Con le ricorrenze di
Ognissanti e la commemorazione dei defunti, in tanti si recano al cimitero per
un saluto ai propri cari. Cogliamo l’occasione per raccontare brevemente la
storia del nostro cimitero realizzato con ostinazione tra discussioni e
polemiche.
Con la legge n.655 dell’11
marzo 1817, emanato a Napoli, Ferdinando I ordinò la costruzione dei cimiteri
fuori dai centri abitati, restando vietato il seppellimento di cadaveri
all’interno delle chiese, o comunque entro le mura cittadine.
Nel 1820 l’allora sindaco,
Quirino Mayo iniziò a riunire materiali da fabbrica in contrada Paradiso per la
costruzione del cimitero. Con avviso pubblico del 9 marzo 1820, annunciò
l’appalto per la costruzione del cimitero: “…essendo
approvata la pianta e la perizia di quello che deve costruirsi sul tenimento di
questo Comune nella Contrada di San Nicola della Meta, redatta dall’Architetto
Saverio Taito di Torino per ducati duemila cinquecento ottantotto, e grana
sessantadue”.
Da parte
dell’amministrazione comunale, l’adeguamento alla nuova legge venne preso con
molta calma: questo non per mancanza di rispetto o perché contrari alle nuove
disposizioni, bensì perché c’erano bisogni più impellenti che non potevano
essere rimandati, come l’allargamento dell’agglomerato urbano. Inoltre,
all’interno delle nostre chiese, c’erano fosse sufficienti ad accogliere
cadaveri ancora per diversi anni.
Per quanto riguarda la
localizzazione, oltre a quella già citata, nel 1823 si pensò la costruzione del
cimitero nei pressi del Convento di Sant’Onofrio. A tal proposito il Padre
Guardiano dei francescani il 17 ottobre scrisse una nota indirizzata al Sindaco
di Vasto, accettando di buon grado la decisione dell’amministrazione comunale,
ma a tre condizioni: “Primo, che la costruzione di detto Camposanto sia attaccato alla nostra
Chiesa, che formi un sol locale coverto, e che si faccia per via di sepolture,
acciò non si renda l’atmosfera di nocumento alla Famiglia. Secondo la
preghiamo, che non si perdi la nostra Giurisdizione per quanto essa si estende
in rapporto alle funzioni Chiesiastiche. Terzo sia retto, e governato da miei
Religiosi dimoranti in Convento. Finalmente il Comune di Vasto penserà alla
manutenzione, e bisogno del sopradetto Camposanto…”.
Con avviso pubblico del 16 giugno
1825, si invitarono le ditte a presentare la propria offerta per la costruzione
del cimitero, come da perizia effettuata dall’ingegnere provinciale Fileno
Capozzi. La gara subì vari rinvii ed anche il progetto venne alquanto
modificato perché le casse comunali non erano in grado di sopportare una spesa
eccessiva per la costruzione di un cimitero da centoventi sepolture.
Abbandonata l’idea del terreno
vicino S. Onofrio, si pensò di acquistare il Casino di S. Lucia ed i giardini
annessi, di proprietà del Marchese Ferdinando d’Avalos. Venne effettuata anche
un perizia nel 1838 ma, ancora una volta, non se ne fece nulla.
La localizzazione definitiva del
cimitero venne individuata alla fine degli anni trenta in contrada Catello,
dove attualmente si trova.
Non pochi problemi creò la scelta
del sito. Lo stesso architetto Nicola Maria Pietrocola scrisse al Sindaco: “Il rimanere delle acque
piovane stagnanti come dentro recipienti di pareti impenetrabili ne’ fossi di
saggio aperti a’ principj di Novembre ultimo, prova ad evidenza, che il sito
prescelto per lo Camposanto di questa Città (non ostante che sia per situazione
bellissimo) non troppo favorisce lo sfacelo de’ cadaveri; e per conseguenza è
contrario a’ Regolamenti… Quindi, pria di stabilirlo irremovibilmente, è d’uopo
rinvenire un terreno più sciolto, a ricercare il quale conviene domandarsi il
corrispondente permesso all’Autorità competente, onde farsene tanti saggi
ovunque questi possono cadere...”.
Da più parti giunsero critiche
aspre sulla scelta effettuata, anche l’ingegnere vastese Filippo Laccetti, in
una sua pubblicazione scrisse: “Egli è vero che non comprendiamo come l’architetto Nicola Maria
Pietrocola abbia dato il suo assenso alla scelta di una località che, come
quella che accoglie l’attual Cimitero è assolutamente inadatto allo scopo
perché si rivela contanto paludosa: ma non comprendiamo, assai di più, come
nissuna abbia sin’ora pensato a tentare l’abbassamento del livello alla falda
acquea permanente nel sottosuolo del nostro cimitero”.
Nonostante i problemi e le
critiche il progetto dell’arch. Pietrocola venne approvato e l’appalto
successivo per la realizzazione dell’opera venne aggiudicata all’impresa di
Michele Lattanzio. I lavori andarono molto per le lunghe
a causa di continue discussioni e vertenze tra l’amministrazione comunale e la
ditta esecutrice dell’appalto. Nel 1843, anche se in una struttura incompleta,
cominciarono le prime tumulazioni.
Lino Spadaccini
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