martedì 17 luglio 2018

Speciale Costa Vastese: (9) CANALE, la scogliera scelta dai d'Avalos per la loro villa al mare

di Lino Spadaccini

Qualche anno fa Espedito Ferrara a proposito della costa vastese scriveva: "Dopo la Penna una serie dolce e sinuosa di prominenze e di insenature, altrettante spiaggette deliziose e discrete, si svolge armoniosamente per raggiungere la Marina, - la donna Reggine de tandabbeltà -, marcate ciascuna da un trabocco nerognolo come un grosso ragno insidioso ai pesci della costa. Tra allor’emmò per ripetere un titolo poetico del De Titta vi è questa differenza assai stridente: queste gemme di località allore, a tempo della dittatura, erano a disposizione del popolo e quindi raggiungibili in qualsiasi ora del giorno e della notte; mò, a tempo di democrazia, ossia di aristocrazia del popolo, sono state confiscate dagli arricchiti del dopoguerra e dalla speculazione, i quali ne vietano l’accesso al popolo con tanto di tabella: «Proprietà privata»: potenza del progresso democratico, non c’è che dire!".

Negli ultimi anni alcuni accessi al mare sono stati aperti, ma molti altri, come più volte segnalato sul blog NoiVastesi, sono rimasti soltanto sopra un pezzo di carta.

Percorrendo la Statale 16, qualche centinaio di metri dopo aver superato l'ex Ristorante La Vela, si giunge nella zona cosiddetta di "Canale", chiamata così per l’abbondanza delle acque che irrigavano la zona.

Il Marchesani ricorda che quando i d’Avalos"signoreggiavano in Vasto teneansi riserba di caccia nel loro podere alla Canale, cinto per tre miglia da muro, del quale tuttavia sussistono lunghi avanzi". Lo storico vastese ricorda che l’abbondanza di acqua presente nella zona, animava molte fontane ed inoltre era presente anche uno splendido giardino di fiori ornato da molte statue, comunemente chiamati "li pupattune di la Canale".  Per l’amenità del luogo il Marchese del Vasto, don Cesare Michelangelo, progettò di costruire un "casino fra le onde
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della confinante scogliera marina".
Fino agli anni ’50 i resti dei giardini di Villa Canale erano ancora ben visibili. Con la realizzazione della Statale 16 la grande fontana, usata come peschiera venne distrutta, mentre le statue, rimosse, finirono in mani ignote. Oggi rimane ben poco  se non l’arco, ancora visibile dalla strada, e alcune piccole peschiere.

Debitamente segnalato dal cartello, attraverso una larga e comoda strada si può scendere fino in spiaggia, anche con la macchina, così come fanno alcuni residenti, che hanno la casa in prossimità della costa. Attraverso una diramazione sulla sinistra, si può giungere in prossimità del trabocco a nord di Canale.
Il golfo, piuttosto ampio, è delimitato da due trabocchi, mentre la spiaggia di pietre lisce è stretta, ma molto accogliente. Alcuni scogli isolati emergono dalle chiare acque, rendendo il paesaggio alquanto suggestivo.
Al trabocco, l’antica macchina da pesca tipica delle coste abruzzesi, il poeta Fernando D’Annunzio ha dedicato una bella poesia che con piacere riportiamo.

Lu truabbàcche

Cand’é ccuriòs’ e bbèlle lu truabbàcche!
Tra mar’ e ccéle päre šta suspuàse.
‘N’ôpera d’ârte di tréve ‘ndricciéte
turt’ e ddirètte, e di ferrifiléte.

Tréve che da la tèrre va’ ‘lu muäre,
tréve che da lu muäre va’ ‘luciéle,
tréve che ss’arimmèire ‘mmèzz’ all’âcche
a ndo’ la ràite šta ‘ spittä’ lu puàsce.

E ‘n gèime šta ‘ spittä’ lu trabbuccânde
nghi la vôliche, prond’ a ssalipä’.
…M’aricorde, cand’ ére scacchjinôtte,

jàv’ a li scùjea unìt’ a li ‘micèzie;
‘i tuffuaväme da ‘n gim’ a li ‘ndànne.
Ci’aripènze… e mi vé’ li trimilèzie.




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