sabato 24 marzo 2012

DON FELICE PICCIRILLI: A NOVEMBRE IL CENTENARIO DELLA NASCITA


Forse e' il caso di cominciare a pensare come organizzare al meglio questa ricorrenza

Il prossimo 23 novembre ricorrerà il centenario della nascita di don Felice Piccirilli (Vasto 23 novembre 1912-L’Aquila 26 maggio 1968). Indimenticabile parroco della cattedrale di Vasto negli anni difficili della guerra e della ricostruzione. In attesa di quella data ci  sembra auspicabile che venga ricordato, magari in ambiente scolastico, soprattutto per farlo conoscere ai più giovani, a coloro che non ebbero la grazia di conoscerlo. Attorno alla Cattedrale di Vasto, per oltre venti anni (1942/1968),
hanno ruotato speranze, interessi, aspettative, ansie, risentimenti,  che hanno “fatto” la storia di Vasto (si pensi soprattutto alla “Casa del Fanciullo”e alla “Domus Pacis”, ma anche alle vicende laceranti della lista “Faro”).
Molti insegnamenti di don Felice non hanno limiti di tempo e di spazio e si pongono all’attenzione di oggi con la stessa freschezza di quegli anni lontani: quel gusto di presentare il Cristianesimo  nei suoi massimi precetti della carità e dell’amore, quella solidarietà umana genuina, la concezione della vita come puro servizio, quella ricerca di far seguire all’ annuncio della “Parola”, la testimonianza delle opere….E’ vero, come ha detto qualche politico, che don Felice a volte “confondeva il possibile con l’ideale”, ma sono stati proprio gli ideali che hanno segnato la storia dell’umanità. Hanno accelerato i processi di trasformazione, hanno reso più vivibile la società umana. La storia è piena di grandi idealisti che hanno “sognato” conquiste fondamentali per l’uomo. Penso agli ideali di Martin Luther King e di Ghandi. Ma soprattutto penso agli ideali della “Beatitudini” che “infiammano” da duemila anni la storia del Cristianesimo.
A rileggerle oggi tante scelte pastorali di Don Felice appaiono profetiche, e si  resta sorpresi dalla consonanza dei suoi insegnamenti con le scelte che poi furono fatte dal Concilio Vaticano II soprattutto in materia di dottrina sociale e di valorizzazione del laicato. Ecco, sul ruolo che ebbe il laicato nella storia pastorale di don Felice penso che ci sia ancora da scrivere molto e rendere testimonianza dei tanti giovani e meno giovani, ragazzi e ragazze che lavorarono per quella parrocchia con generosità ed umiltà seguendo l’insegnamento evangelico che  chiede di dare senza aspettarsi la ricompensa: “Mutuum date nihil inde sperantes”. Anche don Felice, a chi ha fatto del bene non ha mai presentato il conto.
NICOLANGELO D’ADAMO

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