martedì 18 luglio 2017

DON BOSCO E IL PRIMO CONTRATTO DI LAVORO "MODERNO" IN ITALIA


di NICOLANGELO D'ADAMO

In pieno Risorgimento, con l’unità d’Italia ancora da costruire, a Torino veniva sottoscritto il primo contratto moderno di lavoro, con clausole che, in parte, solo molto più tardi entreranno nella normale prassi dei rapporti lavorativi.
A concepirlo e a sottoscriverlo fu don Giovanni Bosco, poi Santo, geniale precursore dell’istruzione professionale in Italia.
Sull’argomento è stato scritto molto, soprattutto
dagli storici di S. Giovanni Bosco,  per presentare l’offerta formativa del CNOS-FAP (Centro Nazionale Opere Salesiane - Formazione Aggiornamento Professionale), la creatura più importante nata dal suo impegno per i giovani.
Mi piace riproporlo perché un amico sacerdote salesiano me ne ha dato una copia per illustrarmi gli aspetti più innovativi., a cominciare dalle finalità educative contenute nelle clausole contrattuali che disegnano in sintesi la giovane pedagogia salesiana.
Quel contratto infatti non coinvolgeva solo i due soggetti interessati in prima persona: il datore di lavoro e il lavoratore, ma anche il genitore del giovane apprendista e lo stesso don Bosco direttore dell’oratorio frequentato dal giovane apprendista. A significare che quel biennio di apprendistato che si concordava, non doveva risolversi solo in un apprendimento professionale, ma aveva lo scopo anche di far crescere civilmente il giovane, con responsabilità da condividere con la famiglia, e, all’interno dell’oratorio, ricevere una formazione religiosa, perciò veniva sottoscritto anche da don Bosco (il contratto venne firmato nell’Oratorio Salesiano di Torino l’ 8.febbraio.1852 (1).
Il contratto, quindi,reca in calce quattro firme e nel primo punto si ricordano i compiti istruttivi ed educativi del maestro artigiano (si tratta di un falegname minutiere) come farebbe “un buon padre col proprio figlio”. Ancora più importante il capoverso successivo che fa obbligo al datore di lavoro di impegnare il giovane in compiti proporzionati alla sua età,e soprattutto con esclusione “di ogni altro servizio che fosse estraneo alla professione”. Come non pensare ai tanti abusi moderni con richieste lavorative che nulla hanno a che fare con il profilo professionale contrattualizzato!
Sicuramente originale il trattamento delle assenze dell’apprendista per oltre quindici giorni per malattia o “altro legittimo impedimento”. Quelle giornate lavorative saranno restituite al datore di lavoro, per “buonificazione”, al termine del biennio di apprendistato.
Al contrario di quanto si pensi, il periodo di formazione/apprendistato veniva anche retribuito:  “settimanalmente all’apprendista (sarà corrisposto) l’importare della sua mercede, convenuta in centesimi trenta al giorno per li primi sei mesi, ed in centesimi quaranta per il secondo semestre del corrente anno 1852 ed in centesimi sessanta a principare dal primo gennaio milleottocentocinquantatré, fino al terminare dell’apprendimento”.
Il contratto disciplina anche l’eventuale rimborso (“ristoro”) al datore di lavoro “per ogni danno che per causa dell’apprendista venisse a soffrire, sempre che però tale danno potesse all’apprendista giustamente venir imputato, fosse cioè per risultar proveniente da volontà spiegata e maliziosa”. Garante di questo rimborso era lo stesso padre dell’apprendista: “per cautela e guarentigia di tale obbligazione presta per sicurtà il qui presente ed accettante suo padre Vincenzo Odasso il quale si obbliga al ristoro”.
Qualora il giovane fosse stato espulso dall’oratorio, non vi sarebbero state ripercussioni sull’attività  di apprendistato, ma, pur impegnandosi ad “accogliere con premura” qualsiasi lagnanza del maestro artigiano,cessavano le responsabilità che il Direttore dell’Oratorio si era assunte con la sottoscrizione del contratto.
A questo contratto fecero seguito tanti altri “accordi scritti” per disciplinare il lavoro  in un periodo particolarmente delicato della Torino pre e post unitaria con l’incombente rivoluzione industriale che vide nascere anche un altro strumento di autodifesa dei lavoratori, le “Società di Mutuo Soccorso” che soprattutto nell’Italia di fine secolo ebbero un notevole successo.
In quell’ambiente prese corpo l’offerta formativa di don Bosco: quei contratti conservano ancora oggiun peculiare significato perchè“fanno comprendere come questo prete non fu un teorico dell' educazione, ma - al contrario - si rivelò una persona concreta, costantemente attenta a quelle situazioni di "rischio" (per la vita spirituale, per quella fisica e per quella sociale) che potevano rovinare i singoli "progetti di vita" soprattutto dei giovani” (Pier Luigi Guiducci, Il contributo di don Bosco a favore dei giovani lavoratori).

NICOLANGELO D’ADAMO

NOTA (1) 
Inizialmente Don Bosco “raccoglieva” i ragazzi durante la settimana, specialmente di domenica, e si impegnava ad andare a visitarli nei loro luoghi di lavoro. Se erano disoccupati si impegnava anche a cercare lavoro: la sua prima preoccupazione era la formazione di buon cristiano ed un  onesto cittadino.
I primi tempi all’interno degli Oratori non erano stati aperti corsi di formazione professionale, con propri laboratori, perciò i primi convittori andavano nelle scuole pubbliche di Torino, se più grandicelli, frequentavano i laboratori artigiani per imparare un mestiere: falegname, calzolaio, fabbro, e via di seguito.
Dopo alcuni anni Don Bosco si convinse che per formare i giovani moralmente e civilmente era più efficace organizzare la formazione professionale all’interno degli oratori, perciò si impegnò a riservare sempre più spazi al loro interno per  allestire  laboratori di ogni tipo con una doppia finalità: educare al lavoro mediante il lavoro, sia per autofinanziarsi realizzando suppellettili per uso interno e poi abiti, scarpe ecc. per i convittori, ma anche per le richieste esterne  allestendo laboratori per falegnami, meccanici, tipografi soprattutto per pubblicare quanto scriveva lo stesso don Bosco e poi Storia Sacra, agiografie, letture edificanti in genere, perciò realizzò a Torino la migliore cartiera del tempo. A creargli difficoltà furono soprattutto i Valdesi che non mancarono di creargli anche difficoltà  a livello fisico.

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