venerdì 4 novembre 2016

ANNI 50-60: QUANDO L’ELETTRAUTO ERA UN FINE ED ESPERTO “RIPARATORE”

A colloquio con due decani del settore, Gino Perrozzi e Osvaldo Labbate, per scoprire il mestiere dell’elettrauto. All’inizio il lavoro era modo molto diverso. Bisognava saper “riparare” tutti i componenti elettrici, ricorrendo alla sostituzione con pezzo di ricambio solo nei casi di estrema necessità. E questa è una bella differenza!

 di NICOLA D'ADAMO
Gino Perrozzi

La figura dell’elettrauto è cambiata molto dal dopoguerra ad oggi. Per capire l'evoluzione abbiamo sentito due decani del settore, oggi in pensione: Luigi (Gino) Perrozzi e Osvaldo Labbate (Elettrodiesel).

Negli anni 50-60 non c’era l’elettronica e il sistema elettrico dell’auto era molto più semplice, ma ciò non significa il mestiere era più facile.
Solo con una lunga esperienza si riusciva ad individuare subito l’anomalia, ed a procedere alle necessarie riparazioni!

Sì, perché “l’elettrauto allora era soprattutto un “riparatore”, non un addetto alla sostituzione del componente che dava problemi con un nuovo pezzo di ricambio!”, affermano Perrozzi e Labbate.

All’epoca si riparava tutto. Si smontava l’apparecchiatura, si individuava il guasto e con pazienza e precisione si riparava o “si ricostruiva” la parte rotta. Poi si provava: se andava bene si rimontava sul mezzo. “Se dovevo dire al cliente che il pezzo non era riparabile e bisognava sostituirlo, mi sentivo male io!”, ricorda con grande onestà intellettuale Gino Perrozzi. 
Osvaldo Labbate

Tra i lavori più comuni, le riparazioni sui motorini di avviamento, spinterogeno, dinamo (si rifacevano anche gli avvolgimenti); luci che allora erano in tre pezzi (parabola, cristallo e portalampada) e si regolavano vicino ad un muro (o addirittura di notte sulla strada, dice Perrozzi); tergicristallo, batterie (all’inizio si cambiavano anche piastre agli elementi delle batterie grandi). Labbate poi aveva anche il mestiere di pompista.

Ambedue gli elettrauto lavoravano molto con le riparazioni di mezzi pesanti, agricoli o di movimento terra, poi con le autovetture.

Perrozzi seguiva il parco mezzi di molte imprese (Caporale, Grassi, Cirulli, Iacobucci, Vastarredo e altri). Labbate lo stesso (Molino, De Candia, Moviter e altri) e lavorava molto anche fornendo assistenza ai camion che allora transitavano sulla SS16 Adriatica (non c‘era l’A14) e
spesso si bloccavano.

Non esistevano orari. “Un periodo aprivamo anche la domenica mattina”, ricorda Labbate. “Poi quando di notte si fermava un camion, e venivo avvertito, si andava subito, a qualsiasi ora!”.
Perrozzi mentre esce per un'emergenza

“Addirittura una volta - ribatte Perrozzi - sono venuti a chiamarmi al cinema di domenica, dove io stavo con la fidanzata, ora mia moglie! Ma oltre questo, sta di fatto che noi lavoravamo con le manutenzioni quando i mezzi della ditta erano fermi. Con un paio di ditte le riparazioni le facevamo di notte e restituivamo i mezzi efficienti la mattina dopo. Oppure di giorno, saltando il pranzo si andava sul posto all’intervallo per non far muovere i loro mezzi”. 

Anche all’epoca si dovevano seguire le evoluzioni del settore, sia dal punto di vista delle nuove attrezzature che della formazione. 

Le officine si sono subito attrezzate
con costosi e più evoluti Banchi Prova per i necessari test elettrici (o diesel nel caso di Labbate), oltre alle altre attrezzature come i carica batterie, registra fari, sollevatori, analizzatore di gas, tornietto, amperometro, voltometri e tanti altri attrezzi del mestiere.
Labbate a colloquio con un cliente

Per adeguarsi ai nuovi modelli delle auto, per poter intervenire su tecnologie più sofisticate, sono stati sempre seguiti corsi periodici di aggiornamento tenuti dai produttori a Pescara o altrove. C’è da aggiungere che le officine di allora fungevano anche da veri e propri centri di formazione professionale per i giovani apprendisti (anche di 14 anni). Il titolare pazientemente insegnava loro il mestiere, solo che spesso dopo il militare non tornavano in officina, o perché si mettevano in proprio o andavano a lavorare da qualche altra parte.

Punto forte sono stati anche i magazzini dei ricambi, che essendo molto forniti davano la possibilità all’elettrauto di effettuare subito le riparazioni senza aspettare giorni per l’arrivo dei pezzi dai ricambisti nazionali.

La storia di Gino Perrozzi inizia nel 1949 a 14 anni come apprendista dell’elettrauto Passeri Dante di Pescara che aveva aperto a Vasto, per continuare da Cesare Ruffini.
Perrozzi in officina
Durante il militare ha la fortuna di continuare a fare l’elettrauto anche per mezzi dell’aeronautica, imparando molto. Nel 1955 apre la prima officina in via Pescara poi in via Crispi. Dal 1968 si trasferisce nella spaziosa sede di Vasto Marina lungo la SS16, frequentata officina per un trentennio. Perrozzi è in pensione dal 1991.

Osvaldo Labbate inizia a lavorare presso la ditta Di Fonzo nel 1951 nel settore della manutenzione degli autobus. Qui impara anche il mestiere di pompista, che significa revisione e riparazione di pompe iniezione ed iniettori diesel. Nel 1964 apre la sua officina in Corso Mazzini, nel 1968 in via S. Agnese, anche come pompista. L’Elettrodiesel di Labbate Osvaldo negli anni a seguire diventa anche prestigiosa “officina autorizzata” Bosch, Lucas, Cav, Magneti Marelli. Rivenditore esclusivo delle batterie FIAMM. Labbate è andato in pensione nel 1994.

Oltre a Perrozzi e Labbate in quegli anni operavano a Vasto anche Cesare Ruffini e Clemente Fusco, che avevano avviato l’attività prima di loro.

Si sono aggiunti, come seconda generazione, Gino Scè, Pasquale Trofino e Franco Scampoli.

Con l’elettronica il mestiere è cambiato di molto in questi anni. Ora gli elettrauto collegano il tester all’auto, vedono dov’è l’anomalia e sostituiscono velocemente il componente danneggiato con un nuovo pezzo di ricambio. Prima invece dovevano scoprire loro i motivi del guasto e poi “riparare” il pezzo rotto, non si buttava niente. Era lì che si misurava la valenza professionale.

Ma oltre l’aspetto lavorativo, c’è anche un’altra differenza: il rapporto e il clima in seno alla categoria. “Prima ci si rispettava di più, c’era più amicizia tra i colleghi, eravamo una sola famiglia, ora non più!” Questo è il più nostalgico ricordo.

Nicola D’Adamo

Labbate con alcuni ex collaboratori








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