S. Maria Maggiore: la fonte battesimale dove fu battezzato Cesare Michelangelo d'Avalos |
Nato il giorno 15 gennaio, il secondogenito di Diego e
Francesca Carafa, venne battezzato quasi certamente nel bellissimo fonte
battesimale, ancora oggi visibile sotto il colonnato vicino l’ufficio del
parroco, realizzato nel 1572 in pietra della Maiella.
A presiedere la cerimonia, nientemeno che
l'Arcivescovo e Conte di Chieti Nicolò Radulovich.
Nel libro dei battesimi, presso l'archivio
parrocchiale è conservata la registrazione del battesimo, con il lungo nome
imposto al Marchese del Vasto: Cesare, Michele, Angelo, Giuseppe, Domenico,
Tommaso, Francesco, Nicolò, Pietro, Celestino, Cosma, Damiano, Paolo, Mauro,
Antonio, Orazio, Berardino, Sebastiano e Giachino Felice.
Dallo stesso documento apprendiamo che il piccolo rampollo
della Casa d'Avalos è stato "tenuto
al sacro fonte, dal R.do P.re Fra Rafaele Sena dell'ord. de Predicatoriet dalla
Sig.ra Isabella d'Alois; l'uno come Procuratore dell'Ill.mo D. Francesco Maria
Carrafa et l'altra come Procuratrice della R.da M.re Suora Rosina Sanfelice,
monaca del Monastero di S. Chiara della Città di Isernia".
Nel 1690 alla morte del nipote, marchese di Pescara, Cesare
Michelangelo ne ereditò i beni e il titolo, a cui si aggiunse nel 1697, in
seguito alla morte del padre, anche quello di marchese del Vasto, principe di
Isernia e Francavilla.
Persona astuta e ambiziosa, il Marchese riunì sotto di sé
tutti i privilegi ed i titoli della casa, grazie anche al matrimonio con
Ippolita, ultima erede del principe di Troia, Giovanni d’Avalos d’Aquino.
Acceso sostenitore di casa d’Austria, nel 1704 divenne
principe del
Sacro Romano Impero grazie al Diploma conferitogli dall’imperatore
Leopoldo I. L’interessante documento, tradotto dal latino da D. Agrippino
Boccia, venne stampato a Napoli nel settembre del 1707 e raccoglie tutti i
privilegi concessi all’VIII Marchese del Vasto.
"Il presente
Diploma", si legge nella dedica del traduttore al Reverendo Padre
D.AndreaTisba, della Congregazione dell’Oratorio di Napoli, "con cui la Cesarea Maestà di Leopoldo
Primo ha specificati gli meriti gloriosi dell’Altezza Principale del Vasto,
trasportai nella favella Italiana, affinché con pari consolazione godesse
ognuno de’ tanti onori, come ha saputo mostrar giubbilo nel sentirla
singolarizzata".
Tra i privilegi concessi troviamo quello di batter moneta,
la facoltà di creare Cavalieri, Nobili di Ordine Cavalleresco e di istituire un
nuovo Ordine di Cavalieri, l'autorità di innalzare forche e amministrare la
giustizia nelle cose criminali"...acciocché si puniscono i delitti, e
si provegga alla comune salute, ed autorità... avemo benignamente conceduto...
piena facoltà, d’istituir Tribunale, di metter forche, e scale infami, e per lo
arbitrio, e comodità de’ luoghi di costituire, ed eleggere uno, o più Giudici,
e Prefetti, e di sostituire persone necessarie per quelli, e di esercitare
giurisdizione criminale... ed ivi per questi formar querele, procedere
giudizialmente, conoscere, e proferir sentenza, ed eseguirla di tutte, e
qualsivogliano cause civili, e criminali, come contrabanni, delitti maleficj,
eccessi (non accettuato affatto alcuno) o sieno merci, e beni ivi appartenenti,
debiti, pene, punizioni, relegazioni dalla patria, pene corporali anche di
vita, e morte...".
Gli venne concessa facoltà di
poter pescare e cacciare, di porre dazi, gabelle e nuove tasse, di poter
istituire fiere annuali e mercati settimanali, di poter aprire osterie e
taverne con la possibilità di vendere vini e cibi, e di fabbricare molini.
