venerdì 9 agosto 2019

L'abbazia di San Giovanni in Venere fu costruita sul tempio pagano di Venere Conciliatrice

di Giuseppe Catania

Alla sinistra della foce del fiume Sangro, sulle alture della fascia litoranea, posto alla sommità pianeggiante di un colle sorge Fossacesia, centro urbano che fu possesso dal XIl al XV secolo dell'Abbazia di San Giovanni in Venere. Infeudato ad Agamenno di Riccardo (1473), Federico di Monforte, Antonio Xasa (1533) e Giovanni De. Rubeis (1600). fino al 1863 venne chiamato «Fossaceca».

Sopra una eminenza selvosa che domina l'Adriatico, poco lungi dalla foce del Sangro, verso nord, si ammira la monumentale chiesa di San Giovanni in Venere con belle colonne marmoree ed altri materiali preziosi provenienti dall'antico tempio pagano di Venere, sulle cui
rovine venne edificata da Trasmondo, conte di Chieti.
Il tempio pagano, dedicato a Venere Conciliatrice, celebre per l'oracolo, presso il quale si componevano le liti coniugali, era in forma ottagonale con mura di pietre riquadrate e mattoni larghi. Davanti alla porta si schiudeva un vestibolo sorretto da sei colonne; l'interno era ricco di dipinti, di altari per sacrifici, dì vestiboli per gli oracoli, di nicchie e di camerette per il riposo e nel sottosuolo, si aprivano ambulacri di cui oggi si ha ancora tenue, traccia.
Si ha traccia della fondazione dell'Abbazia nel secolo VI, ma in documenti solo nell’VIII secolo, per poi essere ampliata e munita di fortificazioni nel scc. XI. Venne ricostruita nel sec. XII dopo i duri saccheggi patiti da fra' Moriale e dal conte Lando (1355) da cui venne irrimediabilmente rovinata. Sulle basi del tempio pagano nel 1165 il conte Trasmondo fece edificare la chiesa in forme cistercensi. con l'annesso monastero, impiegando le belle colonne di cipolline e granito, i marmi pregiati e le pietre scolpite a mano. Nello stesso posto il monaco Martino, seguace, di S. Benedetto, fece la cappella ed il cenobio dedicato a San Giovanni ed alla Vergine Maria. La chiesa, come, si presenta oggi aperta al culto, è a forma di basilica romana con tre. navate divise da pilastri- colonnati che sorreggono archi a tutto sesto. Ciascuna navata termina con un'abside accessibile per mezzo di 14 gradini. Le pareti lasciano ancora intravedere residui di affreschi che le ornavano.

 La cripta conserva la forma primitiva, con le colonne e i capitelli che reggono la volta a croce e le tre absidi con tre altari ornati di marmo, le cui pareti recano pregevoli dipinti del XII secolo di Luca di Pollustro da Lanciano.. Nel- l'abside centrale appare Cristo in trono circondato da una ghirlanda di angeli, recante sulla sinistra un libro con la scritta « Ego sum lux mundi », «Via, veritas vita». Da un lato san Giovanni Battista con il motto «Ecce Agnus Dei, qui tollis peccata mundi». Dal- l'altro la figura di San Giovanni Evangelista. La, Vergine è la composizione più conservata. E' assisa con. in braccio il Putto, circondata da S. Nicola di Bari in abito episcopale, reggente in mano il pastorale e benedicendo con l'altra, e da San Michele Arcangelo in abito rosso, con il corpo cinto da una stella bianca.
Di fronte è visibili; l'altra composizione di S. Maria de Flumine, cosi descritta dal Bindi nei monumenti storici ed artistici degli Abruzzi “un tipo di una bellezza meravigliosa per la sua ingenuità, la serenità, la dolcezza del volto, per l'atteggiamento pudico che commuove e rapisce”. L'opera, che fu eseguita un secolo prima di Cimabue e Giotto, rappresenta un capolavoro dell'arte pittorica per la morbidezza e la finezza del di pennello, e per l'insuperabile espressione dei volti, e per la grazia e le movenze dei corpi proporzionati, fu ordinata dall'abate Odorisio II (di cui rimangono i resti del monumento funebre sul lato sinistro della facciata) a Luca da Pollustro che ebbe ad eseguire anche altri dipinti nel sotterraneo della chiesa. Nella stessa cripta si conserva un affresco con il Salvatore assisa in atto maestosa che alza la mano destra per benedire, mentre regge con l'altra il Vangelo chiuso; e un sepolcro di tufo giallo con ornamenti di foglie ed altri fregi. A fianco della chiesa e al chiostro era un monastero benedettino, quasi distrutto.

 GIUSEPPE CATANIA

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