Novant'anni fa, il 24 novembre 1926, all’età di 64 anni, colto da improvvisa malattia, moriva Giuseppe Marcone, apprezzato avvocato, giornalista, poeta e drammaturgo.
Laureatosi
in legge all’Università di Roma, iniziò proprio nella capitale la professione di
avvocato, ma dopo appena un anno, per motivi di famiglia, fu costretto a
tornare nella città natale, dove continuò ad esercitare la sua professione.
Sensibile
alle problematiche cittadine, Giuseppe Marcone, prese parte attiva alla vita
pubblica cittadina, ricoprendo varie cariche, come consigliere e assessore
comunale, Presidente della Biblioteca Popolare Circolante, Presidente della
Commissione Mandamentale di Ricchezza Mobile, Giudice Conciliatore, ed infine,
nell’aprile del 1925, un anno prima della morte, R. Ispettore onorario dei
monumenti e scavi del Circondario del Vasto.
Apprezzato
giornalista, il Marcone fu corrispondente della Tribuna dove pubblicò i
"Medaglioni", nei quali ritrasse le figure e le personalità più
spiccate dell’Abruzzo.
Grazie
alle felici doti oratorie, scrisse e proclamò molte commemorazioni per i
concittadini più illustri e venne chiamato a tenere varie conferenze.
Nel
1896, per i tipi della Soc. Editrice Anelli & Manzitti di Vasto, pubblicò
un volumetto di poesie, dal titolo Echi, accolto favorevolmente dalla
critica. "Sono echi raccolti dalla
vita dell'uomo e delle cose", si leggeva sulla rivista letteraria Il Marzocco di Firenze, "fervori meridiani e mistiche voci notturne,
febbrili palpiti del cuore e tormenti angosciosi del pensiero hanno tutti del
poeta vibrazioni arcane, che esigono quasi la loro ritmica espressione. Ed in
questo accordo di fremiti varii starebbe principalmente l'armonia di questo
volumetto di versi, sereni e niente affatto volgari, se questa sinfonica compagine
non fosse turbata da alcune poche composizioni, che non esitiamo a chiamare di
genere". Ed ancora: "…i
versi del Marcone troppo si distinguono dalla folla: v'è pensiero e v'è arte
sana (qualche verso un po' duro, qualche frase impropria son ben poche mende) e
attraverso questa e quello alita un senso di profondo umorismo che non
dispiace, perché invita a riflettere".
Sulla stessa linea Francesco
Del Greco in un articolo pubblicato su Il
Vastese d'Oltre Oceano ad un anno dalla morte: "Egli vi si rivelava un classico, sia per la forma, con varietà di ritmi veramente mirabile, ora agili,
ora solenni o gravi; sia per il contenuto. Esprimeva sentimenti, divisi e
provati da noi tutti; mitezza di affetti famigliari, pietà per i derelitti,
oscillazioni d'animo davanti alle angustie della vita ed al mistero del nostro
destino. Vi era in quei versi alcunché di rassegnato e composto, senza errori
di giudizio o misticismi strani, e con un lieve sorriso sulle picciolezze e
vanità degli uomini".
Oltre
a versi impegnativi, non mancano nella produzione del Marcone poesie
d'occasione, come per la morte del pittore Filippo Palizzi e per le nozze di
Giuseppe Spataro con Letizia De Giorgio, oppure poesie scherzose come questa
dal titolo Elezioni:
A un certo tizio, bestia e cavaliere,
venne l’estro di fare il deputato,
perché – diceva lui – si sentia nato
a sopportar la croce del potere.
E mise in moto il sindaco, il curato,
il medico, il fattore e il parrucchiere,
che, affermando un mostro di sapere,
preparasse la strada al candidato.
Diceva il manifesto agli elettori:
Questa splendida gloria paesana
Farà prodigi in Parlamento e fuori.
E fè un prodigio!... Eretici e devoti,
rossi e conservatori, in lega strana,
furon d’accordo… a ricusargli i voti.
Giuseppe
Marcone pubblicò diversi lavori teatrali: Pares cum paribus,
rappresentata per la prima volta il 13 luglio 1894 al Teatro Balbo di Torino
dalla compagnia Boetti-Bertini (ed ancora il 19 ottobre 1898 al Teatro
Carignano di Torino dalla Compagnia del Teatro d'Arte), Gli infermi,
scena drammatica in un atto, Il marito, commedia in tre atti e La
Logica di Mimma, commedia in quattro atti rappresentata per la prima volta
al Teatro Nazionale di Roma dalla compagnia di Giovanni Emanuel. Quest’ultima
commedia ottenne un ottimo successo di pubblico e critica e per diversi anni fu
replicato dalle principali compagnie italiane.
Scrisse
e pubblicò anche dei monologhi, tra i quali Le tasche dell’uomo e Vocazione,
dedicato alla Signora Dora Lambertini e recitato nel Teatro Comunale Rossetti
di Vasto la sera del 24 febbraio 1894.
Così
lo ricordava l'amico Francesco Del Greco, in un articolo pubblicato ad un anno
dalla scomparsa: "Tale fu il Marcone, figura di uomo equilibrato, pieno
di buon senso e di misura. Non visse, né dipinse effetti eccessivi, sia nel
male, sia nel bene; né ebbe slanci creativi o distruttivi; ma si tenne nel
“mezzo”. Evitò le torbide folle e le ambizioni che cacciavano l’un uomo contro
l’altro, mantenne il suo posto nella vita, ragionevole, calmo e recante in sé
quel tesoro di virtù ereditarie, che una lunga tradizione aveva elaborate nelle
anime delle medie classi sociali d’Abruzzo. Egli ne fu l’esponente, la
caratteristica espressione".
Lino Spadaccini
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