domenica 17 settembre 2017

INAUGURATA A VASTO LA NUOVA COMUNITA’ EDUCANTE CON I CARCERATI

di LUIGI MEDEA
“L’uomo non è il suo errore. Occorre scoprire la dignità che alberga in ogni persona, anche in chi ha commesso i reati più abominevoli” e “Una giustizia che educa e accoglie è più efficace di una giustizia che vuole solo punire”.  Nel segno di queste incisive parole, lasciate in eredità spirituale da don Oreste Benzi, si è svolta Venerdì  15 settembre 2017, nel quartiere di S. Lorenzo a Vasto, l’inaugurazione ufficiale della nuova comunità educante con i carcerati (CEC)  “Santi Pietro e Paolo”, voluta
dalla Comunità  Papa Giovanni XXIII, alla presenza di illustri ospiti, in particolare: il sottosegretario alla Giustizia dott.ssa Federica Chiavaroli (il ministro Orlando ha inviato un suo messaggio di saluto), l’arcivescovo Mons. Bruno Forte, l’Assessore Luigi Marcello e il Presidente del Consiglio Giuseppe Forte, la dott.ssa Lucia Castellani, Direttrice Generale del Dipartimento di Giustizia minorile e di Comunità, Franco Di Nucci,Responsabile del CEC “Santi Pietro e Paolo” e Giorgio Pieri, Coordinatore delle Comunità Educanti con i carcerati dell’APG XXIII.
Presenti anche i rappresentanti dell’Amministrazione penitenziaria, vari fedeli della comunità parrocchiale di San Lorenzo, guidati da don Antonio Bevilacqua, e tanti operatori di Vasto e del comprensorio, che collaborano con la struttura.
Il saluto dell’Amministrazione Comunale è stato portato dall’assessore Marcello, il quale ha augurato che la collaborazione tra istituzioni e comunità educante si rafforzi sempre più. È, quindi, intervenuto Giovanni Paolo Ramonda, Presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, che ha ringraziato quanti  lavorano  per i fratelli che vivono nelle carceri e ha sottolineato quanto sia importante puntare sui talenti di coloro che hanno sbagliato attraverso pene alternative che diano una vita nuova e una responsabilità nuova.
Molto pregnante l’intervento di Mons. Forte, che ha innanzitutto raccontato due esperienze  da lui fatte in precedenza (un dialogo con i carcerati assieme a Massimo Cacciari e la visione delle carceri ugandesi, dove la dignità era calpestata), per poi offrire alcuni spunti di riflessione, citando il pensiero di Benedetto XVI (quando le condizioni non tengono conto della dignità, lo stato fallisce; le istituzioni, quindi, giocano un ruolo fondamentale per il passaggio dalla disperazione alla speranza; la sfida è aiutare i carcerati a scoprire una motivazione di senso) e di Papa Francesco  (ogni pena deve porsi nel rispetto della dignità; contro ogni concezione vendicativa ed ogni populismo penale occorre proporre la “cautela in poenam”).
Il Vescovo, infine, ha ricordato ai presenti che la CEC di Vasto è stata voluta con grande impegno dalla Diocesi e con precise scelte pastorali, dove a primeggiare è la dignità delle persone. In particolare Mons. Bruno Forte ha detto: “Questa casa in realtà esiste già da tanti anni ed è stata utilizzata al servizio soprattutto di adolescenti bisognosi di accoglienza. Adesso da quasi un anno abbiamo deciso di ospitarvi i detenuti in uscita che possono essere aiutati a reinserirsi nella vita sociale e lavorativa nel pieno rispetto della loro dignità di persona umana. La Comunità Papa Giovanni si è offerta di gestire questa casa ma sempre in collaborazione con la Caritas diocesana e con tutti gli organismi all’interno della diocesi. Reintegrare gli ex-carcerati è la fase più difficile dopo anni di detenzione, quindi avere una struttura che consenta questo reinserimento con un accompagnamento anche adeguato è una forma di carità concreta, intelligente al servizio della persona umana, secondo l’insegnamento di Dio”.
Stimolante l’approfondimento della dott.ssa Lucia Castellani, la quale ha invitato a costruire una sanzione, che resta tale, ma nel rispetto della dignità.
Coinvolgente il racconto di Giorgio Pieri, che ha sottolineato come il sistema carcerario oggi sia fallimentare, solo se si pensa che “su cento persone che hanno scontato la pena in carcere, 75 commettono di nuovo un reato”. Per cui bisogna mettersi sul cammino del perdono, facendo trionfare il sì al bene, anche dopo che una persona ha sbagliato: un percorso che va dal carcere alla vita, passando dalla “certezza della pena” alla “certezza del recupero”, perché “una giustizia che educa ed accoglie è più efficace di una giustizia che vuole solo punire”. L’esperienza dei Cec vede i detenuti protagonisti attivi della loro riabilitazione e il coinvolgimento della comunità esterna.
Altre testimonianze dei responsabili della Comunità hanno evidenziato come “il camminare insieme sia l’unica strada per costruire il futuro”. Ed è stato questo il messaggio forte che si è maggiormente impresso nella mente e nel cuore dei presenti. Un messaggio richiamato anche nel depliant, distribuito prima del convegno, dove è spiegato a chiare lettere il significato della sigla CECComunità (insieme ci si aiuta, si lavora, si cercano soluzioni nuove per affrontare i problemi che si incontrano), Educante (per scoprire le potenzialità di ognuno valorizzandole), Con i Carcerati non per i carcerati, perché tutti ci educhiamo alla solidarietà e ai valori di una nuova umanità.
Ha preso la parola, a questo punto, il sottosegretario Chiavaroli che ha affrontato l’importanza delle misure alternative alla detenzione e la loro “convenienza” in termini di recidiva. “Esse cambieranno nome – ha affermato il sottosegretario - si chiameranno misure di comunità, perché si svolgono nella comunità. Sono convenienti. Se le persone le recuperiamo abbiamo meno delinquenti in giro”.
Le conclusioni dell’importante incontro sono state fatte da Giovanni Paolo Ramonda. Il programma della giornata è proseguito con la celebrazione della S. Messa e con il rinfresco.
LUIGI MEDEA










Nessun commento: