Nei mesi successivi, al fine di offrire un ulteriore contributo alla conoscenza dell'interessante autobiografia del politico vastese, deputato per il collegio di Vasto per tre legislature, dal 1904 al 1919, pubblicai su VASTO DOMANI quattro puntate, liberamente tratte da alcune pagine del libro, con dettagli che offrivano (e offrono) uno spaccato inedito di vita vastese a cavallo dei due secoli. Le ripubblico volentieri su NoiVastesi perchè sono di estremo interesse.
NDA
PRIMA PUNTATA
Vasto 1860-70
(dal libro "Ricordi" di Francesco . Ciccarone)
La popolazione di Vasto che allora, credo, superava i diecimila abitanti si divideva in cinque classi: contadini, marinai, artigiani, negozianti e signori. I professionisti si ritenevano appartenere a quest'ultima classe.
I signori avevano diritto al "don" e si distinguevano perché indossavano un lungo soprabito e un alto cappello a cilindro.(...) Gli artigiani erano interpellati con il nome di battesimo e indossavano il berretto e la giacca. I contadini vestivano ancora all'antica. Nei giorni di festa gli uomini portavano calzoni corti di velluto, calze bianche e scarpe con la fibbia, giubbotto di velluto con i bottoni dorati sulla camicia bianca, cappello a punta detto ad "ago di minaste"; le donne avevano le trecce annodate con nastro intorno al capo come se fosse un'aureola e indossavano vesti e grembiuli di seta e di raso a colori vistosissimi.
Gli artigiani, vivendo sempre in città, in frequente contatto con i signori, godevano di una certa cultura. (...) Non erano molto numerosi, ma la loro fama si era sparsa in tutto il Circondario ed assicurava ad essi notevoli guadagni. Fra i sarti eccellevano Domenico e Giulio Giovine, padre e figlio; fra i calzolai F.P. De Feo, il cui padre aveva per motto "Stracciar si puote, ma scucirsi mai". Altri buoni sarti erano i Trivelli ed F.P. Canci e fra i calzolai aveva buon nome Andrea Ruggieri.
Muratori espertissimi erano Lattanzio, Andrea Provicoli, i fratelli Canci, i Del Prete. Tra i fabbri ricordo il valentissimo e ingegnosissimo Clemente Sargiacomo e Luigi D'Andrea. Forniti negozi d'oreficeria avevano aperto Scipione Troncari. Cui succedette il figlio Ascenzio, Napoleone Giovine e Vincenzo Lante che lavoravano con molta abilità e grande buon gusto.
Giuseppe Nicola Monacelli aveva ereditato l'abilità del padre Pasquale (....) nell'arte dell'intarsio, era veramente un ebanista esimio ed i suoi mobili costruiti di buon legno e con somma accuratezza, sfidano i secoli. Accanto a lui e dalla sua scuola erano sorti altri buoni falegnami.
Assai modesti erano i negozi dei barbieri ed in alcuni di essi era inflitto ai pazienti clienti il supplizio della pallacucca, posta fra i denti per mantener tesa la pelle delle guance. I buoni barbieri lavoravano nelle case dei loro clienti e fra essi ricordo Luigi Jacobucci e i fratelli Achille e Carlo Pietrocola che servivano anche, per le parrucche, le compagnie teatrali ed erano flebotomi. Tra i flebotomi rammento anche Levino Trivelli. (...)
Rinomatissima era la pasta di Vasto e per essa Matteo Bottari, alias "Ciaccamosta", ebbe la medaglia d'oro nell'esposizione di Parigi del 1869 e d'argento a quella di Vienna nel 1870. Purtroppo trionfi si ridussero ad una sterile soddisfazione di vanità, perché, quando cominciarono a piovere sul Bottari le grandi ordinazioni, fu giocoforza rispondere di non poter disporre di mezzi sufficienti per un largo smercio del suo eccellente prodotto. Altro buon fabbricante di pasta era Francesco Celenza, il quale, nei primissimi bollori del risorgimento italiano, confezionò e vendette largamente fettuccione tricolori.
Vi erano pure in Vasto tre orologiai, Trivelli, Romani e Forlini e un legatore di libri, Pietro Vassetta. (....) Il miglior negozio di stoffe e telerie era quello di Pantaleo Manzi, nato nella penisola Sorrentina mi pare e venuto a Vasto. I suoi guadagni furono notevoli ed egli potè aprire il suo grande negozio sulla strada della Corsea. Manzi mise su pure una fabbrica di cera, acquistò proprietà terriera, costruì una casa in via Marchesani e un casino nei pressi del Convento dell'Incoronata.
