martedì 10 aprile 2018

M° ANIELLO POLSI: 35 anni fa la sua morte, "oggi vogliamo commemorarlo con CORE ME!"

L'operetta fece enorme succcesso e varcò i confini nazionali. 
Si cantava perfino a Bombay!  Ecco l'intera storia.
Core Mè di Polsi rappresentata al Rossetti nel 1988 dal Coro Polifonico Histonium

di Lino Spadaccini

Polsi a sinistra,  con Espedito Ferrara
(autore del testo di Core Mè)
Trentacinque anni fa il, il 10 aprile del 1983, ci lasciava il M° Aniello Polsi, poeta e musicista, autore tra i più significativi della canzone folkloristica abruzzese.
Oggi vogliamo commemorarlo attraverso il ricordo di un opera indimenticabile,Core me', rimasta nel cuore della gente, con alcune melodie entrate da subito a far parte del repertorio dei principali cori folkloristici e ancora oggi eseguite con successo.

È il 16 ottobre 1932 quando per la prima volta va in scena la commedia musicale in dialetto abruzzese scritta da Espedito Ferrara e musicata dal M° Aniello Polsi, e clamoroso è il successo di pubblico e di critica, con l’intreccio amoroso di Rusenelle (nella prima rappresentazione del 1932 interpretata da Lucia Scotti), Minghe (Raimondo Sanframonti) e Fiurine (Michele Galante), che ha
40 foto storiche>>>  
entusiasmato ed emozionato gli spettatori presenti non solo nelTeatro Rossetti di Vasto, ma anche in altri prestigiositeatri abruzzesi.Tutto questo grazie da una trama semplice, coinvolgente e piena di liricità, creata dalla penna dell’appena ventiquattrenne Espedito Ferrara, esaltata dalle melodie fresche ed eleganti composte da Aniello Polsi.

"La commedia, felicemente innestata alle forme classiche della nostra operetta", si leggeva in una nota dell’O.N.D. (Opera Nazionale Dopolavoristi) nei giorni precedenti la rappresentazione del 1932, "costituisce il primo tentativo, il primo esperimento di produrre scenicamente il folklore abruzzese in veste lirica e idilliaca secondo una concezione organica e artistica, in cui versi, prosa e musica riflettano quasi specchio fedele l’anima della gente nostra tutta pervasa di tenerezza e di fascino senza incorrere perciò in deprecate arcadicherie o in banalità operettistiche. L’amore, sbocciato come uno sgarciante rosolaccio fra il grano, viene trattato dal Rag. Ferrara con una idealità finissima, squisitamente delicata, frammista ad un senso di ineluttabile superstizione e animato dal soffio religioso, che formano la parte maggiormente poetica e tipicamente folkloristica del lavoro".

Core mè è indubbiamente uno dei lavoripiù noti di Espedito Ferrara, insieme a 'Ssa fa' Ddë,un’opera sincera perché nasce dal basso, dalla voce schietta e autentica del popolo attraverso i sentimenti, l’amore, i costumi, la nostalgia e la parlata tipica della nostra terra.

La commedia narra l’amore contrastato di Rusenelle e Minghe. Un contrasto nato dall’infatuazione che Rusenelle ha per il figlio del padrone: Fiurine. L’intreccio della trama si snoda, attraverso scene di vita contadina degli inizi del secolo, fino al momento in cui torna Fiurine dalla città al punto che Minghe si sente abbandonato da tutto e da tutti. Tutto sembra volgere contro Minghe, ma il destino spesso è beffardo e l’amore di Rusenelle verso Fiurine è destinato ad interrompersi. La causa è l’arrivo della zingarella che rinsavisce Rusenelle dal suo sogno d’amore verso Fiurine, e donandole l’anello portafortuna le dice che tocca a lei scegliere la strada giusta. Rusenelle è intimorita da queste parole e vuole provare subito l’anello al dito di Fiurine, che acconsente; l’anello non entra e Rusenelle scappa via piangendo.
Tutto è pronto per la partenza di Minghe e sembra che l’incontro con Rusenelle non debba esserci, ma la lampada della Provvidenza si riaccende e finalmente Rusenelle può dichiarare il suo amore. Quando Minghe chiede alla sua amata di sposarlo, lei risponde "Scine, core mè".

