sabato 14 luglio 2018

Speciale Costa Vastese: (6) LEBBA uno dei tratti meno conosciuti




di Lino Spadaccini

Dopo aver osservato il primo tratto di litorale dall’alto del promontorio di Punta Penna, è arrivato il momento di scendere e vivere da vicino la bellezza della costa.
Riprendendo la strada in direzione della Grotta del Saraceno, superato il ponte della Lebba, si svolta subito a sinistra. Percorrendo lo stretto sentiero, facendosi largo tra la folta vegetazione, dopo una ventina di metri si giunge alla foce del torrente Lebba.
Anche lo storico Luigi Marchesani, nella sua
Storia di Vasto, ricordava questo luogo: "Indi si appresta il seno della Lebba, che lievemente restringendosi retrocede per due miglia e più in forma di poco profonda valle. Un fiumicello nato nel tenimento nostro le solca il mezzo, e nella foce si allarga in guisa che il più esteso sbalzo non lo sorpassa… Mancando di alveo il fiumicello, le sue acque spandevansi nel piatto fondo della vallicella; ed unite alle altre, che di qui assorgevano per ragione delle vicine alture, formavano palude e fitta, ricchissime di cacciagione, ma oltremodo infeste alla umana salute per miasma produttore di febbri periodiche".
Questo è uno degli angoli meno conosciuti dell’intera costa. Per molti sarà la prima volta e vi assicuro che lo spettacolo è assicurato. Se vi aiutate con un bastone oppure una canna molto resistente, potete provare a scavalcare il torrente e passare sulla riva opposta per osservare da vicino i tanti scogli che affiorano dall’acqua trasparente. Anche se rimane l’amaro in bocca nel vedere gli enormi silos a pochi metri dal mare, la sporcizia ovunque e il torrente Lebba che scorre silenzioso verso il mare, a volte con un olezzo maleodorante.
Guardandosi intorno, quello che salta subito all’occhio, sono le tante pietre porose, come fossero state corrose nel tempo. Come è facile immaginarsi, questo è uno dei tratti più inquinati della costa e il divieto di balneazione è d’obbligo.
Se siete fortunati potete trovarvi davanti uno stormo di gabbiani riposare sulla spiaggia sassosa e di tanto in tanto spiccare il volo e volteggiare nell’aria.
Questo tratto di costa non è sfuggita alla penna di Nicola Del Casale, che verso la fine degli anni ’70 l’ha immortalata nel sonettoA ddo’ carre la Lebbe:

La Lebbe s' aripiâgne de 'na vodde
lu tuembe a ccarre tra jünge e ccannëzze,
senza capazze e ll'âcca chiäre sciodde,
mäje alliséte 'nahacce, 'na stëzze.

- A rréte pi la Panne mi n'ascëjve –
la Lebbe - e da la firruvuëjje,
quäse durmuenne, ridenne a la rëjve,
fin' a lu muäre nghe ppoca fatëjje.

Jë ' ntinghe calpe de gnamé se’ vvratte,
mess 'a ddirëtte piffä’ la pandäne.
Ghrâsse e ‘lliséte, mi tréuve custratte

Li cânne a ttagne, li préte, 'stu muäre.
M ' hanne cagnäte natüure! E ddumuäne,
la môrte a li scujje. Pòvere crapäre!

Nessun commento: