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Veduta di Vasto, Gabriele Smargiassi |
Centotrenta
anni fa, il 12 maggio 1882, moriva a Napoli il grande pittore vastese Gabriele
Smargiassi.
Il
suo quadro più rappresentativo a cui i vastesi sono più legati, è senz’altro la
splendida Veduta di Vasto: un piccolo
olio su tela che ci offre uno spaccato della nostra città nella prima metà
dell’Ottocento. Nel quadro spiccano alcuni simboli della città come Palazzo
Palmieri, la Torre
di Bassano, la chiesa di S. Maria Maggiore, Palazzo d’Avalos e Casa Rossetti,
quest’ultimo contrassegnato dall’artista con un “GR”, in omaggio al poeta e
patriota esule a Londra Gabriele Rossetti.
Gabriele Smargiassi |
Sui
due illustri concittadini, lo storico Luigi Anelli, nel suo libro “Origine di alcuni modi di dire popolari nel
dialetto vastese”, ricorda un loro simpatico incontro. Siamo negli anni ’30
(1830 ndr), il pittore vastese si
trova nella capitale inglese per partecipare all’Esposizione Universale con
alcuni suoi quadri e approfitta dell’occasione per fare una visita all’amico,
che
non vede da tanti anni. Giunto a casa Rossetti, davanti al cameriere che
gli va ad aprire la porta gli chiede: “Šta
Gabbrijèle?”. Il cameriere ovviamente non capisce e Smargiassi,
indispettito, alzando la voce ripete: “Li
capësce ca vajje truvànne Gabbrijèle Rusciätte?”. Il Rossetti, sentendo il
suono familiare del suo dialetto, dall’interno della stanza risponde: “Trasce, frate sê’ ca štingh’ aècche”.
L’incontro
tra i due vastesi viene ricordato, molti anni dopo da William Michael Rossetti,
nei suoi Ricordi (Some Reminiscences): “Devo ammettere che la nostra abitazione era
arredata con pochi oggetti d’arte decorativi”, scrive il figlio del poeta
vastese, “ma a partire proprio dal 1837
essa si arricchì di alcune opere di valore quando un pittore vastese di fama
locale, Gabriele Smargiassi, ci venne a trovare per trascorrere alcuni giorni
con il suo concittadino e vecchio amico Rossetti, offrendo in dono a mia madre
due piccoli dipinti ad olio – uno rappresentante la città marinara di Vasto e
l’altro la Grotta
Azzurra di Capri”.
L’amicizia
tra i due illustri vastesi è testimoniata anche dalla presenza di alcune
lettere molto interessanti. In particolare, in una di queste, il pittore
vastese riferisce di due viaggi in Abruzzo accompagnato da un resoconto
dettagliato della situazione dei familiari del Rossetti. “Sono tornato due volte in Abruzzo”, scrive Gabriele Smargiassi, “ho rivisto la nostra cara Patria, la quale è
molto abbellita; io l’ho dipinta da due punti ed appena avrò un po’ di tempo,
vi manderò la copia di uno dove ci è la vostra casa e la mia”.
Gabriele
Smargiassi nasce a Vasto il 22 luglio 1798 da Nicola e da Felicia Ciavatta.
Sembra destinato alla vita ecclesiastica, spinto da uno zio prete, ma lui non
ne vuole sapere e, seguendo il proprio istinto e la sua vera vocazione, all’età
di 19 si reca a Napoli per studiare pittura, entrando nell’Accademia di Belle
Arti alla scuola di Giuseppe Cammarano. Nel 1820 frequenta la scuola per
pittore fiammingo Anton Sminck van Pitloo, insieme ad altri illustri allievi
quali Giacinto Gigante, Raffaele Carelli e Achille Vianelli. Ottenuta una borsa
di studio, nel 1824 si trasferisce a Roma, sotto la protezione di Hortense de
Beauharnais, regina consorte d’Olanda, e da lezioni a suo figlio Luigi
Bonaparte, il futuro Napoleone III.