Nella stessa Corsea vi era il negozio di D. Gaetano Anelli che era un vero bazar, dove ognuno poteva trovare quello che gli faceva comodo. (...) Altra bottega di generi diversi era quella di Ulderico Perrozzi di Monteodorisio e accanto a lui Angelo Miscione aveva aperto un negozio di negozio di pellami, ereditato poi dai suoi numerosi figli. Marchesani e il parente (o fratello?) vendevano generi di cancelleria e libri scolastici. Sulla fine del decennio il professor Luigi Ciampoli aprì un negozio di cartoleria e mesticheria fornitissimo. Tutti questi negozianti si fornivano da Napoli ed anche da Ancona via mare.
Ottimo ed unico dolciere era Gaetano Celano che aveva il suo laboratorio alla piazza, nelle due botteghe ora occupate da Bongarzone. Erano rinomati i suoi torroni, i mostaccioli, le spolette e da tutti i paesi del Circondario giungeva quotidiana richiesta dei suoi prodotti. Sulla fine di questo periodo (1870 ndr), Giuseppe Lungo, che era stato apprendista del dolciere Spiller di Napoli, aprì un altro negozio all'angolo della Piazza con la via Bebbia sotto la casa dei Cancellieri. Ricordo infine con particolare predilezione uno splendido negozio di giuocattoli aperto da Augusto Dau nel basso dove fino a ieri stava la farmacia Giovine.
(...) Numerosi erano i farmacisti i quali, allora, mancando le specialità belle e preparate nella farmacia, erano costretti a manipolare essi stessi i complicati rimedi prescritti dalla farmacopea di qual tempo. Ricordo la farmacia De Finis a Porta Nuova, intitolata poi a Luigi Del Greco, la farmacia Martone , all'angolo orientale del palazzo Palmieri, la farmacia dell'Armidoro Della Guardia in piazza, la farmacia Ruzzi in piazza San Pietro e in piazza Caprioli, la farmacia di Gabriele Della Guardia che, ispettore di tutte le farmacie del Circondario, si era formato una estesissima e fedele clientela. Gabriele era, come poi fu il figlio Giuseppe, uno spirito bizzarro e la sua farmacia era un vero circolo di allegri amici, sempre intenti ad ordire scherzose gherminelle, ad organizzare scampagnate, a prendere l'iniziativa per i veglioni, per le mascherate, a promuovere banchetti, cene, spettacoli teatrali con artisti di carriera o dilettanti del posto. Altra farmacia sorse in quel tempo a Porta Nuova, diretta da G. Nicola Pietrocola cui successero i figli Saverio e Filippo.
Francesco Ciccarone
Vasto 1860-70
(dal libro "Ricordi" di Francesco . Ciccarone)
La popolazione di Vasto che allora, credo, superava i diecimila abitanti si divideva in cinque classi: contadini, marinai, artigiani, negozianti e signori. I professionisti si ritenevano appartenere a quest'ultima classe.
I signori avevano diritto al "don" e si distinguevano perché indossavano un lungo soprabito e un alto cappello a cilindro.(...) Gli artigiani erano interpellati con il nome di battesimo e indossavano il berretto e la giacca. I contadini vestivano ancora all'antica. Nei giorni di festa gli uomini portavano calzoni corti di velluto, calze bianche e scarpe con la fibbia, giubbotto di velluto con i bottoni dorati sulla camicia bianca, cappello a punta detto ad "ago di minaste"; le donne avevano le trecce annodate con nastro intorno al capo come se fosse un'aureola e indossavano vesti e grembiuli di seta e di raso a colori vistosissimi.
Gli artigiani, vivendo sempre in città, in frequente contatto con i signori, godevano di una certa cultura. (...) Non erano molto numerosi, ma la loro fama si era sparsa in tutto il Circondario ed assicurava ad essi notevoli guadagni. Fra i sarti eccellevano Domenico e Giulio Giovine, padre e figlio; fra i calzolai F.P. De Feo, il cui padre aveva per motto "Stracciar si puote, ma scucirsi mai". Altri buoni sarti erano i Trivelli ed F.P. Canci e fra i calzolai aveva buon nome Andrea Ruggieri.
Muratori espertissimi erano Lattanzio, Andrea Provicoli, i fratelli Canci, i Del Prete. Tra i fabbri ricordo il valentissimo e ingegnosissimo Clemente Sargiacomo e Luigi D'Andrea. Forniti negozi d'oreficeria avevano aperto Scipione Troncari. Cui succedette il figlio Ascenzio, Napoleone Giovine e Vincenzo Lante che lavoravano con molta abilità e grande buon gusto.
