Cesare Di Memmo, pensionato, "decano" dei fotografi vastesi |
Mezzo
secolo fa, nel secondo dopoguerra, operavano a Vasto 5 fotografi: i fratelli di
Marco, Guido Santulli, Arialdo Serafini, foto Fulvio e i fratelli di Memmo.
Per
raccontare la storia di questo settore sentiamo l’unico superstite della
categoria di allora, Cesare Di Memmo.
“Cesarino”,
classe 1933, a
15 anni aveva già comperato la prima macchina fotografica e cominciato a fare le foto che
timbrava con la scritta “Foto sport”. Aveva un punto di appoggio (non un vero negozio) all’ingresso della casa di famiglia in via Bandiera. Prima del militare fece anche tre anni di esperienza in Germania e Francia, tra fotografia e lavori vari che gli capitavano.
timbrava con la scritta “Foto sport”. Aveva un punto di appoggio (non un vero negozio) all’ingresso della casa di famiglia in via Bandiera. Prima del militare fece anche tre anni di esperienza in Germania e Francia, tra fotografia e lavori vari che gli capitavano.
Dopo il
militare, nel 1956, alcuni mesi dopo la disastrosa frana, avviò l’attività, con
studio in Piazza del Popolo, angolo palazzo d’Avalos, per poi trasferirsi
l’anno dopo in via Marchesani dove tutt’ora esercita il figlio di Cesare,
Pierangelo.
Subito
dopo a Cesare si aggregò il fratello Mario così lo studio divenne “Foto F.lli
Di Memmo”.
Cesare, all’inizio si lavorava
molto in studio?
“Bisogna dire che alla fine degli anni ’50, le famiglie non avevano le macchine
fotografiche e le foto si facevano solo in particolari occasioni. E si lavorava parecchio in studio. Per esempio
nei matrimoni noi non andavamo in chiesa: gli sposi venivano in studio e facevano di solito due pose, una da soli ed
un’altra con i “compari” (i testimoni). Per le prime comunioni, lo stesso, i ragazzi venivano da noi e facevano una sola
foto. Ed in studio le persone venivano anche per i ritratti, per le foto
dell’intera famiglia da mandare in America, per le classiche foto dei bambini
nudi di pochi mesi, per le foto tessera per i documenti e per poche altre cose”.
All’esterno cosa facevate?
C’era
anche un po’ di lavoro anche all’esterno. Per esempio andava di moda all’epoca
farsi le foto alla Villa Comunale o lungo il Corso: allora noi la domenica andavamo
alla villa per fotografare le famiglie, le giovani coppie, i bambini, gli amici. E poi all’esterno si
lavorava all’Aragona.
A proposito, tu eri fotoreporter
del giornale “Il Tempo” con la Pro Vasto in serie C !
Sì, sono
stato fotoreporter de Il Tempo per un
lungo periodo. Ho ottenuto l’incarico grazie allora capo della redazione
vastese cav. Giuseppe Catania. Custodisco ancora il tesserino gelosamente nella
mia tasca.
Ma all’epoca tutti i giornalisti
venivano da voi per le foto delle partite della Pro Vasto!
In
effetti ci sono stati anni e anni in cui il nostro studio in via Marchesani era
una sorta di ritrovo dei giornalisti vastesi. Venivano tutti per le foto e si discuteva sempre della
Pro Vasto, sempre presenti Giuseppe Catania, Angelo Del Moro, Mario Santarelli
prima di entrare in RAI, il giovane Peppino Forte e tanti altri. Il nostro studio era una sorta di redazione.
Anche perché avevamo una cabina telefonica pubblica che veniva utilizzata dai
giornalisti per trasmettere le notizie ai loro giornali. Poi le foto delle
partite le stampavamo in pochissimo tempo!
All’epoca quali altri tipi di
servizi fotografici facevate?
Come
Fotoreporter de Il Tempo dovevo
coprire tutto: assieme allo sport, facevo anche la cronaca, per cui capitava di
fare foto a manifestazioni, celebrazioni,
incidenti. Oltre a Il Tempo, avevamo
un po’ di lavoro anche dalle istituzioni, dal Comune, dall’Azienda di Soggiorno
e Turismo, dai Carabinieri, poi dalla SIV. Negli anni ’70 io e mio fratello Mario
avviammo anche uno studio a Vasto Marina in viale Dalmazia per il periodo
estivo.
Stiamo parlando ancora di foto in
bianco e nero: facevate tutto da voi in studio.
Lo
sviluppo la pellicola in bianco e nero si faceva, e tuttora si fa, attraverso una serie di
processi chimici, in camera oscura. La prima operazione era l’estrazione della
pellicola dal suo supporto per immergerla nel bagno dello “sviluppo”,
costituito da una vasca verticale - alta circa un metro - con una soluzione di
acidi diluiti in acqua, di ben 35 litri . La pellicola,
per tenerla verticale, veniva appesa con una pinzetta ad un supporto, in basso la
si faceva pendere dentro il bagno con un’altra pinzetta con un piombino. Dopo
10-15 minuti la pellicola veniva prelevata dal bagno dello “sviluppo” e
spostata al bagno del “fissaggio” dove restava per 7 e più minuti. I tempi
dipendevano dal numero di pellicole sviluppate nella stessa soluzione, se non
era “fresca” i minuti aumentavano. Altra cosa importante era il controllo della
temperatura che doveva essere sempre intorno ai 18-20 gradi. Dopo il fissaggio i negativi venivano lavati
per circa mezzora e poi asciugati.
E come facevate la
stampa?
Dal negativo, la foto si otteneva tramite un ingranditore e successivi processi chimici, sempre in
camera oscura. L’ingranditore era dotato di un
porta-negativi obiettivo, dall’alto
proiettava il negativo sul foglio
di carta fotografica, esattamente
posizionato sotto l’apparecchio, impressionando l’immagine sulla carta. L’operazione
era molto delicata, bisognava stare attenti al tempo si esposizione. Poi per un
paio di minuti la carta esposta veniva immersa nella bacinella con la soluzione
chimica dello “sviluppo”; poi per circa 5 minuti in quello di “fissaggio”.
Si passava quindi al lavaggio in acqua corrente che poteva durare anche una trentina
di minuti. Infine le foto venivano asciugate tramite una rotativa dotata di resistenza elettrica.
Con gli anni com’è cambiato il
lavoro?
Io ho
assistito a tutte le evoluzioni di questa professione. Prima ottenere una foto
non era cosa facile, ora con le macchine
digitali tutto è più facile.
Siamo
passati da un lavoro artigianale, in cui
quasi tutto dipendeva da te, ad un
mestiere altamente tecnologico in cui si deve imparare a sfruttare al massimo
tutto ciò che le nuove macchine fotografiche possono fare.
Dopo oltre 50 anni di questo
lavoro qual’è il ricordo più bello?
Ho
fotografato veramente tanti personaggi che sarebbe impossibile fare una lista:
ci sono centinaia di campioni di calcio, ciclismo, boxe e altro; le migliaia di manifestazioni politiche, tra
gli altri ho fotografato il presidente Leone; spettacoli di tutti i tipi con i
divi del momento; servizi per le aziende come la
SIV. E proprio in questa azienda ho vissuto
forse il momento più bello della mia vita lavorativa. Sono stato l’unico
fotografo locale ammesso a fotografare il Papa Giovanni Paolo II durante la sua
visita all’interno degli stabilimenti SIV il 19 marzo 1983. La vicinanza del
Papa mi ha dato grande emozioni. Quella giornata la ricorderò sempre con grande
commozione per tutta la vita.
Nicola D’Adamo
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