Da una delibera del Consiglio dei Decurioni di Vasto, datato 4 agosto1826, in seguito alla
discussione sui lavori di manutenzione per la chiesa di San Michele Arcangelo,
emerge la volontà di contattare Gabriele Smargiassi per ridipingere le statue
lignee raffiguranti gli arcangeli, presenti all’interno della cappella. Per
questo vengono nominati due deputati “…i
quali contatteranno il civismo di D. Gabriele Smargiassi come pittore, che
potrebbe occuparsi di ritoccare nel miglior modo le indicate statue”.
Da una delibera del Consiglio dei Decurioni di Vasto, datato 4 agosto
Nel
1828 segue la duchessa di Saint Leu prima in Svizzera e successivamente a
Parigi, dove rimane per nove anni, diventando maestro di disegno dei figli di
Luigi Filippo. Gabriele Smargiassi lavora molto al Louvre e alle Tuileries,
raggiungendo una grande notorietà sia per la sua bravura di pittore, dipingendo
quadri per il re e la regina dei francesi, sia per le amicizie strette con
importanti letterati e artisti del tempo, quali Honoré de Balzac, Alfred de
Musset e Horace Vernet. In questo periodo il pittore vastese espone ai Saloni
parigini, presentando quadri straordinari quali la “Veduta della Regia di Caserta”, “Veduta di Sorrento” e “Veduta
del Tempio di Venere a Baja”. Ottiene anche importanti riconoscimenti, come
la croce della Legion d’onore, che raramente veniva accordata agli stranieri,
mentre nel 1831 gli viene assegnata la medaglia d’oro per la pittura
all’Esposizione di Londra, per il quadro “La
grotta azzurra di Capri”.
Alla morte del Pitloo, nel 1837, torna a Napoli dove vince la cattedra di
Paesaggio presso il Reale Istituto di Belle Arti, prevalendo, per i maggiori
titoli presentati, su Salvatore Fergola. L’assegnazione della cattedra, lo
consolida come maestro di paesaggio quasi ininterrottamente fino al 1882, anno
della sua morte, fatta eccezione per un breve viaggio compiuto a Parigi nel
1839 e per saltuarie assenze dall’Accademia, tra il 1843 e il 1854, sostituito
da Antonio Cammarano, per raccogliere studi dal vero durante i mesi estivi. Sotto
l’insegnamento di Gabriele Smargiassi, passarono intere generazioni di artisti:
dai fratelli Palizzi a Vertunni, dal De Nittis al Cammarano, Da Alceste
Cambriani a Giuseppe Casciaro e Attilio Pratella.
Lo Smargiassi è un pittore molto produttivo: per anni
continua ad esporre vedute e paesaggi, sempre molto apprezzati dalla critica. I
suoi quadri si trovano in tutte le principali pinacoteche e nei palazzi reali
d’Europa, come ad esempio due grandi paesaggi napoletani venduti allo zar di
Russia nel 1845. Per uno di questi, dal titolo “I Campi Flegrei”, il poeta Giuseppe Regaldi compone una lunga
poesia in onore del pittore abruzzese, che inizia con questi versi:
O gentil
Gabriello, un’altra volta
Maravigliando
contemplar desio
L’amabil
tela, in cui sorride accolta
L’raia e la
luce del tuo ciel natio,
E figurando
magiche
Terre de’
tuoi colori il magistero
Agguagliar
seppe il vero.
Tra il 1851 ed il 1855 realizza un ciclo di tele a
soggetto religioso destinato all’appartamento storico di Palazzo Reale a
Napoli: “Paesaggio con San Sebastiano e
le pie donne”, “Paesaggio con San
Francesco in preghiera”, “San
Francesco che caccia il demonio” e “San
Girolamo appare a tre guerrieri del Medio Evo”.
Nonostante l’evoluzione artistica dell’Ottocento, Gabriele Smargiassi continua a dipingere nella maniera accademica tradizionalista. E poiché in quel periodo la figura più rappresentativa della nuova scuola , detta di Posillipo, era Filippo Palizzi, i due gruppi di antagonisti della pittura napoletana erano capeggiati da due artisti vastesi, tra i quali è certo che non corresse buon sangue.
