giovedì 19 gennaio 2017

Cesare Michelangelo d'Avalos: battesimo a S. Maria Maggiore il 19 gennaio 1667

S. Maria Maggiore: la fonte battesimale dove fu battezzato Cesare Michelangelo d'Avalos 
Trecentocinquanta anni fa, il 19 gennaio 1667, veniva battezzato nella chiesa di S. Maria Maggiore a Vasto, Cesare Michelangelo d'Avalos, futuro Marchese del Vasto.
Nato il giorno 15 gennaio, il secondogenito di Diego e Francesca Carafa, venne battezzato quasi certamente nel bellissimo fonte battesimale, ancora oggi visibile sotto il colonnato vicino l’ufficio del parroco, realizzato nel 1572 in pietra della Maiella.
A presiedere la cerimonia, nientemeno che l'Arcivescovo e Conte di Chieti Nicolò Radulovich.
Nel libro dei battesimi, presso l'archivio parrocchiale è conservata la registrazione del battesimo, con il lungo nome imposto al Marchese del Vasto: Cesare, Michele, Angelo, Giuseppe, Domenico, Tommaso, Francesco, Nicolò, Pietro, Celestino, Cosma, Damiano, Paolo, Mauro, Antonio, Orazio, Berardino, Sebastiano e Giachino Felice. 

