lunedì 22 gennaio 2018

Il presidente del Consiglio Forte racconta come è nata l'Area Industriale di Punta Penna

Ieri su www.piazzarossetti.it  Giuseppe Forte ha ricostruito la storia di Punta Penna.
L'area di Punta Penna: un bene che dobbiamo difendere tutti assieme
Le divisioni e le strumentalizzazioni non servono alla causa

Sarebbe opportuno riportare indietro le lancette del tempo per andare a rileggere atti ufficiali assunti dai responsabili degli enti territoriali che, dagli anni sessanta ad oggi, si sono interessati delle aree retrostanti il bacino portuale di Punta Penna di Vasto. Decisioni prese in tempi decisamente diversi dai nostri allorquando certi fenomeni, come la difesa dell'ambiente, non erano ancora avvertiti e sentiti dall'opinione pubblica.

Erano quelli gli anni del rilancio dell'Italia, uscita sconfitta dal secondo conflitto mondiale, e c'era la necessità di creare occupazione per frenare il fenomeno dell'emigrazione (che negli anni cinquanta aveva raggiunto livelli allarmanti) per dare occupazione ai giovani. Erano anni in cui la crescita demografica dell'Italia era ancora una felice realtà e nelle famiglie c'era la necessità di entrate mensili atte a garantire una vita dignitosa legata al programma di crescita dell'economia nazionale voluta dai Governi di quel periodo storico.

Ricordo con precisione l'anno 1967 allorquando a Vasto, dopo una prima consultazione elettorale amministrativa finita alla pari (ndr: 15 seggi per parte) tra la vecchia Democrazia Cristiana e l'opposizione, costituita dalla formazione civica "Il Faro" e dall'allora vecchio Partito Comunista Italiana, per le vie della città girava un furgoncino munito di altoparlante dal quale uno speeker ripeteva questo slogan: "A San Salvo le industrie, a Vasto le fontanelle!!!". Il riferimento era allo sviluppo industriale decretato per l'area di Piana Sant'Angelo dal partito allora dominante e la inaugurazione di un paio di fontane a Vasto volute dal Commissario Prefettizio, il dott. Galletti, venuto a gestire un anno di vuoto amministrativo tra le elezioni amministrative del novembre del 1966 e quelle del novembre 1967.

Punta Penna, dunque, finì per diventare zona industriale con tutti i danni che oggi in tanti riconosciamo.

Ci fu anche il rischio di subire l'insediamento di una grande centrale mentre nella vicina Val di Sangro si paventava l'arrivo della Sangro Chimica. Per fortuna la politica di allora seppe dire di no.

Il Consorzio Industriale del Vastese assegnò le aree a chi ne faceva richiesta senza preoccuparsi molto del tipo di industria che si sarebbe andato ad insediare in una zona di così grande pregio naturalistico. Addirittura all'interno del Porto di Punta Penna veniva distrutto lo "scoglio spaccato", ovvero una roccia dalla quale fuoriusciva acqua potabile. Oggi la presenza di un'attrattiva di quel tipo avrebbe fatto da volano per l'economia turistica della nostra città.

Sono seguiti anni difficili con acquisizioni di aree sulle quali si è fatto di tutto e di più. Basti pensare ai famosi serbatoi sistemati a ridosso del porto per stoccare l'acido solforico. Una vicenda che vide impegnata la magistratura vastese in una controversa vicenda che fece registrare la presenza in Vasto, nella fase processuale nella quale erano finiti anche pubblici amministratori, illustri rappresentanti del mondo forense nazionale.

Lotti di terreno, senza andare per il sottile, vennero concessi ad attività prettamente commerciali e perfino a qualche libero professionista.

Ci volle una ferrea volontà e tanta determinazione da parte di alcuni esponenti politici e di cittadini, difensori del territorio ed amanti dell'ambiente, per giungere venti anni or sono, dopo una lunga battaglia vissuta sui banchi del consiglio regionale d'Abruzzo, al riconoscimento della Riserva Naturale Marina di Punta Aderci. Correva il 20 febbraio del 1998.

Da quel giorno quell'area è diventata famosa a livello nazionale ed internazionale richiamando turisti da ogni dove per le sue caratteristiche legate al paesaggio, all'ambiente ed alla presenza dell'eccezionale flora e della caratteristica fauna.

In qualche circostanza si è parlato di delocalizzazione degli impianti esistenti lungo la pianura del Cantalupo. Un'idea che, con i tempi che corrono - tenuto conto dei costi di un così impegnativo intervento -, non sembra possibile prendere in considerazione e realizzare.

Ora, per gli errori di allora, si corre il rischio di ritrovarsi uno stabilimento (ndr: in parte già presente) dalle cui ciminiere sicuramente non usciranno aromi gradevoli e fiori...

Ricomincia una battaglia che potrà essere vinta solo se tutti assieme sapremo fare corpo evitando sterili ed inutili polemiche.

Giuseppe Forte


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