Giuseppe Nicola Monacelli aveva ereditato l'abilità del padre Pasquale (....) nell'arte dell'intarsio, era veramente un ebanista esimio ed i suoi mobili costruiti di buon legno e con somma accuratezza, sfidano i secoli. Accanto a lui e dalla sua scuola erano sorti altri buoni falegnami.
Assai modesti erano i negozi dei barbieri ed in alcuni di essi era inflitto ai pazienti clienti il supplizio della pallacucca, posta fra i denti per mantener tesa la pelle delle guance. I buoni barbieri lavoravano nelle case dei loro clienti e fra essi ricordo Luigi Jacobucci e i fratelli Achille e Carlo Pietrocola che servivano anche, per le parrucche, le compagnie teatrali ed erano flebotomi. Tra i flebotomi rammento anche Levino Trivelli. (...)
Rinomatissima era la pasta di Vasto e per essa Matteo Bottari, alias "Ciaccamosta", ebbe la medaglia d'oro nell'esposizione di Parigi del 1869 e d'argento a quella di Vienna nel 1870. Purtroppo trionfi si ridussero ad una sterile soddisfazione di vanità, perché, quando cominciarono a piovere sul Bottari le grandi ordinazioni, fu giocoforza rispondere di non poter disporre di mezzi sufficienti per un largo smercio del suo eccellente prodotto. Altro buon fabbricante di pasta era Francesco Celenza, il quale, nei primissimi bollori del risorgimento italiano, confezionò e vendette largamente fettuccione tricolori.
Vi erano pure in Vasto tre orologiai, Trivelli, Romani e Forlini e un legatore di libri, Pietro Vassetta. (....) Il miglior negozio di stoffe e telerie era quello di Pantaleo Manzi, nato nella penisola Sorrentina mi pare e venuto a Vasto. I suoi guadagni furono notevoli ed egli potè aprire il suo grande negozio sulla strada della Corsea. Manzi mise su pure una fabbrica di cera, acquistò proprietà terriera, costruì una casa in via Marchesani e un casino nei pressi del Convento dell'Incoronata.
Nella stessa Corsea vi era il negozio di D. Gaetano Anelli che era un vero bazar, dove ognuno poteva trovare quello che gli faceva comodo. (...) Altra bottega di generi diversi era quella di Ulderico Perrozzi di Monteodorisio e accanto a lui Angelo Miscione aveva aperto un negozio di negozio di pellami, ereditato poi dai suoi numerosi figli. Marchesani e il parente (o fratello?) vendevano generi di cancelleria e libri scolastici. Sulla fine del decennio il professor Luigi Ciampoli aprì un negozio di cartoleria e mesticheria fornitissimo. Tutti questi negozianti si fornivano da Napoli ed anche da Ancona via mare.
Ottimo ed unico dolciere era Gaetano Celano che aveva il suo laboratorio alla piazza, nelle due botteghe ora occupate da Bongarzone. Erano rinomati i suoi torroni, i mostaccioli, le spolette e da tutti i paesi del Circondario giungeva quotidiana richiesta dei suoi prodotti. Sulla fine di questo periodo (1870 ndr), Giuseppe Lungo, che era stato apprendista del dolciere Spiller di Napoli, aprì un altro negozio all'angolo della Piazza con la via Bebbia sotto la casa dei Cancellieri. Ricordo infine con particolare predilezione uno splendido negozio di giuocattoli aperto da Augusto Dau nel basso dove fino a ieri stava la farmacia Giovine.
(...) Numerosi erano i farmacisti i quali, allora, mancando le specialità belle e preparate nella farmacia, erano costretti a manipolare essi stessi i complicati rimedi prescritti dalla farmacopea di qual tempo. Ricordo la farmacia De Finis a Porta Nuova, intitolata poi a Luigi Del Greco, la farmacia Martone , all'angolo orientale del palazzo Palmieri, la farmacia dell'Armidoro Della Guardia in piazza, la farmacia Ruzzi in piazza San Pietro e in piazza Caprioli, la farmacia di Gabriele Della Guardia che, ispettore di tutte le farmacie del Circondario, si era formato una estesissima e fedele clientela. Gabriele era, come poi fu il figlio Giuseppe, uno spirito bizzarro e la sua farmacia era un vero circolo di allegri amici, sempre intenti ad ordire scherzose gherminelle, ad organizzare scampagnate, a prendere l'iniziativa per i veglioni, per le mascherate, a promuovere banchetti, cene, spettacoli teatrali con artisti di carriera o dilettanti del posto. Altra farmacia sorse in quel tempo a Porta Nuova, diretta da G. Nicola Pietrocola cui successero i figli Saverio e Filippo.
Francesco Ciccarone
Nessun commento:
Posta un commento