mercoledì 25 novembre 2020

CARLO D'ALOISIO: "IL GALLUCCIO", UNA FAVOLA ANTICA PER RAGAZZI

 di LINO SPADACCINI

Dopo aver parlato della rivista L’Abruzzo Umoristico diretto dal Maestro d’Arte e Cultura Carlo d’Aloisio da Vasto, oggi vogliamo rimanere in tema, attraverso la pubblicazione integrale di una favola antica “per i ragazzi che non si saziano mai”. Il titolo è Il Galluccio che diventò celebre, ed è apparsa su L’Abruzzo Umoristico n.5-6 del dicembre 1912, in pieno periodo natalizio.

Prima della favola, d’Aloisio, sotto lo pseudonimo di “Penna d’oro”, si sofferma sull’atmosfera del Natale: “In Abruzzo il Natale viene quasi sempre rallegrato dalla neve. Oh i candidi fiocchi! E sotto la neve il pastore d’Abruzzo col suo gregge torna dai lontani pascoli. Torna al suono della zampogna, che gli è stato di compagnia del lungo

viaggio. Egli cammina, cammina per attraversare il lungo tratturo, avvolto nel suo vecchio e scolorito mantello. Cammina verso casa sua dove l’aspettano la moglie e i suoi cari figlioletti, per festeggiare la Festa Grande. Poi scende sulle rive del Pescara, coperte anch’esse di neve, e s’insinua nella vallata. È questo il Natale del pastore d’Abruzzo e di tutta la sua buona gente. Egli non si lagna, è felicissimo invece, più di voialtri forse. Tra poco, verso sera, egli arriverà nella tanto desiderata bianca casetta sperduta nella valle di neve, arriverà felice e lì mangerà le castagne lesse o arroste e beverà un bicchiere del suo vinello, insieme ai suoi cari”.

D’Aloisio riprenderà e amplierà questo suggestivo racconto sul Natale abruzzese in Addio vecchia e dolce poesia di Natale, pubblicato nel dicembre 1916 sulla rivista La Donna.

A questo punto non rimane altro che immergerci nella lettura de

 

Il Galluccio che diventò celebre

 

FAVOLA ANTICA

per i ragazzi che non si saziano mai

 

— Quattro castagne arroste a chi indovina questo indovinello:

 

A mezzanotte si leva su;

è barbuto e barba non si fa;

porta gli sproni e cavalier non è;

pasce figli e moglie non ha:

chi l'indovina, dottore sarà.

 

Mario — È il lupo!

Roberto — È il gatto!

Enrico — È il galluccio!

— Bravo Enrico, hai indovinato. Eccoti le quattro castagne arroste.

— Racconta nonna, racconta la favoletta del galluccio.

 

— C’era una volta un galluccio bello e buono, però aveva il brutto vizio di lordare tutta la cucina. Un giorno la padrona si adirò tanto che Io scacciò via. II galluccio andava alla ventura. Incontrò un vespone che gli disse

— Compare galluccio, dove vai?

— Eh - rispose - vado a buscarmi da mangiare, perché son rimasto senza padrona.

— Mi vuol far venire con te?

— Vuoi venire con me? Ma io corro assai e non so se tu ti fidi. Del resto, se vuoi venire, vieni pure.

Il galluccio andava innanzi ed il vespone dietro. Ad un tratto il galluccio sentì fame e disse:

 

            Acqua di mare

            acqua di vento

            il vespone nel mio ventre.

 

E il vespone andò a finire nello stomaco del gattuccio.

Più tardi incontrò una volpe che gli disse:

— Compare galluccio, hai piacere della mia compagnia?

— Vieni pure – rispose il galluccio.

Il galluccio correva tanto che quasi non toccava i piedi per terra; mentre la volpe andava lemme lemme.

Ma compare galluccio sentì nuovamente fame, e:

 

            Acqua di mare,

            acqua di vento

            la volpe nel mio ventre.

 

E la volpe andò per la via del gozzo.

Più tardi compar galluccio ebbe sete, si avvicinò al fiume e bevve tanta di quell’acqua da empirsene lo stomaco.

Finalmente giunse davanti al palazzo del re e fece sentire non so quante centinaia di chichirichì.

Il figlio del re era infastidito di quella musica e ordinò che si chiudesse subito il galluccio nel pollaio. Ma le galline appena videro il nuovo ospite, lo cominciarono a beccare. Il galluccio perdè la pazienza e gridò:

 

            Acqua di mare

            acqua di vento

            caccia la volpe dal mio ventre.

 

La volpe uscì e fece strage mangiandosi tutte le galline; poi si aprì la gattaiola e uscì insieme a compar galluccio, che ricominciò subito a cantare. Il figlio del re non ne poteva più e ordinò che galluccio fosse chiuso nella scuderia. Appena campar galluccio si trovò nella nuova dimora, tutti i cavalli gli cominciarono a regalare una gran quantità di calci. Il povero gattuccio si guardava di qua e di là, cercava di difendersi a colpi di becco, ma ci perdeva. Allora si ricordò che aveva nello stomaco il vespone e disse:

 

Acqua di mare

acqua di vento

caccia il vespone dal mio ventre.

 

Il vespone uscì tutto furioso e cominciò a punzecchiare le parti più delicate dei cavalli. I cavalli fracassarono la porta della scuderia, e compar galluccio si trovò di nuovo in libertà.

Appena rivide la faccia del sole, ne gioì tanto che mise fuori una infinità di chichirichì, chichirichì, chichirichì.

II figlio dei re montò in furia, rimproverò le persone di servizio che nonavevano saputo custodirlo e ordinò ancora di prendere il galluccio e lanciarlo vivo vivo nel forno acceso.

Il cuoco che era a preparare il pranzo, prese il galluccio e Io scaraventò nel forno. Ma compar galluccio non si perdè d'animo, si ricordò di tutta quell'acqua bevuta nel fiume, e gridò:

 

Acqua di mare

acqua di vento

caccia l'acqua dal mio ventre.

 

E uscì fuori tant'acqua che smorzò in un attimo il fuoco.

Il galluccio si rimise in viaggio, e… a questo punto la nonna si accorse che i tre nipotini dormivano tranquillamente.

 

Carlo d’Aloisio

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