di LINO SPADACCINI
Stasera, alle ore 18, solennità della Sacra Spina. Mons. Bruno Forte,
Arcivescovo della Diocesi di Chieti-Vasto, presiederà la Solenne
Concelebrazione Eucaristica, cui farà seguito la processione della Sacra Reliquia
per le vie del centro storico.
Ogni anno nella chiesa di Santa Maria Maggiore si ripete il “miracolo”
della Sacra Spina, non tanto per la fioritura della Spina, che avviene tra l’ora
sesta e l’ora nona del Venerdì Santo, quanto per i numerosi fedeli che
assiepano la chiesa e le strade, che ancora oggi, dopo
cinquecento anni, mantengono viva questa
festa, questa tradizione e la grande devozione verso questa Sacra Reliquia.
Come molti ancora oggi ricordano, in passato la processione si svolgeva
intorno a mezzogiorno. In segno di devozione molti uomini sfilavano per le
strade completamente scalzi, mentre le donne indossavano semplici calze e
portavano in mano un grosso cero. Ma l’emozione più forte è quando il canto
dell’Ave Spina riecheggia all’interno
delle mura della chiesa di S. Maria Maggiore in tutta la sua potenza e
struggente solennità: Ave Spina, quae
cospersa / Es Divino Sanguine; / Quaeque ex dumis es conversa / In Diadema
Domini: / Te precamur, ut adversa / Cuncta a nobis abigas.
da Luigi IX di Francia e poi da lui donata alla Cattedrale di Notre-Dame di Parigi. Da questo oggetto, nel corso dei secoli, furono tolte numerose spine per essere donate a chiese e santuari.
Immagine storica della cappella della Sacra Spina Foto Nicola Scotti |
La prima notizia sulla Sacra Spina la troviamo sul manoscritto Memoria dell’antichità del Vasto di
Nicola Alfonso Viti: “Solo in tal giorno
apparisce in cima a questa reliquia, come un fiore di certa materia, che par
lanugine bianca; ond’è che non può dubitarsi, che sia altro una di quelle
benedette spine…”. Ma le informazioni più complete le possiamo leggere in
un piccolo libricino, Notizie Istoriche
appartenenti alla Sacra Spina, scritto da Francesco Leone e stampato a
Napoli nel 1778, dove sono riportate, oltre ad informazioni storiche utili,
anche alcune testimonianze dirette vissute da alcuni personaggi e dall’autore
stesso del testo: “È questa una Spina
intiera lunga oncie tre ed un minuto di palmo architettonico Romano, aspersa
nella punta del divin Sangue;
graziosamente conceduto dal Pontefice Pio IV al famoso D. Ferdinando
Davalos Governatore di Milano, e Delegato al Concilio di Trento come
Ambasciatore del Re di Spagna Filippo II, dopo la di cui morte, fu ella da D. Alfonso
Davalos di lui erede, trasportata a Vasto, e decentemente situata nella Chiesa
Parrocchiale, oggi Real Collegiata insigne di S. Maria Maggiore, dove
presentemente si venera”.
Le testimonianze dirette, riportate sul citato libricino sono quelle degli
storici Nicola Alfonso Viti, di cui abbiamo già riferito, di Tommaso Palma,
autore della prima storia di Vasto data alle stampe (1690), dove si legge “Che queste sia veramente una di quelle, si
comprova con evidenza dal prodigioso fiorire”, ed ancora Padre Federico
Sardeschi, predicatore, che nel 1748 osservò sulla “Spina una goccia di sangue lucida, e risplendente, la quale dopo un
quarto d’ora a poco a poco svanì”, e lo stesso Francesco Leone, che il
Venerdì Santo del 1743 vide “spuntar dal
gambo alcuni piccoli steli, che prima non si vedevano, né si videro dopo”.
Tanta è la
devozione del popolo vastese verso questa reliquia, e tanti sono gli episodi
che la tradizione e i libri di storia ci hanno tramandato. Una di queste è
presente nel dipinto, datato 1857, sulla volta della navata centrale di S.
Maria Maggiore, opera del pittore vastese Andrea Marchesani, dove è raffigurato
“Il Miracolo della Sacra Spina”, per ricordare un episodio avvenuto nel 1643.
La notte della vigilia del Corpus Domini, probabilmente a causa di un lume
rimasto acceso, l’Altare maggiore prese fuoco e ben presto le fiamme
divamparono su tutto il presbiterio, alimentate dalla presenza del legno del
coro, dei sedili e dell’altare. Le fiamme arrivarono fino al tetto, tanto che
cominciarono a cadere, una dietro l’altra, tutte le travi che lo sostenevano.
La gente richiamata dal fumo e spaventata dalle alte fiamme che fuoriuscivano
dalla chiesa, rimase inerme davanti a tanta sciagura. Il pensiero della gente
andò subito alla Sacra Spina, che in quel tempo si conservava all’interno di
una nicchia di legno dell’Altare maggiore. Coraggiosamente uno schiavo turco,
impietosito dalle preghiere del popolo, ma anche incoraggiato ad intervenire,
con la promessa di guadagnare la libertà, si spinse all’interno della chiesa, e
trovato un varco tra le fiamme, riuscì ad arrivare fino all’altare ed a portare
in salvo la Reliquia.
“Quindi può ognuno agevolmente arguire quanto
maggiori, e più frequenti siano le grazie, che si dispensano da lei a favore
de’ Cittadini Divoti”, scriveva Francesco Leone, “ Non v’è disgrazia, non v’è male, che si faccia a minacciare questa
fortunata Città, che alla comparsa di tal prodigiosa Reliquia non si dilegui!”.
L’autore dell’opuscolo ricorda l’incendio divampato in casa Raimondi, la
mattina del Sabato Santo, ma portata la Sacra Spina sul luogo, da un Sacerdote
Capitolare, “appena imboccossi in quella
strada, donde poteva vedersi l’incendio, le vampe si ritirarono, e non prima
giunser Ella presso l’ardente casa, che affatto con universale stupore
spontaneo si spensero”. In un’altra occasione, a causa delle devastazione
di un imponente sciame di locuste, venne portata in processione la Reliquia e “le infeste bestiole aggomitolatesi
concordamente in aria a forma di vasta, e densa nube, fuggirono a sommergersi
in mare”. Nel 1777, a causa della siccità, durata per tutta l’estate e per
buona parte dell’autunno, si decise di far uscire in processione la Sacra
Spina, ma il giorno precedente alla data fissata, cadde una pioggia benefica.
Nel 1647 il Marchese D. Diego D’Avalos, fece erigere
una “maestosa Cappella”, dove poter
conservare con maggior decoro la preziosa Reliquia, e i suoi successori, D.
Cesare e D. Ippolita, la arricchirono con ricche suppellettili sacre. Oggi la
Sacra Spina si conserva nell’omonima cappella realizzata nel 1921 su progetto
(1890) del giovane architetto vastese Roberto Benedetti.
a me dela sacra spina non mi frega niente, quindi non parlare a nche a nome mio,grazie, Vuoi vedere che faccio un sondaggio e ti provo ceh alla maggoranza di loro non gliene frega niente?
RispondiEliminaPS: per sicurezza me sosalvato la pagina,cosi' vediamo se mi s-cancelli
RispondiEliminagiacinto2000