi del '900: quando le nostre nonne facevano i bagni alla Sirena con i "mutandoni lunghi fino alle caviglie" !


di LINO SPADACCINI   
prima puntata

Nel pieno della stagione estiva, attraverso una serie di articoli, vogliamo proporvi un tuffo nel passato per ripercorrere insieme alcuni aspetti della vita balneare vastese negli ultimi cento anni.
Il mare nel passato incuteva timori e paure, solo agli inizi dell’800 venne preso in considerazione come luogo di cura per adulti e bambini malati. I medici ritenevano che il sole, l’aria e la sabbia avessero capacità risanatrici e per questo prescrivevano l’immersione nell’acqua del mare. La pratica della balneoterapia e della talassoterapia ebbero un forte incremento a fine Ottocento, quando la costruzione delle ferrovie lungo le coste rese più accessibili le spiagge, su cui sorsero nuovi stabilimenti balneari.
Il primo stabilimento balneare vastese, chiamato “La Sirena”, venne costruito da Luca Manzi, e successivamente gestito dal figlio Pantaleone. L’inaugurazione avvenne il 3 agosto del 1890, così come annunciato sul periodico locale Istonio: «Ieri sera vi fu festa alla spiaggia dove molti giovanotti si divertirono fino a notte inoltrata. La ragione della festa la diciamo subito in due parole: si trattava di dare il battesimo, diciam così, allo stabilimento balneario di don Luca, alla Sirena; ed il battesimo si dette, seguito da un ben riuscito banchetto, quasi improvvisato, da fuochi d’artificio, da musica, ecc… Tutto sommato, la festa riuscì bella, poetica, indimenticabile; lo stabilimento illuminato, com’era con i cento lumicini, che si riflettevano sul mare placido e tranquillo, aveva un bellissimo aspetto fantastico».
L’abbonamento al camerino per tutta la stagione, senza biancheria, costava 15 lire; per il salone, sempre senza biancheria, 3 lire, due lire in più per la biancheria; il camerino per una persona, senza biancheria, costava 0,50 centesimi, per due 0,60, per tre 0,75 e per quattro 1 lira. L’abbonamento per tutta la stagione del sandolino, tipica imbarcazione stretta e lunga, manovrata a remi, costava 2 lire. L’abbonamento era personale e non poteva essere ceduto ad altri, come era altresì vietato ai bagnanti di alternarsi fra loro in uno stesso camerino. Il numero massimo di persone ammesso in un camerino era di quattro.
Le bagnanti chiuse nei loro camerini, dopo aver impiegato mezz’ora per liberarsi dalle lunghe gonne, corpetti, camicette, corsetti, sottovesti ed ogni altro indumento, ne impiegavano altrettanto per infilare lo scomodo costume da bagno, rigorosamente scuro, per evitare le scandalose trasparenze.
L’abbigliamento delle donne era formato da un paio di mutandoni lunghi fin quasi alla caviglia e sopra un camiciotto lungo abbottonato fino al collo, in pratica privo di scollatura. «Quando scendevano in acqua – ricordava il compianto Giuseppe Pietrocola – tutto quest’abbigliamento si gonfiava come un pallone con le implicazioni un po’ ridicole di una situazione che però, a poco a poco, ritornava normale. Durante i bagni, le signore portavano una cuffia molto vistosa a riporto con il resto della tenuta».
L’abbigliamento maschile era formato da un costume molto attillato, solitamente a righe molto larghe orizzontali, che arrivava fino a metà coscia, con le maniche piuttosto lunghe, che arrivavano fino al gomito.
Molto interessante il ricordo d’infanzia, scritto dal Perrozzi per una pubblicazione “Vasto 1966”, dove ci descrive la Marina dei primi anni del Novecento: «Quando bambino scendevo al mare per tuffarmi, sotto lo sguardo vigile di chi concepiva il bagno come un rito, unico toccasana benefico apportatore di valida salute, avevo la sensazione che qualcosa di nuovo, di attraente, mi fosse riserbato. La traballante carrozza de la Ciacianelle, dai freni cigolanti, ci portava al mare su di una strada brecciosa, polverosa, assolata e questo viaggio, ricordo, era la prima gioiosa, desiderata avventura, mentre mia madre e le mie sorelle recitavano il rosario. La carrozza sorpassava i binari della ferrovia (non esisteva ancora il sottopassaggio) fra sobbalzi da far trattenere il respiro ed eccoci finalmente di fronte al luccichìo del mare. Quando ancora nessuna, dico nessuna delle spiagge abruzzesi era dotata di uno stabilimento balneare, Vasto aveva “La Sirena”, una vera primizia, un gioiello a quei tempi, che con 24 gabine su palafitte, dodici per parte, si ergeva a tre metri circa dal pelo d’acqua. Una rampa d’accesso a mò di pontile, s’inoltrava nel mare e finiva in una spaziosa rotonda. Quest’impianto, concedeva ai vastesi la possibilità di fare i bagni. Dentro ciascuna gabina, si apriva una botola dalla quale partiva una scaletta che poggiava sul fondo del mare».
I vecchi stabilimenti balneari, imponevano la divisione dei bagnanti dalle bagnanti mediante una lunga fune di delimitazione dei rispettivi spazi, che serviva anche da aiuto per i nuotatori non esperti.
Lino Spadaccini





prossima puntata giovedi'

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