venerdì 7 giugno 2019

BUCA, ASPRA E PENNALUCE, CITTA' LEGGENDARIE SCOMPARSE

(foto Roberto Bruno, gentilmente concessa)
di GIUSEPPE CATANIA

A Vasto copioso è il materiale archeologico, non solo conservato nel Museo Archeologico di Palazzo D'Avalos, ma sparso in varie contrade che meriterebbe, per il valore particolare, una più ampia attenzione dagli organi interessati.
Nella zona ampia di Punta Penna, secondo molti,  esisteva, nell'antichità, la famosa e leggendaria città frentana di BUCA, riportata da Plinio e da Pomponio Mela.
E' noto che il parere degli studiosi è discorde nel
fissare il sito ove era Buca. Chi la colloca presso Peucezia (Bari), chi presso Teano Appulo (Larino), chi, infine, presso Termoli.
Ma i ruderi di Buca, consistenti in vestigia di un teatro, di due templi e di mura, colonne ed altri grandiosi resti furono, per la maggior parte, utilizzati nella ricostruzione del Palazzo Marchesale di Vasto, dopo l'incendio dei Turchi nel 1566.

E due lapidi ivi disotterrate dimostrano come Buca fosse fiorente e come sorgesse a Punta Penna.
Una di esse, tradotta dice: "Gli Interammati, gli Istoniesi e i Bucani, al benemerito Marco FLavio, figlio di Quinto, Quatuorviro a giudicare le liti edili, Curatore delle strade Valerio-Claudia e Traiano Frentana, il funerale, il sepolcro marmoreo e la maceria decretarono".
Un'altra lapide fu dedicata dai Bucani all'Imperatore Antonino Pio, in attestato di pubblica riconoscenza. Nel 1882, facendosi degli scavi per l'impianto di un fabbricato rurale a mezzo chilometro da Punta Penna, fu rinvenuta rara colonna miliare in cattivo marmo bianco venato all'altezza di metri 1,16 e della circonferenza di metri 0,82 con la seguente iscrizione: "nnnn Costantino Max Augg...Et Constant ino... et Constantio. . .bbb Caesar M. III".  Le colonne miliari erano poste lungo le strade per indicare le distanze da Roma e quella trovata nell'antico territorio Bucano, si vuole che appartenesse alla strada Traiano-Frentana.

Ebbe pure Buca, nel luogo oggi chiamato Lotta (Punta d'Erce -Mottagrossa, ndr), un ampio e sicuro porto come narrano gli scrittori.
Nel principio del IX secolo, quando Pipino, con un formidabile esercito entrò nel ducato di Benevento per reprimere la ribellione di Grimoaldo, Buca fu assediata e distrutta- dall'esercito Franco. Nel medesimo secolo Ungheri e Turchi irruppero più volte nell'antica città frentana, sicché essa venne completamente distrutta.

La leggenda narra che sul braccio destro dell'antico porto di Buca che si internava maggiormente nel mare, sorgesse una città denominata Aspra, poi sommersa per ignoto cataclisma.
Ciò spiegherebbe come, alla distanza di circa tre chilometri dal litorale, ad una certa profondità, a volte si rinvengono resti di antiche mura e utensili domestici.
Nell'aprile-maggio i marinai vastesi si recano all'Aspra e dispongono in una sola fila le barche e prendono con le reti quintali di pesce mandorlo che si annida nel vano compreso fra i ruderi delle strade delle sommersa città che, nelle giornate di bonaccia, è parzialmente visibile dalla superficie.

Infine c'è la città di Pennaluce, la quale, nel 1252 era già nel novero delle università ed aveva dato nome al feudo in cui era compresa. Fornita di sicuro approdo, ben presto ebbe fiorente commercio e privilegi concessi nel 1304 da re Carlo III. Nei primi anni del XIV secolo, un morbo ne decimò la popolazione e il re, in considerazione della grave pestilenza, ordinò al Giustiziere dell'Abruzzo, di diminuire i pesi fiscali.
Nel 1317 ne fu investito della signoria Carlo Arcus e nel 1391 Re Ladislao la unì alla contea di Manoppello. Ma una serie di continui disastri si abbattè su Pennaluce e nel 1416, scomparsa l'università, rimase appena il castello di Pennaluce che rovinò alla fine del secolo XV.

E' auspicabile che si intraprenda una vera campagna di scavi - una iniziativa molto interessante data la presenza di siti ricchi di materiali di inestimabile valore - che quasi sicuramente potrebbero chiarire i non pochi interrogativi che gli storici hanno più volte posto.

GIUSEPPE CATANIA

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