A raccontare il successo della prima rappresentazione è un giovane giornalista vastese, l'indimenticato Angelo Cianci, che trent'anni più tardi fonderà il periodico Vasto domani: "Tre chiamate alla fine del primo atto, tre al secondo e due al terzo confermano l'entità del successo che va ricercato più che nella trama, nell'interpretazione musicale. Infatti il ritmo musicale a volte lento quando accompagna l'elegiaco canto delle nostre nenie abruzzesi, a volte allegro quando dal volto delle vezzose nostre stornellatrici traspare giocondo l'amore, oppure quand'esse a raduno s'invitano per la caratteristica saltarella porta nella scena il tipico ambiente abruzzese intessuto di canti leggiadri echeggianti tra il profumo dei campi. Agl'interpreti non possiamo rivolgere molti elogi; essi si sono disimpegnati come meglio potevano di fronte alla serie di difficoltà che una commedia musicale in dialetto abruzzese presenta. Ammiratissime sono state le sorelle Scotti – Lucia e Lina – la prima nella parte principale di Rusinella e la seconda nella Zingarella. Sanframondi in Minghe ci è apparso molto tragico, più tragico forse della parte stessa che egli era costretto interpretare. Molta ilarità ha destato Izzi in Totò ed un po' impacciato ci è sembrato Galante in Fiurine". Le ricamatrici, le stornellatrici, le filatrici e le lavandaie aggiungono un tocco di colore e vivacità alla scena come anche le scenografie originali realizzate da tre giovani promettenti pittori vastesi: Luigi Martella, Michele Fiore e Filandro Lattanzio. "In complesso", chiude Angelo Cianci, "Core mè ha soddisfatto il pubblico che ripetutamente ha acclamato, e mentre siamo sicuri che questo primo tentativo di commedia abruzzese, lievemente modificato nella dizione, riscuoterà presto meritato successo nei teatri delle cittadine della provincia, auguriamo agli autori Ferrara e Polsi il miglior successo".
Core me' torna in scena dieci anni più tardi, nella primavera del 1942, questa volta presso il Politeama Ruzzi, per iniziativa dei giovani dell'Istituto Tecnico Commerciale di Vasto. In un articolo apparso sul Popolo di Roma, il preside Italo Testa, così presenta la commedia, palesando una evidente preferenza per il M° Polsi (Per dovere di cronaca, bisogna sottolineare che tra Polsi e Ferrara, per alcuni anni, ci furono momenti di tensione  a suon di carte bollate): "Un giovane vastese, Espedito Ferrara, concepì e scrisse la semplice favola a sfogo di un cuore ventenne: di letterato una forse troppo insistente simbologia inconsapevolmente qua e là dannunziana che forza un po' il tono naturalmente simbolico della nostra nativa religiosità, e un troppo insistente amore del proverbio e del motto allusivo, a scopo pittoresco, che forza la pur naturale sentenziosità della gente dei nostri campi. Il Maestro Aniello Polsi raccolse nel canto la freschezza di una innamorata stagione in una ispirazione  felice che tutto ugualmente scalda e colora… Noi non conosciamo musica più abruzzese di questa del Polsi: i temi popolari risorgono nella loro nativa freschezza, nella loro vena un po' malinconica e raccolta anche nella gioia, nella loro pensosità sognante, nel loro misticismo colorito e solenne. Temi dai quali già pende lo sviluppo melodico che il Polsi raccoglie sempre e conchiude con movimenti personali, in una grazia delicata e fedele. È una musica tutta fusa ed unita, non disturbata, ma fatta più espressiva, come da un commento, dai momenti più liberamente soggettivi".

Successivamente, l'operetta varca le porte del prestigioso Teatro Marrucino di Chieti, grazie all'interessamento del letterato casalese Italo Testa. In una lettera inviata al M° Polsi, il preside dell'Istituto Tecnico di Vasto così aggiornava sui preparativi:

Carissimo Aniello,
Costantini è entusiasta della tua musica e grazie alle premure di Galante e di Marino che si danno da fare per trovare locali adatti alle prove e al resto, favoriti da ottimi amici di Chieti, Core me' si avvia verso una fortunata nascita chietina.
Io non ho potuto che informarmi e riferirti perché tutto era già fatto.
Comunque Costantini mi informerà dei progressi ed io terrò d'occhio, come tu dici e con tutto l'entusiasmo che conosci, il lavoro di preparazione.
Ti aspetto a Chieti ed aspetto Romeo Lunti  che mi ha scritto, in tal senso.
Raccomandagli di venir presto, passando da Consiglia prima della partenza.
Coi più cari auguri, ti abbraccio
Aff.mo Italo Testa

Alla fine del 1948 Core me' viene rappresentata a Guardiagrele dalla compagnia Aelion, sotto la direzione di Antonio Spinogatti. L'opera, andata in scena presso il Cinema-Teatro Partigiano ottiene un buon successo con gli attori e l'orchestra all'altezza della situazione, e lo stesso M° Aniello Polsi, al pianoforte,  insistentemente invitato dal pubblico e festeggiato sul palcoscenico.
La compagnia guardiese, composta da circa sessanta elementi, nel gennaio successivo si esibisce ad Atessa, mentre a maggio porta in scena la commedia al Fenaroli di Lanciano.
Nei giorni successivi Mario Mariani, invia un biglietto al M° Polsi, complimentandosi per la buona riuscita della commedia: "Ancora ho nel cuore l'eco delle sue musiche di Core mè, che la filodrammatica guardiese ha dato ieri sera con successo qui a Lanciano. Mi hanno fatto tanto bene: un intervallo di freschezza e di purità in tante brutture che gravano sul mondo; una trama di luce e di serenità nell'atmosfera sanguigna che avvolge la nostra vita.
Grazie, grazie di cuore. E con lei ringrazio il delicato e gentile poeta che ha dato la vicenda e le parole ai suoi canti".