Nel 1701 Cesare Michelangelo si ritrovò protagonista della
famosa congiura di Macchia contro il Re di Spagna Filippo V. Dichiarato ribelle
il 13 ottobre, il 29 dello stesso mese fuggì da Vasto, accompagnato dal medico
personale, Francesco Sabelli, alcuni paggi e servi. L'11 novembre successivo,
persone fidate cominciarono a recuperare
i propri effetti, ma, come riferì il canonico Maciano nelle Cronache, una buona parte rimasero a
Palazzo, in quanto il giorno dopo arrivarono i soldati da Chieti. La stessa
moglie di Cesare Michelangelo, Ippolita d'Avalos, accompagnata dalle sue dame,
si rifugiò nel convento di S. Chiara, dove rimase fino al gennaio dell'anno
successivo.
Durante la latitanza, al Marchese venne sequestrato tutto il
patrimonio, amministrato dal Tesoriere di Chieti e Regi Conduttori; la signoria
di Vasto gli venne tolta e concessa ad Antonio Lante Montefeltro della Rovere.
Il d'Avalostrovò rifugio a Roma. Qui ribadì agli
ambasciatori di Francia e Spagna di essere stato calunniato e associato alla
congiura in maniera del tutto ingiustificata. I due ambasciatori gli
suggerirono allora di recarsi in Spagna, oppure a Napoli per discolparsi. Nel
frattempo arrivò la notizia della condanna a morte in contumacia del Marchese
da parte del governo napoletano (18 marzo 1702).
Padre Erra nelle Memorie,
riferisce di una congiura ordita alle spalle del d'Avalos, dal cardinale
Janson, che aveva pagato uno schiavo del Marchese per ucciderlo. Scoperta la
congiura, nel convento romano dei Chierici Regolari, comparve il seguente
cartello "In S. Maria in Campitelli
si espone il SS.mo Sacramento per ringraziare Iddio della scoperta congiura
contro il Marchese del Vasto".
Nel 1703 si trasferì a Vienna, negli ambienti dei
fuoriusciti napoletani, pieno di ostilità, di invidie e di intrighi, dove poté
mantenere una posizione privilegiata grazie alla protezione di Leopoldo, che gli
attribuì la carica di gran ciambellano, di scarso impegno, ma con uno stipendio
annuo di 24mila fiorini.
Dopo sette anni di esilio, il Marchese tornò a Vasto nel
1707, accolto dal giubilo del popolo.
Negli anni successivi risiedette soprattutto a Vasto,
recandosi solo occasionalmente a Napoli. Durante questo periodo promosse una
serie di iniziative volte ad espandere, abbellire e rendere più funzionale il
tessuto urbano di Vasto, che aveva scelto come capitale dei suoi possedimenti:
ultimò il restauro del castello;commissionò all'ingegnere veneto Daniele
Galante i lavori per l'ultimazione del Palazzo della Penna; a sue spese si
restaurarono le mura della città verso S. Spirito; costruì la strada che da
Porta Palazzo conduceva a Cona a Mare; in contrada S. Lorenzo edificò una
dimora rurale detta "Il Palazzino"; abbellì il palazzino di S. Lucia
con annessa cappella, acquistato dai benedettini delle Tremiti; ultimò la
ricostruzione della chiesa del Carmine e contribuì all'apertura del collegio
per accogliere i giovani da istruire; fece costruire in località Canale un
"casino fra le onde della confinante
scogliera marina"; donò il corpo di S. Cesario M. alla chiesa di S.
Maria Maggiore.
Ma il nome di Cesare Michelangelo d’Avalos viene ricordato
soprattutto per la cerimonia di collazione del Toson d’Oro al Connestabile
Fabrizio Colonna.
Da trent'anni, nel mese di agosto, una rievocazione in
costumi d'epoca ripropone lastorica giornata del 24 ottobre 1723, quando il
marchese D’Avalos ricevettel’incarico da parte dell’imperatore Carlo VI
d’Asburgo, di consegnare la collana del Toson d’Oro al principe Fabrizio
Colonna, in riconoscimento dei servigi che la storica
famiglia romana rese alla corte di Napoli.
Il Marchese volle fare la cerimonia a Vasto, piccola
capitale del suo stato feudale, per mostrare all’ospite romano ed ai molti
nobili invitati per l'occasione, le ricchezze della sua casa e le magnificenze
di cui amava circondarsi.
Cesare Michelangelo morì all’età di 62 anni, il 27
agosto del 1729, colpito da un’infezione malarica. Morì senza eredi in linea
feudale sommerso da un mare di debiti.
Il suo corpo riposa all’interno della chiesa di S.
Francesco di Paola, da lui fatta ricostruire di sana pianta dal 1714 al 1719.
Lino Spadaccini
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