Nonostante l’evoluzione artistica dell’Ottocento, Gabriele Smargiassi continua a dipingere nella maniera accademica tradizionalista. E poiché in quel periodo la figura più rappresentativa della nuova scuola , detta di Posillipo, era Filippo Palizzi, i due gruppi di antagonisti della pittura napoletana erano capeggiati da due artisti vastesi, tra i quali è certo che non corresse buon sangue.
“…i Palizzi seguivano
appassionatamente la brillante carriera dello Smargiassi, anche se, certo, non
lo seguivano con simpatia”, scrive nel 1960 Paolo Ricci sul libro I fratelli Palizzi, “e la cosa si spiega se si considera la loro
ostilità verso i preti in generale, alla quale si aggiungevano forse i vecchi
ricordi paesani dei tragici fatti del ’99, quando uno Smargiassi, probabilmente
imparentato con la famiglia del pittore, tal Nicola, fu condannato a morte per
aver partecipato agli eccidi dei giacobini vastesi”.
Dopo il 1861, insieme con Domenico Morelli e
Filippo Palizzi, è uno dei firmatari dello Statuto della Promotrice di Belle
Arti di Napoli, dove espone solo per il primo anno. Tra il 1863 ed il 1875
pubblica in “Atti della Reale Accademia
di Archeologia, Lettere e Belle Arti”, riflessioni teoriche sullo studio
delle opere e della biografia di Nicolas Poussin e sulla concezione del
paesaggio e paesisti napoletani.
All’interno della Pinacoteca Civica di Palazzo
d’Avalos a Vasto, oltre alla bella veduta, di cui abbiamo già parlato, è
presente un piccolo Ritratto di Leone XII,
realizzato a matita su carta. Il disegno è una delle opere giovanili dello
Smargiassi, realizzato probabilmente durante il soggiorno a Roma, tra il 1824
ed il 1828. Mentre di un altro artista vastese, Giuseppe Mariani, è il ritratto
ad olio di Gabriele Smargiassi eseguito nel 1885 su fotografia. In precedenza,
nel 1876, dalla stessa fotografia, il pittore Luigi Fabron realizzò la sua
versione che venne utilizzata come base per le stesure incisorie pubblicate
sull’Illustrazione Italiana e sull’Arte Moderna in Italia.
Gabriele Smargiassi si spegne a Napoli il 12 maggio 1882, all’età di 85 anni. Sulle pagine del
periodico teatino “L’Operaio”, un
lettore vastese, la cui sigla è G. M., scrive un breve ricordo del suo
concittadino: “La mano divina di colui
che imitando la natura fe’ che stupisse ritraendo il sole nei suoi mesti dorati
tramonti, le incantevoli scene che allietano queste contrade le tinte che nella
varietà dei colori illustrano mirabilmente cielo e terra: quella mano divina
ora gelida, inerte e inerte posa baciata da migliaja di giovani ardenti d’ispirarsi
nei sublimi suoi dipinti”.
Chiudiamo con le parole del medico e letterato
Giacinto Barbarotta con l’iscrizione scritta nel 1844 in onore dell’artista
vastese:
O GABRIELE SMARGIASSI
IL SOLE CHE TRAMONTA PINGESTI E TI DIÈ NOME
E LE SCENE DI NATURA SORPRENDENTI
RITRATTE DAL PENNELLO TUO PRODIGIOSO
IN FRANCIA IN INGHILTERRA IN ITALIA TUTTA
CON UN’ECO DI GLORIA TI RICORDARONO:
O EGREGIO
SE TI MUOVE CITTADINO SENSO
ACCOGLI L’IMMENSO GAUDIO DI QUESTA ISTONIO
CHE ALLA SOMMA TUA RINOMANZA
AD ETERNALE RICONOSCENZA
VOLENTEROSA TRIBUTA
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