giovedì 29 marzo 2012

Analogie tra il vastese e lo spagnolo: un esempio, "ngì cape", non ci entra , si dice "no cabe"



Centinaia di casi: ce le fa scoprire Giorgia Castaldi che da alcuni anni vive a Madrid. Evidentemente secoli di dominazione spagnola nel centro sud d'Italia hanno lasciato il segno.
Bilingue si nasce, ed io, modestamente… lo nacqui.
di Giorgia

tratto da http://itanolandia.wordpress.com/2012/03/28/ero-bilingue-e-non-lo-sapevo/
Quante volte avete sentito dire che parlare lo spagnolo per un italiano è semplicissimo?? “… e che ci vuole! basta aggiungere la “s” alla fine della parola”. Affermazione oramai inflazionatissima.
Oddio per carità bisogna ammettere che il numero delle parole praticamente identiche è vastissimo; c’è però da dire che altrettante parole non hanno assolutamente nulla a che vedere l’una con l’altra.
…ed è proprio qui che scopro che noi abruzzesi abbiamo una marcia in più!
Scherzi a parte, chi mai avrebbe pensato che sentir parlare dai miei nonni il dialetto, un giorno mi sarebbe servito per cogliere più facilmente il significato di alcune parole spagnole?  Ed a dire la veritá oggi mi sento orgogliosa di avere una specie di appartenenza, un vincolo con una lingua che loro, senza saperlo, mi hanno regalato.
Ma andiamo per ordine.
Per moltissimo tempo sono stata all’insaputa di questa sorta di “bilinguismo latente”  e l’ho scoperto solo molti anni dopo, quando, all’università, ho iniziato le mie prime lezioni di spagnolo.
Ammetto che sinceramente non ci avevo mai pensato e dire che, il fatto che l’edificio più importante del mio paese sia il palazzo d’Avalos e che il nostro stadio comunale si chiami Aragona, mi avrebbero dovuto fare accendere una lampadina.
Ed invece accadde in una delle prime lezioni di lettorato spagnolo, quando alla lavagna vidi scritta questa frase: el coche està estropeado.
Estropeado?? estropeado?? ma perché mi suonava tanto quella parola??
Di colpo mi venne in mente mio nonno che, quando si sentiva tutto rotto, esordiva con un “sting struppijatë”.
Struppijate estropeado, rotto.
Questa è stata solo la prima di una serie di parole del nostro dialetto che vennero chiaramente prese in prestito dallo spagnolo probabilmente nell’epoca della dinastia aragonese dei famosi d’Avalos di cui sopra.
Da lì ho iniziato a divertirmi a scoprirle una per una…
A Vasto quando non usiamo la tovaglia per apparecchiare la tavola, da noi si mette “lu mantèil” che suona chiaramente allo spagnolo mantel.
Siccome siamo bene educati non ci siederemo mai a tavola senza lavarci le mani ed asciugarle con la “tuajië” quello stesso asciugamani che in spagnolo si chiama toalla.
Provate a chiedere ad un italiano cos’è un esparadrapo? Probabilmente vi guarderà con una faccia a dir poco allucinata, ma se lo chiedete ad un vastese non avrà problemi  a capire di cosa gli state parlando perchè gli suonerà praticamente uguale a “sparatràppe”, il cerotto.
E queste similitudini non valgono solo per i sostantivi ma anche per i verbi.
Abbiamo sostituito l’italianissimo “avere” con lo spagnoleggiante tener: teng’ fàmë, teng’ sonnë; da noi se qualcosa ti fa male ti “déul” esattamente come duele. E che dire de verbo caber?
Indovinate un po’ in vastese come si dice quando una cosa non può essere contenuta in un’altra?
” ‘ngi càpe”, non ci entra, no cabe.
Sostantivi, verbi e non solo! Ne abbiamo per tutti i gusti!!
L’ultima mia “scoperta” è stata in riferimento a un legame di parentela: il cugino di primo grado che da noi è “fratt’ cuggìn” non è altro che la versione invertita del “primo hermano“.
Insomma, io credo che l’elenco potrebbe ampliarsi, ma lascio spazio al divertimento altrui… e che ognuno si diverta a cercare questi “parecidos razonables” e magari a scoprirsi un”bilingue latente”.

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