sabato 17 marzo 2018

1847: Filoteo Palmieri contro la pena di morte


di LINO SPADACCINI

Nel 1847 il vastese Filoteo Palmieri pubblicava in interessante libro, ancora oggi molto attuale, sulla pena di morte. Solo nel dicembre 2007, su iniziativa italiana, l’ONU ha approvato una storica risoluzione per la moratoria universale della pena di morte, ossia per una sospensione internazionale delle pene capitali.
In Italia, dopo alcune sospensioni e reintroduzioni, la pena di morte è stata espressamente vietata dalla costituzione del 1948, tranne per casi previsti da leggi di guerra, questi ultimi aboliti solo nel 1994. L’ultima


esecuzione in Italia è avvenuta nel 1947, quando vennero fucilati tre uomini colpevoli della strage di Villarbasse dove morirono dieci persone.
Ma torniamo al nostro concittadino Filoteo Pamieri, giureconsulto di fama e uomo di lettere, marito della poetessa napoletana Adelaide Folliero de Luna, sposata a Vasto il 31 marzo 1839.
Pubblicato per i tipi della Tipografia Galileiana di Firenze, il saggio per tanti anni è stato un punto di riferimento importante per gli studiosi di materie giuridiche, per le sue considerazioni sociali e politiche sulla pena di morte.
“Una delle più grandi controversie in fatto di Legislazione”, scriveva il Palmieri nell’introduzione, “è stata ed è tuttavia quella intorno al supplizio capitale… Non v’à dubbio, che cotesta Pena trovasi statuita ne’ Codici criminali di tutti i Popoli della Terra sì antichi che moderni, siccome parecchi Scrittori àn creduto opportuno di osservare, affin di sostenerne la sanzione. Ma ciascuno che versato sia nella conoscenza delle umane cose, e delle molteplici vicende cui elleno vanno quotidianamente soggette, sente quanto siffatto argomento sia debole; sente che tosto o tardi può l’errore venir rischiarato dal lume della Ragione… Trovansi in essa registrate le memorie le più triste, le più orribili della ignoranza, della crudeltà, e della tirannide: memorie che offronci di tratto in tratto, nelle diverse regioni della Terra, in tempi erroneamente celebrati come se aggiunto avessero il sommo grado della Civiltà e della Sapienza, lo spettacolo d’idee le più infami e più truci; sì che in leggendole a stento tu credi che l’uomo dispiegar potesse tanta rabbia, e tanta ferocia verso il suo simile, da farne scempio co’ ritrovamenti i più spaventevoli e cogli artifizî i più raffinati della barbarie”.
Secondo molti la pena di morte è giusta, utile e necessaria e il compito del Palmieri, lungo le oltre duecento pagine del libro, è proprio quello di smontare questa tesi, attraverso una dotta esposizione sull’argomento, approfondendo e puntualizzando anche con esempi e citazioni le proprie idee.Giacomo Raccioppi, sul giornale napoletano Il Paese del 1 ottobre 1859, a proposito del libro del nostro concittadino, scriveva: “…il ch. Sig. Palmieri condanna la pena di morte; come quella che si oppone essenzialmente allo scopo della pena in genere, cioè alla riparazione materiale dell’offensore in pro dell’offeso: - Che morte addoppia, e non ristaura il danno. – Per verità non sarebbe questa una ragione valevole a combattere la dubbia giustizia dell’ultimo supplizio. Ma dopo cotesto primo argomento l’Autore trae le sue generose considerazioni da altre non nuove per vero dire, ma più valevoli al certo”. E sono “ – dalla irrevocabilità della pena capitale; (ed è la revocabilità, la remissibilità, condizione essenziale alla pena; appunto perché non è Giudice che l’Uomo!) – dalla perniciosa influenza sui costumi de’ popoli; – dalla riconosciuta inutilità de’ supplizii; – da’ limiti essenziali al potere legislativo. – E potremo aggiungere dalla indivisibilità di essa pena”.
Il libro può essere consultato presso l’Archivio Storico Comunale a Casa Rossetti.
Lino Spadaccini

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