di Lino Spadaccini
Entrando nella piccola “bomboniera”, come
viene definito il Teatro Rossetti, non si può rimanere indifferenti
nell’ammirare lo splendido dipinto della volta, “Le ore deliziate delle Muse”,
opera del pittore romano di origini catalane, Federico Ballester (1868-1926).
Pittore di gran fama, ma anche
scultore, decoratore e
scenografo, Federico Ballester entrò giovanissimo nella
cerchia dei pittori catalani attivi a Roma, come allievo di Antonio Fabrés y
Costa.
La sua fama crebbe ben presto, già dal 1892, quando realizzò gli
affreschi per l’ambasciata di Spagna presso la Santa Sede
a Roma, in particolare, il soffitto dello scalone, opera tuttora splendidamente
conservata. Molti altri, invece, sono i lavori
andati perduti perché rovinati dal tempo o cancellati dalla realizzazione di
altre opere. Parliamo soprattutto di soggetti realizzati per palazzi e teatri
importanti, quali gli affreschi del 1891, nel palazzo nobiliare Giulietti ad
Orvieto, quelli per il Palazzo di Giustizia di Roma, per la sala e il foyer del
Teatro Argentina, sempre a Roma, ed ancora lo splendido soffitto dell’Eliseo,
allora Teatro Apollo, sempre nella Capitale, e gli affreschi per il Teatro
Comunale di Rieti.
Oggi i due punti di riferimento per apprezzare la pittura
di Federico Ballester rimangono “Il trionfo della luce”, realizzato insieme ad
Enrico Guazzoni, per il soffitto della prima sala cinematografica a Roma, il
Moderno (1904), restaurato nel 1999, per il nuovo Moderno: Warner Village, e
“Le Ore deliziate dalle Muse”, per il soffitto del Teatro Comunale Rossetti: una
scena allegorica raccontata in un’atmosfera fuori dal tempo, caratterizzata da
colori delicati e leggiadria di forme, che prende spunto dalla Danza delle Ore,
Atto III della Gioconda di Amilcare Ponchielli.
Le origini
del nostro teatro comunale risalgono al 1818, quando ne fu iniziata la costruzione
sul luogo della sconsacrata chiesa di S. Spirito e su una parte del convento
dei Celestini, per l’interessamento del Barone Luigi Cardone e grazie ad una
pubblica sottoscrizione.
Archivio storico Vasto: tre bozzetti della delle decorazioni |
Questa è la descrizione che fece
l’ing. Filippo Laccetti nel 1905, prima dei grandi lavori di restauro
conclusi nel settembre 1909: “Ha tre
ordini di palchi spartiti da pilastri corinti o a palma di accurato disegno e
di buon effetto architettonico, mentre i parapetti decorati da cigni
abbeveratisi in fontane, o da lire e da arpe, o da festoni e ghirlande
appropriatissime, pallidamente rilucono sotto la doratura quasi secolare”.
E dalle colonne dell’Istonio, del 21
settembre 1909, che possiamo apprendere preziose informazioni sui lavori appena
ultimati, che ci hanno restituito il teatro in tutto il suo splendore: “Infatti dove prima
il soffitto era cadente, oggi si ha un magnifico plafond egregiamente dipinto
dal cav. Federico Ballester di Roma, rappresentante le Ore deliziate dalle Muse
– una indovinata allegoria, in cui spiccano stupendamente le figure, molto bene
disposte e disegnate dalla concezione e dal tocco dell’artista. Le tre file di
palchi hanno tre diverse decorazioni, che, mantenendosi nell’unità dello stile,
vanno gradatamente alleggerendosi dal primo al terz’ordine. Esse sono in stucco
forte con doratura ad oro di 23 carati, fornito dalla Ditta Giusto Manetti di
Firenze, mentre le vecchie decorazioni avevano una falsa doratura a mecca. I
nuovi stucchi spiccano simpaticamente sopra un fondo verde delicatissimo, e
formano un complesso armonico di squisito effetto, in stile classico fra la
Rinascenza e il Cinquecento. Essi sono opera pregevole di Luigi e Pompilio
Cervelli, che si sono ispirati ai migliori modelli di ornati. L’interno dei
palchi è tappezzato di un parato imitazione damasco, di una tinta molto bene
scelta ed intonata all’insieme della sala, con riquadrature dorate. La
tappezzeria dei davanzali dei palchi e dei panneggi in velluto rosso è stata
eseguita dal tappezziere Mario Palagi di Roma, che ha pure curata la
decorazione in droghetto delle porte che conducono alla platea. La sala, splendidamente illuminata a luce
elettrica”, si legge ancora sull’Istonio,
“presentava un aspetto gaio ed
elegantissimo, veramente degno della circostanza o d’una serata di gala, sia
per le toilettes delle signore, che spiccavano vivacemente nel fondo rosso dei
palchi, sia per la ricchezza delle decorazioni”.
In occasione della riapertura
del Teatro, venne rappresentata dalla compagnia di Alfredo Fabbrini la “Geisha”, operetta in due atti di Sidney
Jones, andata in scena per la prima volta nel 1896. Particolarmente apprezzate
furono le esibizioni di Zelinda Fabrini, nei panni di Miss Molly, la soprano
Maria Robert in quelli di Mimosa, e ancora Augusta Tassi, Vittoria Beccarini
(Capitan Katana) e Alfredo Fabrini, caratterista perfetto nei panni del Corsi.
Lino Spadaccini
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