Dallo stesso documento apprendiamo che il piccolo rampollo della Casa d'Avalos è stato "tenuto al sacro fonte, dal R.do P.re Fra Rafaele Sena dell'ord. de Predicatoriet dalla Sig.ra Isabella d'Alois; l'uno come Procuratore dell'Ill.mo D. Francesco Maria Carrafa et l'altra come Procuratrice della R.da M.re Suora Rosina Sanfelice, monaca del Monastero di S. Chiara della Città di Isernia".
Nel 1690 alla morte del nipote, marchese di Pescara, Cesare Michelangelo ne ereditò i beni e il titolo, a cui si aggiunse nel 1697, in seguito alla morte del padre, anche quello di marchese del Vasto, principe di Isernia e Francavilla.
Persona astuta e ambiziosa, il Marchese riunì sotto di sé tutti i privilegi ed i titoli della casa, grazie anche al matrimonio con Ippolita, ultima erede del principe di Troia, Giovanni d’Avalos d’Aquino.
Acceso sostenitore di casa d’Austria, nel 1704 divenne principe del
Sacro Romano Impero grazie al Diploma conferitogli dall’imperatore Leopoldo I. L’interessante documento, tradotto dal latino da D. Agrippino Boccia, venne stampato a Napoli nel settembre del 1707 e raccoglie tutti i privilegi concessi all’VIII Marchese del Vasto.
"Il presente Diploma", si legge nella dedica del traduttore al Reverendo Padre D.AndreaTisba, della Congregazione dell’Oratorio di Napoli, "con cui la Cesarea Maestà di Leopoldo Primo ha specificati gli meriti gloriosi dell’Altezza Principale del Vasto, trasportai nella favella Italiana, affinché con pari consolazione godesse ognuno de’ tanti onori, come ha saputo mostrar giubbilo nel sentirla singolarizzata".
Tra i privilegi concessi troviamo quello di batter moneta, la facoltà di creare Cavalieri, Nobili di Ordine Cavalleresco e di istituire un nuovo Ordine di Cavalieri, l'autorità di innalzare forche e amministrare la giustizia nelle cose criminali"...acciocché si puniscono i delitti, e si provegga alla comune salute, ed autorità... avemo benignamente conceduto... piena facoltà, d’istituir Tribunale, di metter forche, e scale infami, e per lo arbitrio, e comodità de’ luoghi di costituire, ed eleggere uno, o più Giudici, e Prefetti, e di sostituire persone necessarie per quelli, e di esercitare giurisdizione criminale... ed ivi per questi formar querele, procedere giudizialmente, conoscere, e proferir sentenza, ed eseguirla di tutte, e qualsivogliano cause civili, e criminali, come contrabanni, delitti maleficj, eccessi (non accettuato affatto alcuno) o sieno merci, e beni ivi appartenenti, debiti, pene, punizioni, relegazioni dalla patria, pene corporali anche di vita, e morte...".
Gli venne concessa facoltà di poter pescare e cacciare, di porre dazi, gabelle e nuove tasse, di poter istituire fiere annuali e mercati settimanali, di poter aprire osterie e taverne con la possibilità di vendere vini e cibi, e di fabbricare molini.
Nel 1701 Cesare Michelangelo si ritrovò protagonista della famosa congiura di Macchia contro il Re di Spagna Filippo V. Dichiarato ribelle il 13 ottobre, il 29 dello stesso mese fuggì da Vasto, accompagnato dal medico personale, Francesco Sabelli, alcuni paggi e servi. L'11 novembre successivo, persone fidate cominciarono  a recuperare i propri effetti, ma, come riferì il canonico Maciano nelle Cronache, una buona parte rimasero a Palazzo, in quanto il giorno dopo arrivarono i soldati da Chieti. La stessa moglie di Cesare Michelangelo, Ippolita d'Avalos, accompagnata dalle sue dame, si rifugiò nel convento di S. Chiara, dove rimase fino al gennaio dell'anno successivo.
Durante la latitanza, al Marchese venne sequestrato tutto il patrimonio, amministrato dal Tesoriere di Chieti e Regi Conduttori; la signoria di Vasto gli venne tolta e concessa ad Antonio Lante Montefeltro della Rovere.
Il d'Avalostrovò rifugio a Roma. Qui ribadì agli ambasciatori di Francia e Spagna di essere stato calunniato e associato alla congiura in maniera del tutto ingiustificata. I due ambasciatori gli suggerirono allora di recarsi in Spagna, oppure a Napoli per discolparsi. Nel frattempo arrivò la notizia della condanna a morte in contumacia del Marchese da parte del governo napoletano (18 marzo 1702).
Padre Erra nelle Memorie, riferisce di una congiura ordita alle spalle del d'Avalos, dal cardinale Janson, che aveva pagato uno schiavo del Marchese per ucciderlo. Scoperta la congiura, nel convento romano dei Chierici Regolari, comparve il seguente cartello "In S. Maria in Campitelli si espone il SS.mo Sacramento per ringraziare Iddio della scoperta congiura contro il Marchese del Vasto".
Nel 1703 si trasferì a Vienna, negli ambienti dei fuoriusciti napoletani, pieno di ostilità, di invidie e di intrighi, dove poté mantenere una posizione privilegiata grazie alla protezione di Leopoldo, che gli attribuì la carica di gran ciambellano, di scarso impegno, ma con uno stipendio annuo di 24mila fiorini.
Dopo sette anni di esilio, il Marchese tornò a Vasto nel 1707, accolto dal giubilo del popolo.
Negli anni successivi risiedette soprattutto a Vasto, recandosi solo occasionalmente a Napoli. Durante questo periodo promosse una serie di iniziative volte ad espandere, abbellire e rendere più funzionale il tessuto urbano di Vasto, che aveva scelto come capitale dei suoi possedimenti: ultimò il restauro del castello;commissionò all'ingegnere veneto Daniele Galante i lavori per l'ultimazione del Palazzo della Penna; a sue spese si restaurarono le mura della città verso S. Spirito; costruì la strada che da Porta Palazzo conduceva a Cona a Mare; in contrada S. Lorenzo edificò una dimora rurale detta "Il Palazzino"; abbellì il palazzino di S. Lucia con annessa cappella, acquistato dai benedettini delle Tremiti; ultimò la ricostruzione della chiesa del Carmine e contribuì all'apertura del collegio per accogliere i giovani da istruire; fece costruire in località Canale un "casino fra le onde della confinante scogliera marina"; donò il corpo di S. Cesario M. alla chiesa di S. Maria Maggiore.
Ma il nome di Cesare Michelangelo d’Avalos viene ricordato soprattutto per la cerimonia di collazione del Toson d’Oro al Connestabile Fabrizio Colonna.
Da trent'anni, nel mese di agosto, una rievocazione in costumi d'epoca ripropone lastorica giornata del 24 ottobre 1723, quando il marchese D’Avalos ricevettel’incarico da parte dell’imperatore Carlo VI d’Asburgo, di consegnare la collana del Toson d’Oro al principe Fabrizio Colonna, in riconoscimento dei servigi che la storica famiglia romana rese alla corte di Napoli.
Il Marchese volle fare la cerimonia a Vasto, piccola capitale del suo stato feudale, per mostrare all’ospite romano ed ai molti nobili invitati per l'occasione, le ricchezze della sua casa e le magnificenze di cui amava circondarsi.
Cesare Michelangelo morì all’età di 62 anni, il 27 agosto del 1729, colpito da un’infezione malarica. Morì senza eredi in linea feudale sommerso da un mare di debiti.
Il suo corpo riposa all’interno della chiesa di S. Francesco di Paola, da lui fatta ricostruire di sana pianta dal 1714 al 1719.


Lino Spadaccini





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