domenica 28 maggio 2023

TAGLIENTE: L’Abruzzo e la Grande Pescara. Parliamone “così senza rancor”.

Giuseppe Tagliente

L’Abruzzo e la Grande Pescara. Parliamone “così senza rancor”.


di Giuseppe Tagliente*


La Giunta regionale ha approvato nei giorni scorsi il progetto per la realizzazione della sede pescarese della Regione Abruzzo che permetterà di accorpare in un unico spazio i sette assessorati assegnati al capoluogo rivierasco all’inizio degli anni Settanta ed anche l’aula per lo svolgimento delle sedute del Consiglio regionale. Costo preventivato dell’opera: 50 milioni di euro. La notizia, salutata da molti con soddisfazione per gli indubbi benefici di natura logistica, sui quali concordo, che arrecherebbe alle attività delegate al

*già presidente del Consiglio Regionale dell'Abruzzo 

governo ed all’assemblea legislativa regionale, porta comunque a fare qualche considerazione oltre quelle scontate, ma sulle quali non mi va di entrare, lette in questi giorni incentrate sull’opportunità di spendere somme così importanti che potevano essere dirottate altrove con maggiori ritorni per la collettività. 

Quella che mi preme più di tutte evidenziare attiene ad un aspetto non direttamente ma implicitamente legato a questo faraonico intervento. 

Prendendo spunto infatti da esso vorrei porre al centro d’una discussione che purtroppo non si fa in sede politica il problema del progressivo, incalzante, irrefrenabile avanzamento del disegno egemonico dell’area pescarese nel contesto regionale e delle conseguenze, degli effetti negativi, che esso sta comportando e non mancherà di provocare in avvenire nel resto dell’Abruzzo. 

Consapevole di addentrarmi in un vero e proprio campo minato per le polemiche che questa mia posizione forse susciterà, voglio preliminarmente chiarire che valuto come necessario ed inevitabile il processo in dirittura d’arrivo della Grande Pescara, fusione dei comuni di Pescara, Montesilvano e Spoltore per un ammontare di circa 200.000 abitanti, e non mi sgomenta affatto, ripeto, la realizzazione della sede bis regionale che ne rappresenta in qualche modo il coronamento, anzi l’incoronamento.


Cerco invece di dire che questo work in progress in direzione dell’area metropolitana potrebbe penalizzare la restante parte del territorio, facendone una sorta di smisurato hinterland pescarese, se non viene accompagnato da una conseguente visione di generale riordino territoriale e dell’apparato amministrativo e dalla previsione di opportuni contrappesi e bilanciamenti. 

C’è da chiedersi, ora e non domani a cose fatte, quale sorte toccherà ad esempio a Chieti, cui non rimarranno in questo contesto nemmeno occhi per piangere, e quale destino L’Aquila e Teramo, per non parlare dei centri minori, della bella Sulmona, di Lanciano, Ortona, Vasto e soprattutto delle zone più interne e montane. 

La prospettiva insomma, in assenza di idee chiare al riguardo è quella di una scomposizione dell’attuale quadro territoriale nato dalla riforma voluta da Acerbo e Serena alla fine degli anni Venti, nel momento dell’istituzione della quarta provincia abruzzese, e d’una zoppìa cronica tra province e comprensori che fu costantemente rifuggita e ritenuta da evitare in epoca successiva quando si trattò della scelta del capoluogo, della creazione delle università e della strutturazione del servizio sanitario regionale. 

A 160 anni dall’opera di Cesare Maestri che nell’Annuario Statistico individuò l’Abruzzo tra le regioni costitutive del Regno d’Italia, a 76 dall’entrata in vigore della Costituzione repubblicana che ne ribadiva la esistenza e a 53 dalla nascita dell’Istituto regionale questo pericolo di implosione, che vedo assolutamente incombente, va scongiurato. 

Politici, intellettuali, imprenditori, partiti, sindacati e associazioni professionali e di categoria, se ci siete, battete un colpo.

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