Core mè torna nuovamente al Rossetti di Vasto nei primi anni '50, per iniziativa del professor Nino Nanni, preside dell'Istituto tecnico e Magistrale, in collaborazione con l'Azienda di Soggiorno, a beneficio della "Casa dello studente".

Core me'varca anche i confini nazionali. Oltre alla pubblicazione dell'opera oltreoceano,con il titolo di My heart, per la Sylvester Music Co Ltd, troviamo un curioso aneddoto raccontato sulle pagine dell'Histoniumda Mario Orsini Ratto, a quel tempo Console generale a Bombay, quando durante una passeggiata per le strade della città indiana, sente una melodia familiare: "Sentivo cantare e istintivamente mi dirigevo verso quel coro armonioso che sembrava disciplinato e ben diretto, del tutto differente dalle nenie dei mendicanti che di buon mattino, in gruppi anche numerosi, hanno l'abitudine di chiedere l'obolo in quel modo… Ma le canzoni non erano inglesi, né italiane; a pochi passi di distanza, col cuore in agitazione, riconobbi uno dei nostri più difficili dialetti dai toni aggraziati, si cantava: Core mè, in abruzzese!". Avvicinatosi incuriosito, l'uomo si trova davanti una donna europea che indossava il sari:è la nota soprano Janina de Witt, intenta a cantare Core me'.
Il successo dell'operetta passa anche attraverso la radio nazionale: l'8 agosto 1956, sul secondo programma radiofonico, all'interno del programma "L'Italia è uno spettacolo: L'Abruzzo", viene trasmesso il brano Viva l'amore.

Dopo un lungo silenzio, nel 1988,a più di quaranta anni dall’ultima rappresentazione, il Coro Polifonico Histonium, in occasione del 15° della fondazione, mette in scena una nuova edizione di Core mè, con quattordici rappresentazioni proposte in diverse città, riscuotendo ovunque consensi di critica e pubblico. Presente alla serata inaugurale presso il Teatro Rossetti, anche un commosso Espedito Ferrara.
Sotto la regia attenta e puntuale di Antonio Piccirilli, Giuseppe Di Paolo ha vestito gli abiti di Minghe, Valeria De Fanis quelli di Rusenelle, Pino Cavuotiquelli diFiurine, mentre Antonio D’annunzio ha impersonato Totò;gli altri interpreti principali Grazia Malatesta (Stellucce), Roberto Del Borrello (Pizzapapere), Daniela D’Amore (Mirelle), Fernando D’Annunzio (Zi Cole) e Mirella D’Aurizio (ZijaSande).L’orchestra ed il coro sono stati abilmente diretti da Lucio Nardone;gli abiti, disegnati da Laura Santoro, sono stati realizzati da Giuliana Tosone, mentre le scene sono state curate da Italo Iammarino.
Il frutto dell’intenso lavoro è stato raccolto con l’incisione in vinile delle più belle melodie tratte dalla commedia musicale. Tredici le tracce presenti e tra queste non poteva mancare l’indimenticabile coro delle filatrici con la famosaE ffil’effil’effile:

E ffil’e, ffil’effile
file la ggiuvunètte…
n’te fuse, n’te vertécchie
l’amore, ma che ffà?

Annaspe, vodd’eggire
e ‘ndrecce e ‘ndricciarelle
matasse e jummarelle
n’zepo’ cchiùscatenà.

Oilì oilà
canghe le chiave ‘n cénde…
Martine po’ sta déndre:
éccose che sse sa…

E ffil’effil’effile
file la donna bbelle
l’amore éficcarelle
de nase e ssa che d’ha!...

Molto bella e intensa anche l’aria che da il titolo alla commedia Core mé:

Ere nu fiore bèlle e pprufumate
na rosa rosciagné nu foche
cresciute nghelupiande a ppoch’appoche
lupiande de chest’occhie ‘nnammurate…

Te vujjetandebbene,
core mé…
e nenmme da cchùppene,
core mè…
striìgnite m’bracc-i-a mmègnéna catene
ma dìmme tu: te vujjetandebbene,
core mè…

Mòlucciardinenen tè cchiùbbellèzze
n’tè cchiùpprufume senza chelu fiore…
ccuscì se strujjel’alme de delore,
se strujjest’alme ‘m biande d’amarèzze…



Nessun commento: