lunedì 13 agosto 2018

Saccheggi, incendi, uccisioni: 1° Agosto 1566, cento navi turche all'assalto di Vasto

La città in mano a Pialì Pascià


LA STORIA COMPLETA

di GIUSEPPE CATANIA

Il 1° agosto 1566, cento galere turche, al comando del pirata Pialy Pascià, si presentano al largo delle coste di Vasto e sbarcano uomini armati nei pressi di Punta Penna e lungo la scogliera fino alla marina. I pirati non trovano resistenza, anche perché facilmente riescono a travolgere la gente che abitava nei campi lontano dalle fortificazioni che proteggevano la
città alta cinta da mura e torri fatte costruire nel 1493 dai Caldora.

Gli abitanti di Vasto e del litorale abbandonano le case e cercano scampo all'interno delle fortificazioni. Cercano di fronteggiare i pirati con lanci di pietre e olio bollente, mentre percorrevano le strette viuzze del quartiere di Santa Maria dove il baluardo del castello di Gisone cerca di ostacolare l'invasione. Vengono anche chiuse le porte della Catena e della discesa della Costa Contina.

Ma i pirati in numero considerevole dilagano ovunque, bruciando e distruggendo tutto quello che era a portata di mano, fuori dalle mura, non solo, ma penetrando in città, in alcune abitazioni, riuscendo a catturare uomini e donne che vengono imbarcati nelle loro navi come schiavi.

Intanto un considerevole numero di turchi armati riescono a dar fuoco al convento di S. Agostino (sul sito verrà edificata poi la Cattedrale di San Giuseppe). Venne distrutta anche la chiesa di Santa Maria in Valle (zona Angrella ndr) che era situata sotto la chiesa di Santa Lucia, adiacente alla villa che era circondata da mura merlate dimora estiva dei D'Avalos.

Gli invasori assediano anche il Palazzo D'Avalos ma vengono respinti dagli uomini armati e dai cittadini che si erano rifugiati entro le mura, e all'interno del Castello Caldoresco da cui gli armati sparavano contro gli assalitori dalle 60 bocche di fuoco.

Le popolazioni che erano nei campi fuori della Città cercano di rifugiarsi anche nel retroterra verso Cupello e Monteodorisio.

Una schiera di pirati, da Punta Penna e lungo il fiume Sinello, si dirige verso contrada San Lorenzo ma i residenti riescono a trovare scampo rifugiandosi nel vicino bosco reso impenetrabile per la folta vegetazione, dove restano per molto tempo. 
Pialì Pascià, Museo di Istanbul


Ma i Turchi proseguono sempre lungo il Sinello e prima che giungono in vista del Castello di Monteodorisio vengono intercettati e respinti. Evidentemente i pirati si sono resi conto di essersi spinti troppo all'interno del territorio e decidono di tornare verso Punta Penna, portando con loro le persone che avevano catturato insieme ai loro beni raggiungendo la flotta che stava al largo.

Alcune navi turchesche facevano rotta verso la marina, rinunciando a sbarcare forse perché impaurite dalla moltitudine degli abitanti schierati lungo le balze del Muro delle Lame per le barriere che erano state costruite e per i fuochi accesi pronti per essere lanciati contro gli invasori.

Anche la vicina San Salvo è stata meta di un gruppo di pirati che erano riusciti a entrare nel borgo attraverso la porta della terra, ma sono stati messi in fuga da un fuoco acceso e dalla fiera resistenza degli abitanti.

Come abbiamo visto i pirati hanno trovato facile accesso nel territorio attorno alla Vasto fortificata, evitando il sistema difensivo costituito dalle torri a forma quadrata e rotonda che sin dal 1563 vennero edificate su disposizione del Viceré Parafran de Ribeira, Duca di Alcalà mediante costruzioni a vista l'una dall'altra, la cui spesa venne posta a carico delle università interessate, a seconda del numero dei fuochi (famiglie) presenti nelle città.

Sorsero così le torri presso il fiume Foro, alla foce del Moro, del Sangro, a Punta Penna, presso il fiume Sinello,Torricella a Mare,Torre Santa Lucia.

Queste torri per la loro altezza e posizione, consentivano la perlustrazione del mare per ampie raggio, l'avvistamento delle navi nemiche, e fu così che vennero organizzate sistemi di segnalazione a distanza, mediante avvisi col fumo di giorno e con fiaccole o fari durante la notte, oltre a organizzare posti di guardia contro eventuali imprese ladresche mediante collegamenti con militi a cavallo detti "cavallari".

La Torre di Punta Penna (detta Saracena) è costituita da una massiccia costruzione quadrata, su di una penisoletta che si addentra sul mare, in mattoni a tronco piramidale. Ha le pareti spesse più metri con lo spalto superiore a forma di parallelepipedo, sorretto da tre piccole arcate da ogni lato che poggiano su quattro mensoline a forma di piramide capo volta.

Altre torri, in città, quella di Santo Spirito che guarda Piazza Verdi; la Torre Diomede del Moro che dominava il vallone che da Piazza Rossetti toccava Piazza Verdi, poi ricoperto e che attualmente è corso Garibaldi. Vi era anche la Torre Mozza o torrione,e torre Moschetta che erano lungo la discesa della Loggia Amblingh e che sono state inglobate da edifici, tutte collegate con camminamenti sotterranei al castello caldoresco, che per la loro centralità, insieme alla Torre di Bassano costituiva la cittadella di Histonium, oggi Vasto.

GIUSEPPE CATANIA










1 commento:

Unknown ha detto...

Storie interessanti oggi per noi, ma tragiche per quelle popolazioni, come ben descritto.